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Capitalismo, agro-industria e alternative per la sovranità alimentare

di Ian Angus - 30/05/2008





 

In nessun luogo al mondo, in nessuna azione di genocidio, in nessuna guerra, vi sono stati tanti ammazzati per minuto, per ora e per giorno come quelli che sono ammazzati dalla fame e dalla povertà nel nostro pianeta.” — Fidel Castro, 1998
Quando sono scoppiati i tumulti per la fame ad Haiti il mese scorso, il primo paese a rispondere è stato il Venezuela. In pochi giorni, sono partiti da Caracas, diretti ad Haiti, aerei da trasporto con 364 tonnellate di derrate alimentari di prima necessità. Il Presidente del Venezuela Ugo Chavez dichiarava: “Il popolo di Haiti sta soffrendo per le aggressioni del capitalismo globale imperialista. Tutti noi siamo chiamati ad una genuina e profonda solidarietà. È il minimo che possiamo fare per Haiti."

L'azione del Venezuela rientra nella più pura tradizione della solidarietà umana. Quando la gente è affamata, dobbiamo fare del nostro meglio per nutrirla. Dovremmo applaudire l'esempio del Venezuela ed emularlo.

Ma gli aiuti, comunque necessari, servono solo per tappare i buchi. Per indirizzare in modo giusto la problematica della fame nel mondo, dobbiamo capire e quindi cambiare il sistema che la provoca.

Nessuna carenza di cibo

Il punto di partenza della nostra analisi deve essere questo: attualmente non esiste alcuna carenza di cibo nel mondo.

Contrariamente agli avvertimenti del 18.esimo secolo di Thomas Malthus e dei suoi moderni seguaci, tutta una serie di studi dimostrano che la produzione globale di cibo ha superato in modo consistente l'aumento della popolazione e che vi è cibo più che sufficiente per dare da mangiare a tutti. Secondo l'Organizzazione per l'Alimentazione e l'Agricoltura (FAO) delle Nazioni Unite, nel mondo viene prodotto tanto cibo da fornire più di 2000 calorie al giorno per persona — in buona sostanza più del minimo richiesto per una buona salute, ed un numero di calorie per persona superiore del 18% rispetto agli anni Sessanta, malgrado una crescita significativa nella popolazione locale.[1]

Come fa rilevare il Primario Istituto sull'Alimentazione, “è l'abbondanza, non la scarsità, che meglio descrive attualmente la disponibilità di cibo nel mondo.” [2]

Malgrado ciò, la soluzione più comunemente proposta per risolvere il problema della fame nel mondo sta nelle nuove tecnologie per accrescere la produzione di derrate.

L'“Alleanza per una Rivoluzione Verde in Africa”, creata dalla Fondazione Bill e Melinda Gates e dalla Fondazione Rockefeller, punta allo sviluppo “di varietà più produttive e resistenti di colture essenziali all'alimentazione in Africa…per consentire ai coltivatori Africani su piccola scala di produrre raccolti più considerevoli, diversificati e più affidabili.”[3]

Parimenti, l'Istituto Internazione di Ricerche sul Riso, con sede a Manila, ha dato corso ad una collaborazione pubblico-privato “per aumentare la produzione di riso in tutta l'Asia attraverso lo sviluppo accelerato del riso e l'introduzione di tecnologie sugli ibridi.” [4]

E il Presidente della Banca Mondiale promette di favorire i paesi in via di sviluppo nell'“accedere a tecnologie e conoscenze per incrementare i rendimenti.”[5]

La ricerca scientifica è di vitale importanza per lo sviluppo in agricoltura, ma le iniziative che vengono assunte per preparare il terreno al fatto che siano necessarie nuove sementi e nuovi prodotti chimici non sono ne' credibili e nemmeno tanto scientifiche. Il fatto che ci sia già abbastanza cibo per alimentare il mondo dimostra che la crisi alimentare non è un problema tecnico — invece è un problema sociale e politico.

Piuttosto di chiederci come aumentare la produzione, la nostra prima domanda dovrebbe essere perché, visto che tanto cibo è disponibile, esistono più di 850 milioni di persone affamate e malnutrite? Perché muoiono di fame 18.000 bambini ogni giorno? Perché l'industria alimentare globale non può fornire cibo agli affamati?

