Si salvi chi può: l’estremo sacrificio della Banca d’Italia
di Fabrizio Di Ernesto - 24/01/2006
Fonte: Rinascita
Si è consumato lunedì scorso l’estremo sacrificio della Banca d’Italia, istituto sorto alla fine del XVIII secolo, all’indomani del compimento della nostra unità nazionale.
Lo scorso 16 gennaio, infatti, si è ufficialmente insediato negli uffici di Palazzo Koch Mario Draghi, il primo sostenitore di quelle folli privatizzazioni con cui dal governo di Ciampi in poi il patrimonio dello Stato è stato svenduto al ‘miglior’, sotto diversi punti di vista, offerente.
Per celebrare degnamente l’evento l’ex vice presidente della banca d’affari Goldman Sachs, in altre parole tutto fuorché una struttura al servizio dei risparmiatori, che spesso ha avuto ‘a servizio’ anche l’unionista Romano Prodi, ha indirizzato, come da copione, un saluto ai dipendenti di Bankitalia; un saluto che in alcuni punti ha sfiorato il paradosso ed il ridicolo, specialmente tenendo presente il curriculum vitae dell’autore.
Draghi, rifacendosi agli insegnamenti dei suoi maestri, tra cui l’attuale presidente Ciampi, ha confessato di aver “sempre creduto nell’unicità del ruolo della Banca d’Italia, nella sua indipendenza”.
Il concetto di indipendenza della Bankitalia si presta a molte, dubbie interpretazioni: dal mondo politico o dagli interessi della finanza transnazionale, visto che Bankitalia è in mano alle banche private, Banca Intesa su tutte?.
Tanto più che secondo i diktat imposti dagli eurocrati con il Trattato di Maastricht e quindi con la rinuncia da parte del governo italiano a una qualsiasi influenza sulle politiche monetarie, la Banca d’Italia è completamete asservita alla Bce che a sua volta è di fatto sottomessa ai voleri della Banca dei Regolamenti Internazionali di Basilea, e quindi nelle mani dell’oligarchia dei banchieri angloamericani.
La Bri, o Bis, fondata nel lontano 1930 per facilitare i pagamenti ai vincitori delle riparazioni dei danni di guerra della Grande guerra, con gli anni ha presto cambiato natura diventando la ‘banca centrale’ delle banche centrali. La Bis è ormai lo strumento con cui la grande finanza internazionale ha deciso di proteggere il sistema finanziario mondiale, svuotando quindi di ogni valore e ruolo le banche centrali nazionali.Quindi appare paradossale che un grande esperto di finanza e regolamenti possa parlare di unicità di Palazzo Koch e di una sua indipendenza.
Altro passo interessante del saluto rivolto dal successore di Fazio ai suoi sottoposti, quello in cui è esaltato il ruolo, a suo dire determinante, avuto da Bankitalia “per il successo dell’euro”, che tanta sventura ha portato agli italiani ed alle loro finanze ma non certo ai grandi speculatori internazionali.
Nel suo messaggio di presentazione Draghi ha anche parlato delle sfide poste all’Italia dall’integrazione europea e dalla globalizzazione. Draghi non sembra però troppo convincente su questi temi. Non è un mistero che il neo governatore fosse sul panfilo ‘Britannia’ quando, nel 1992, a largo di Civitavecchia, il gotha della finanza internazionale, i vari Warburg, Barclay, Coopers Lybrand, Barino eccetera, si organizzava in vista della svendita del nostro patrimonio nazionale, andando così incontro ai voleri della finanza internazionale in merito allo smantellamento delle partecipazioni statali.
Ed il 1992 è anche l’anno in cui Draghi divenne direttore generale del Tesoro, ma soprattutto l’anno in cui si rese protagonista della svalutazione della lira, azione questa non certo priva di conseguenze. Quella svalutazione, infatti, costò alla lira la fuoriuscita e poi il rientro nello Sme:, ma per farlo gli italiani dovettero ‘accettare’ un ingente prestito che scatenò tutta una serie di maxi stangate che distrussero il potere d’acquisto della nostra moneta che poi con l’introduzione dell’euro subì il colpo di grazia.
Draghi è uomo della grande finanza internazionale, è stato direttore esecutivo della Banca mondiale a Washington ed è ora chiamato a difendere gli interessi della nostra (?!) banca centrale, che per altro ormai, dato lo scenario internazionale, ha delegato molte delle sue funzioni alla Bce.
In tema di integrazione europea e globalizzazione Draghi ha anche fatto notare che queste “richiedono mutamenti profondi nelle strutture, nelle istituzioni stesse del Paese”.
Ma perché il governatore di Bankitalia dovrebbe chiede mutamenti nelle strutture e nelle istituzioni del nostro Paese? Circa tre mesi fa la Bank of America aveva inserito Draghi, insieme a Padoa Schioppa e Mario Monti che ora sembra aver trovato lavoro presso la Goldman Sachs, nella ristretta rosa dei papabili per il dicastero di Via XX settembre nell’eventuale prossimo governo Prodi. Potrebbe essere una coincidenza, ma visto che Draghi è uomo vicino alla grande finanza internazionale che già una volta ha operato con successo per smantellare la nostra economia, parlare di caso o coincidenza appare fuori luogo. Sappiamo bene quali siano queste richieste “lacrime e sangue”, e i cittadini italiani le vivono quotidianemente sulle proprie spalle.
Il saluto che ha rivolto ai funzionari di Via Nazionale assomiglia ad una sorta di copione da recitare e nulla più, pieno di retorica e frasi messe lì a bella posta per i suoi nuovi sottoposti, ma francamente appare difficile immaginare che Draghi, fra sei anni probabilmente di nuovo sul mercato ‘dorato’ del lavoro, possa ora entrare in contrasto con i vecchi, e probabilmente futuri, colleghi della grande finanza internazionali solo per fare gli interessi di Bankitalia e della nostra economia sempre più indifesa, ed in mano ai grandi speculatori internazionali. Ma il nostro ormai da anni è uno Stato a sovranità molto limitata, in tutti i campi e quindi anche ‘gridare allo scandalo’ appare eccessivo, in fondo se quello di Draghi è un nome che va bene per destra, sinistra, centro e finanza internazionale non ci si può proprio aspettare che possa fare gli interessi dei cittadini italiani.