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Iraq, Maliki torna da Stoccolma a mani vuote

di Ornella Sangiovanni - 30/05/2008




Una dichiarazione finale che auspica la cancellazione del debito, ma nessun impegno concreto in tal senso da parte dei maggiori Paesi creditori. Si è conclusa così ieri a Stoccolma la conferenza dell’International Compact with Iraq.

Non è stato raccolto l’appello del premier iracheno Nuri al Maliki, che, copresiedendo l’evento assieme al Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon, aveva chiesto ai Paesi vicini di condonare il debito dell’Iraq - e i risarcimenti che è ancora costretto a pagare per l’invasione del Kuwait del 1990, in quanto essi stanno ostacolando la ripresa, nonostante la violenza sia diminuita.

Nel comunicato finale si parla di incoraggiamento ai Paesi creditori perché “prendano in considerazione la risoluzione dei debiti tuttora dovuti dall’Iraq”, ma non sembra al momento che in tal senso ci sia una volontà concreta.

Arabia Saudita, Kuwait, Emirati Arabi Uniti, e Qatar, che sono i principali Paesi creditori - dopo che quelli che fanno parte del cosiddetto “Club di Parigi” (per lo più Stati occidentali più Giappone e Russia) hanno accettato di condonare l’80% del debito iracheno nel novembre 2004 - a fare la loro parte infatti non ci pensano nemmeno. Nonostante le ripetute pressioni di Washington.

Attualmente il debito estero dell’Iraq ammonta ad almeno 67 miliardi di dollari – in gran parte prestiti da ripagare ai suoi ricchi vicini, ai quali si era rivolto Saddam Hussein a corto di soldi nel suo passare da una guerra all’altra.

Non è tutto. A parte questo, Baghdad deve ancora alla Commissione Onu per le compensazioni (un organismo appositamente costituito) 28 miliardi di dollari in risarcimenti da pagare a vari Paesi, società, e persino singoli, per l’invasione del Kuwait dell’agosto 1990. A tutt’oggi il 5 per cento dei proventi petroliferi iracheni viene messo da parte a questo scopo.

Condonare il debito dell’Iraq? Sono anni che i suoi vicini arabi da questo orecchio non ci sentono. Tantomeno adesso, che con i prezzi record del petrolio, si prevede che nelle casse del governo di Baghdad entrino un sacco di soldi. Nel primo trimestre di quest’anno l’export del greggio ha già fruttato 16 miliardi di dollari – di cui quasi sei miliardi solo nel mese scorso.

Maliki quindi torna a Baghdad a mani vuote, né gli sono stati di grande aiuto i ripetuti appelli rivolti in tal senso ai Paesi del Golfo dal Segretario di Stato Usa Condoleeza Rice.

Passerella inconcludente


Per il resto, la conferenza di Stoccolma ha confermato i peggiori timori della vigilia, rivelandosi un evento prevedibile e inconcludente.

Il premier Maliki e la delegazione che lo accompagnava – preceduti da un corposo rapporto [pdf] intitolato “Un nuovo inizio” - hanno magnificato i “progressi” fatti nel corso di un anno dall’Iraq (l’ICI era stato lanciato il 3 maggio 2007 a Sharm el Sheikh, in Egitto), mentre i rappresentanti dei circa 100 Paesi e organizzazioni presenti hanno fatto una passerella, ribadendo l’importanza di aiutare l’Iraq e la loro disponibilità a riguardo.

E le Nazioni Unite? Il Segretario Generale Ban Ki-Moon ha utilizzato il termine “nuova speranza” per riassumere in una parola la situazione attuale dell’Iraq – che “sta arretrando dall’abisso che temevamo maggiormente”, ha detto.

Unico a guastare la festa il ministro degli Esteri iraniano Manouchehr Mottaki.

Che ha detto di fronte ai 500 delegati presenti che la responsabilità della grave situazione in cui versa l’Iraq è degli Stati Uniti e dei loro alleati, laddove l’Iran ha avuto un “ruolo di primo piano” nella ricostruzione.

Mentre le telecamere inquadravano una pensierosa Condoleeza Rice.


Fonte: Associated Press