Il sistema dei profitti

La risposta può essere condensata in un'unica frase. L'industria alimentare globale non è organizzata per fornire cibo agli affamati; è organizzata per generare profitti per le imprese del settore agro-alimentare. Ed infatti, i giganti del settore agro-alimentare stanno acquisendo il loro obiettivo. Quest'anno, i profitti delle compagnie agro-alimentari hanno svettato ben sopra ai livelli dell'ultimo anno, mentre la gente affamata, da Haiti all'Egitto e al Senegal, è scesa per le strade per protestare contro l'aumento dei prezzi degli alimenti. I dati seguenti si riferiscono ai primi tre mesi del 2008.[ 6]

Commercio delle granaglie

- Archer Daniels Midland (ADM). Profitto lordo: 1.15 miliardi di dollari, più del 55% rispetto allo scorso anno

- Cargill : Guadagni al netto: 1.03 miliardi di dollari, più dell'86%

- Bunge . Profitto lordo consolidato: 867 milioni di dollari, più del 189%.

Sementi & erbicidi

- Monsanto . Profitto lordo: 2.23 miliardi di dollari, più del 54%.

- Dupont Agriculture and Nutrition . Reddito di esercizio al lordo di imposta: 786 milioni di dollari, più del 21%

Fertilizzanti

- Potash Corporation . Reddito netto: 66 milioni di dollari, più del 185.9%

- Mosaic . Guadagni al netto: 520.8 milioni di dollari, più del 1200%

Le compagnie citate, più poche altre, vendono e comprano prodotti per l'agricoltura in tutto il mondo in regime di monopolio e di quasi-monopolio. Sei imprese controllano l'85% del commercio mondiale di granaglie; tre controllano l'83% del cacao; tre controllano l'80% del commercio della banana.[7] Sicuramente ADM, Cargill e Bunge controllano il mercato mondiale del grano, il che significa che loro, da sole, decidono quanto raccolto annuale deve essere destinato alla produzione di etanolo, di dolcificanti, di mangimi per animali o di cibo per gli uomini.

Gli autori di “ Hungry for Profit – La fame di profitti” scrivono: “L'enorme potere esercitato dalle più importanti corporations per la produzione di cibo dall'agro-alimentare consente loro essenzialmente di controllare i costi delle materie prime acquistate dagli agricoltori, ed allo stesso tempo di mantenere i prezzi degli alimenti di uso generale a livelli abbastanza elevati da assicurare loro larghi profitti.” [8]

Durante il corso degli ultimi tre decenni, le compagnie agro-alimentari transnazionali hanno progettato una massiccia ristrutturazione dell'agricoltura mondiale. Direttamente attraverso il loro potere sui mercati, ed indirettamente mediante i governi, la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale e l'Organizzazione Mondiale del Commercio, hanno cambiato le modalità di produzione dei raccolti ad uso alimentare e la loro distribuzione in tutto il mondo. Questi cambiamenti hanno procurato effetti meravigliosi sui loro profitti, mentre nel contempo sono stati la causa della fame peggiore al mondo e dell'inevitabile crisi alimentare.

L'assalto all'agricoltura tradizionale

L'odierna crisi alimentare non si regge da sola: è una manifestazione di una crisi dell'agricoltura che è stata organizzata da decenni. Come abbiamo analizzato nel precedente articolo, negli ultimi tre decenni i paesi ricchi del Nord del mondo hanno costretto i paesi poveri ad aprire i loro mercati, quindi hanno inondato questi mercati di derrate sovvenzionate, con devastanti risultati per l'agricoltura del Terzo Mondo.

Ma la ristrutturazione dell'agricoltura mondiale a vantaggio delle imprese giganti dell'agro-alimentare non si ferma qui. Nello stesso periodo, i paesi del Sud del mondo sono stati convinti, persuasi con lusinghe, costretti con la prepotenza, ad adottare politiche agricole che promuovevano colture di prodotti da esportazione, più che per ottenere cibo per il consumo interno, e favorivano una agricoltura su larga scala industriale, che obbliga a produzioni di monocoltura, ad un pesante uso di acqua, e a quantitativi massicci di fertilizzanti e pesticidi. Per di più, l'agricoltura tradizionale, organizzata da e per comunità e nuclei famigliari, è stata spazzata via da una agricoltura industriale organizzata da e per gli interessi delle imprese agro-alimentari.

Questa trasformazione costituisce l'ostacolo principale ad una agricoltura razionale che possa eliminare la fame.

L'interesse per una agricoltura di prodotti da esportazione ha causato l'assurdo e tragico risultato che milioni di esseri umani stanno patendo la fame nei paesi che esportano derrate alimentari.

In India, ad esempio, oltre un quinto della popolazione è cronicamente affamato e il 48% dei bambini sotto i cinque anni sono malnutriti. Ciò nondimeno, nel 2004 l'India ha esportato negli Stati Uniti 1.5 miliardi di dollari di riso brillato e 322 milioni di dollari di grano.[9]

In altri paesi, le terre da coltivare che erano utilizzate per far crescere cibo per uso domestico ora servono per coltivare prodotti rari e squisiti per il Nord. La Colombia, dove il13% della popolazione è malnutrita, produce ed esporta il 62% di tutti i fiori recisi venduti negli Stati Uniti.

In molti casi, il risultato della conversione a prodotti da esportazione rasenterebbe il ridicolo, se non fosse la causa di disastri. Il Kenya aveva una auto-sufficienza alimentare fino a circa 25 anni fa. Oggi importa l'80% del suo bisogno alimentare — e l'80% delle sue esportazioni consiste in prodotti agricoli diversi. [10]

Lo spostamento ad una agricoltura industriale ha allontanato dalla terra milioni di esseri umani e li ha gettati nella disoccupazione e nella povertà in immense baraccopoli che attualmente circondano molte delle città del mondo. La gente che aveva un buon rapporto con la terra è stata separata da essa; i suoi contadini sono rinchiusi in gigantesche industrie all'aperto, che producono solo per esportare. Centinaia di milioni di persone ora devono dipendere da cibo che viene prodotto migliaia di miglia lontano, visto che la loro agricoltura casalinga è stata trasformata per incontrare le necessità delle grandi compagnie dell'agro-alimentare.

Come è stato dimostrato negli ultimi mesi, l'intero sistema è fragile: la decisione dell'India di ricostituire le sue riserve di riso ha fatto in modo che milioni di persone di mezzo mondo non possano permettersi di mangiare.

Se lo scopo dell'agricoltura è quello di dar da mangiare alla gente, i cambiamenti nell'agricoltura mondiale degli ultimi 30 anni sono privi di senso. Le coltivazioni industriali nel Terzo Mondo hanno prodotto quantitativi di cibo sempre crescenti, ma al costo di allontanare milioni di individui dalla terra e di portarli a vivere perennemente affamati — e al costo di avvelenare aria e acqua, e di far diminuire in modo costante le potenzialità del suolo ad erogare il nutrimento di cui abbiamo necessità.

Contrariamente alle assicurazioni delle imprese agro-industiali, le più recenti ricerche in agricoltura, comprese quelle in corso da un decennio di esperienze concrete a Cuba, provano che piccole e medie aziende agricole, utilizzando metodi agro-ecologici sostenibili, sono molto più produttive e di gran lunga meno inquinanti dell'ambiente, rispetto alle gigantesche aziende agricole di natura industriale.[11]

L'agricoltura industriale continua non perché è più produttiva, ma perché, fino ad ora, è stata in grado di fornire prodotti uniformi in quantità prevedibili, condizionati nello specifico a resistere al deterioramento durante il trasporto verso mercati lontani. È questo che genera il profitto, ed è il profitto quello che conta, non contano gli effetti sulla terra, aria ed acqua — o tanto meno quello di affamare i popoli.

Lottare per la sovranità alimentare

I cambiamenti imposti dalle imprese transnazionali dell'agro-alimentare e dalle loro agenzie non sono rimasti privi di sfide. Uno dei più importanti sviluppi negli ultimi 15 anni è stato l'emergere della “Via Campesina” (Peasant Way), una struttura di difesa che comprende più di 120 organizzazioni di agricoltori e contadini di 56 paesi, e che allinea dal Landless Rural Workers Movement – Movimento dei Lavoratori Rurali Non Proprietari (MST) del Brasile alla National Farmers Union – Unione Nazionale dei Coltivatori in Canada.

All'inizio, la “Via Campesina” aveva presentato il suo programma nel 1996, come una sfida al “World Food Summit – Congresso Mondiale sull'Alimentazione”, una conferenza organizzata dall'ONU sulla fame nel mondo, che vedeva la partecipazione di Rappresentative ufficiali di 185 paesi. I partecipanti a questo incontro si ripromettevano (comunque, in seguito, non fecero nulla per conseguire questo obiettivo!) di eliminare la fame e la malnutrizione, assicurando “la sostenibile piena disponibilità di cibo per tutti i popoli.” [12]

Come è tipico di questi eventi, la gente che lavora, che dovrebbe effettivamente essere coinvolta, veniva esclusa dalle discussioni. All'esterno del convegno, la “Via Campesina” proponeva la sovranità alimentare come alternativa alla sicurezza alimentare, ed argomentava: “Non è sufficiente il solo accesso al cibo, quello che è necessario è l'accesso alla terra, all'acqua e alle materie prime e la gente interessata a queste problematiche deve avere il diritto di sapere e di decidere sulle politiche alimentari. Il cibo è troppo importante per essere lasciato ai condizionamenti del mercato globale e alle manipolazioni delle imprese del settore agro-industriale: la fame nel mondo può avere termine solo con il reinsediamento di piccole e medie aziende a conduzione famigliare, come elementi chiave della produzione di derrate alimentari.” [13]

La richiesta centrale del movimento per la sovranità alimentare è che le derrate devono essere considerate prima di tutto come una fonte nutrizionale per le comunità e le regioni dove sono coltivate. In opposizione al libero mercato e alle politiche delle agro-esportazioni, è urgente focalizzare l'impegno sui consumi interni e sull'autosufficienza alimentare.

Contrariamente alle asserzioni di molti critici, la sovranità alimentare non fa appello all'isolazionismo economico o al ritorno ad un passato contadino idealizzato. Piuttosto, si tratta di un programma per la difesa e l'estensione di diritti umani, per riforme agrarie, e per la protezione della terra contro il capitalismo ecocida, distruttore dell'ambiente. Inoltre, nel proclamare l'autosufficienza alimentare e il rafforzamento delle aziende agricole a conduzione famigliare, nell'appello originale della “Via Campesina” per la sovranità alimentare venivano sottolineati i seguenti punti:

- Garantire ad ognuno l'accesso al cibo sicuro, nutriente, e culturalmente appropriato, in quantità e qualità sufficiente a sostenere una vita salubre in piena dignità umana.

- Fornire alle persone contadine e senza proprietà terriera — specialmente alle donne — la proprietà e il controllo della terra che loro lavorano ed assicurare il ritorno alla terra ai popoli indigeni.

- Assicurare la protezione e l'uso delle risorse naturali, specialmente della terra, dell'acqua e delle sementi. Mettere fine alla dipendenza dai prodotti chimici, alle monoculture di prodotti agricoli destinati ai mercati e alla produzione intensiva ed industrializzata.

- Fare opposizione alle politiche dell'Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO), della Banca Mondiale (World Bank) e del Fondo Monetario Internazionale (IMF), che agevolano il controllo delle imprese multinazionali sull'agricoltura.

- Regolare e tassare il capitale speculativo e rafforzare un rigido Codice di Condotta per le corporations transnazionali.

- Cessare l'uso del cibo come arma. Mettere termine allo spostamento, all'urbanizzazione forzata, e alla repressione dei contadini.

- Garantire ai contadini e ai piccoli coltivatori, e in particolare alle donne lavoratrici della terra, l'accesso diretto alla formulazione delle politiche agricole a tutti i livelli.[14]

La richiesta della “Via Campesina” per la sovranità alimentare costituisce un potente programma agrario per il Ventunesimo secolo. I movimenti sindacali e di sinistra di tutto il mondo dovrebbero fornire tutto l'appoggio a questo programma e alle campagne dei contadini e dei lavoratori della terra per le riforme agrarie e contro l'industrializzazione e la globalizzazione del cibo e dell'agricoltura.

Basta con la guerra ai contadini del Terzo Mondo

All'interno di questo progetto strutturato, noi del Nord del mondo possiamo e dobbiamo domandare che i nostri governi mettano fine a tutte le attività che indeboliscono o pregiudicano l'agricoltura del Terzo Mondo.

Basta usare cibo come carburante.

La “Via Campesina” ha affermato semplicemente e con chiarezza: “Gli agrocombustibili industriali sono un nonsenso economico, sociale ed ambientale. Il loro sviluppo dovrebbe essere bloccato e la produzione agricola per la produzione alimentare dovrebbe costituire l'oggetto primario dell'attenzione.” [15]

Cancellare il debito del Terzo Mondo.

Il 30 aprile, il Canada ha annunciato un contributo speciale di 10 milioni di dollari Canadesi per soccorrere Haiti dal punto di vista alimentare.[16] Questo è positivo – ma nel corso del 2008 Haiti pagherà cinque volte di più in interessi relativi al suo debito estero, pari a 1,5 miliardi di dollari, la maggior parte del quale contratta durante la dittatura di Duvalier, appoggiata dall'imperialismo. La situazione di Haiti non è unica, e non è nemmeno un caso estremo. Il debito estero complessivo dei paesi del Terzo Mondo nel 2005 era di 2,7 mila miliardi di dollari, e quell'anno i loro pagamenti del debito totalizzavano 513 miliardi di dollari.[17] Mettendo fine a questo drenaggio di cassa, immediatamente e senza porre condizioni, verrebbero fornite risorse indispensabili, ora, per alimentare gli affamati, ed in seguito per ricostruire una agricoltura di natura domestica.

Impedire al WTO di interessarsi di agricoltura.

Le politiche alimentari regressive, che sono state imposte ai paesi poveri dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale, sono state codificate ed applicate in modo forzoso dall'Accordo sull'Agricoltura dell'Organizzazione Mondiale del Commercio. L'Accordo sull'Agricoltura, come scrive Afsar Jafri su Focus on the Global South – Centro di Attenzione sul Sud del Mondo, è “predisposto in favore di una agricoltura intensiva di tipo capitalistico, manovrata dalle imprese del settore agro-industriale ed orientata verso le esportazioni.” [18] Questo non fa sorpresa, dato che il funzionario Statunitense che ha congegnato e quindi negoziato questo Accordo è stato un ex vice-presidente del gigante del settore agro-industriale Cargill.

L'Accordo sull'Agricoltura dovrebbe essere abolito, e i paesi del Terzo Mondo dovrebbero avere il diritto di cancellare unilateralmente le politiche di liberalizzazione imposte attraverso la Banca Mondiale, l'IMF e il WTO, ed attraverso accordi bilaterali di libero commercio come il NAFTA e il CAFTA.

Autodeterminazione per il Sud del Mondo.

Gli attuali tentativi da parte degli Stati Uniti di destabilizzare e di rovesciare i governi del gruppo ALBA — Venezuela, Bolivia, Cuba, Nicaragua e Grenada — proseguono una lunga storia di azioni da parte dei paesi del Nord ad impedire ai paesi del Terzo Mondo di rivendicare il controllo sui loro propri destini. Organizzarsi contro tali interventi “nella pancia del mostro” è allora una componente cruciale della lotta per conquistare la sovranità alimentare in tutto il mondo.

* * *

Più di un secolo fa, Karl Marx scriveva che, malgrado il suo contributo al progresso tecnologico, “il sistema capitalistico lavora contro una agricoltura razionale…una agricoltura razionale è incompatibile con il sistema capitalista.” [19]

Le attuali crisi alimentari ed agricole confermano in pieno questo giudizio. Un sistema che pone il profitto al di sopra dei bisogni delle persone ha spinto milioni di coltivatori e produttori lontano dalla terra, ha indebolito la produttività dei terreni, ha avvelenato aria ed acqua, e ha condannato quasi un miliardo di persone alla fame cronica e alla malnutrizione.

Le crisi alimentari ed agricole hanno messo le radici in un sistema irrazionale, anti-umano. Per nutrire il mondo, i lavoratori delle città e delle campagne devono stringere le loro mani, unire le loro forze per spazzare via questo sistema.

Note

[1] Frederic Mousseau, Food Aid or Food Sovereignty? Ending World Hunger in Our Time Sussidi alimentari o Sovranità alimentare? Oakland Institute, 2005. http://www.oaklandinstitute.org/pdfs/fasr.pdf.
International Assessment of Agricultural Knowledge, Science and Technology for Development (Valutazione internazionale su conoscenza, scienza e tecnologia in agricoltura). Global Summary for Decision Makers – Sommario globale per i produttori di decisioni . http://www.agassessment.org/docs/Global_SDM_210408_FINAL.pdf

[2] Francis Moore Lappe, Joseph Collins, Peter Rosset. World Hunger: Twelve Myths – La fame nel mondo: dodici miti . (Grove Press, New York, 1998) p. 8

[3] “About the Alliance for a Green Revolution in Africa – Intorno all'alleanza per una rivoluzione verde in Africa.”http://www.agra-alliance.org/about/about_more.html

[4] Comunicato stampa IRRI, 4 aprile 2008. http://www.irri.org/media/press/press.asp?id=171

[5] “Il Presidente della Banca Mondiale chiede un piano per combattere la fame.” Comunicato stampa, 2 aprile 2008

[6] Questi dati sono rilevati da rapporti trimestrali più recenti delle compagnie, rilevati dai loro siti web.

[7] Shawn Hattingh. “Il liberismo del commercio alimentare alla fine.” MRzine , 6 maggio 2008. http://mrzine.monthlyreview.org/hattingh060508.html

[8] Fred Magdoff, John B. Foster e Frederick H. Buttel. Hungry for Profit: The Agribusiness Threat to Farmers, Food, and the Environment – La fame di profitti: la minaccia del sistema industriale agro-alimentare ai coltivatori, al nutrimento, all'ambiente . Monthly Review Press, New York, 2000. p. 11

[9] Organizzazione per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO) dell'ONU. Dati statistici fondamentali sul commercio estero di alimenti e prodotti agricoli. http://www.fao.org/es/ess/toptrade/trade.asp?lang=EN&dir=exp&country=100

[10] J. Madeley. Hungry for Trade: How the poor pay for free trade – La fame di traffici: come i paesi poveri pagano per il libero mercato . Cited in Ibid

[11] Jahi Campbell, “Shattering Myths: Can sustainable agriculture feed the world? – Infrangere i miti: può l'agricoltura sostenibile alimentare il mondo?” e “Editorial. Lessons from the Green Revolution – Editoriale. Lezioni dalla Rivoluzione Verde.” Food First Institute. www.foodfirst.org

[12] Congresso Mondiale sull'Alimentazione. http://www.fao.org/wfs/index_en.htm

[13] La Via Campesina. “Food Sovereignty: A Future Without Hunger – La sovranità alimentare: un futuro senza fame.” (1996) http://www.voiceoftheturtle.org/library/1996%20Declaration%20of%20Food%20Sovereignty.pdf

[14] Parafrasi e compendio da Ibid

[15] La Via Campesina. “A response to the Global Food Prices Crisis: Sustainable family farming can feed the world. – Una risposta alla crisi mondiale dei prezzi alimentari: le coltivazioni sostenibili a conduzione famigliare possono dar da mangiare al mondo.” http://www.viacampesina.org/main_en/index.php?option=com_content&task=view&id=483&Itemid=38

[16] A titolo di confronto, quest'anno il Canada spenderà 1 miliardo di dollari per l'occupazione e la guerra illegale in Afghanistan.

[17] Jubilee Debt Campaign. “I fondamentali sul debito” http://www.jubileedebtcampaign.org.uk/?lid=98

[18] Afsar H. Jafri. “WTO: l'agricoltura alla mercè delle nazioni ricche.” Focus on the Global South , 7 novembre 2005. http://www.focusweb.org/india/content/view/733/30/

[19] Il Capitale, Volume III . Karl Marx & Frederick Engels, Opera Omnia , Volume 37, p. 123

Ian Angus è collaboratore assiduo di Global Research. Global Research Articles by Ian Angus

© Copyright Ian Angus, The Bullet, Socialist Project , 2008

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di Ian Angus - da Socialist Voice (Traduzione di Curzio Bettio)