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La gente del Pigneto e il giustiziere

di Tommaso Labate - 30/05/2008

Fonte: Il Riformista

 

 

Il marchio prescelto è «aggressore». E ora l’aggressore, «quello del Pigneto», si è consegnato. Prima ai taccuini di Repubblica, poi agli inquirenti. Ha ammesso le sue colpe, non vuole essere un esempio da imitare ma non si è pentito. Si chiama Dario Chianelli, non è uno stinco di santo, ha 48 anni, due figlie piccole e un’amica disperata. L’ennesima vittima, che stavolta piangeva per un portafoglio rubato.

 

E’ nato e ci vive, Chianelli, al Pigneto. Ha un tatuaggio di Che Guevara, che verrà considerato la prova di un fatto incontrovertibile: coi «fatti del Pigneto», la politica non c’entrava. La xenofobia nemmeno. Domanda: serve quel tatuaggio per arrivare alle conclusioni di cui sopra? Risposta: no, basta andare al Pigneto. Perché la miccia che ha acceso la furia di Chianelli sta lì. Si chiama esasperazione.  

 

 Pigneto, uno e trino. Ieri, ore 12,30. La signora sta al bancone del bar Rosi, che fa angolo tra via del Pigneto e circonvallazione Casilina. «Dario si è consegnato. Cammina a testa alta perché sta dalla parte del giusto. E perché tutto il quartiere che sta dalla parte del giusto stava, sta e starà con Dario. Lo abbiamo detto a tutti "gli inviati" che sono venuti qua. Sapesse quanti... Mica ci hanno dato retta. Noi dicevamo quello che succede nel quartiere e la sera la tivvù diceva "violenza politica". Allora andassero tutti affari... Non è che sei giornalista pure te, figlio mio?». Violenza politica? Xenofobia? La signora indica un cinquantenne, appena entrato nel bar. «Lo vedi quello? E un rumeno. Sono vent’anni che frequenta questo bar. Mai dato un problema». Il rumeno passa il test di "integrazione". Anche se di romanesco non ha nemmeno una tonalità. «Questo era un posto di gente per bene. Oggi non si vive più. Dario ha fatto bene a fare quello che ha fatto. Se vuoi ti porto io a vedere quello che succede in giro. Io sono straniero e non ho mai avuto problemi. Chiedi ai senegalesi... Tutti amici. Il problema sono cingalesi, marocchini, algerini. Non tutti, per carità. Ti porto io a vedere le case: stanno ammassati, 200 euro al mese a posto letto». Tocca al figlio della proprietaria: «Siamo tutti con Dario, non si discute. Destra e sinistra. Solo le zecche lo hanno attaccato. Ma che ne sanno loro?».

 

Ci sono tre Pigneti fusi in un unico quartiere. Li distingui dagli esercizi commerciali. C’è un Pigneto trendy: studenti, intellettuali, imprenditori para new age. I loro locali espongono divieti di baccano tipo «a nessuno è mai nociuto esse stato zitto»; ma poi il pranzo lo chiamano «quick lunch» e la sera si trasformano in «lounge bar». Nelle loro bacheche, gli avvisi sono «affittasi loft» o «cercasi attrice per un corto, nessun compenso». Poi c’è il Pigneto degli immigrati. Quindi c’è il PignetoPigneto, gli «altri» che un tempo erano gli «uni». E la maggioranza sempre silenziosa. Sono i Dario Chianelli che non hanno la forza (anche fisica) di Dario Chianelli. E stanno, quindi, con Dario Chianelli quando Chianelli si traveste da Charles Bronson. 

 

L’aggredito. All’alimentari di via Macerata, qualche vetro è ancora rotto. «Lì dentro si spaccia droga e lo sanno tutti» è una dichiarazione in calce alla quale firmerebbe mezzo Pigneto. «Sono indiano», dice il titolare. Sa che Dario si è costituito ma continua a chiamarlo «lui». «Lui è venuto prima giovedì e poi venerdì per chiedere del portafoglio. "Non voglio i duecento euro, solo i documenti", diceva a Mustafà, che rispondeva "non l’ho rubato io"». Ma Mustafa sapeva, tanto che risponde a Dario «i documenti li metto nella cassetta postale». L’indiano prosegue: «Sabato lui voleva 500 euro e il portafoglio senno sfasciava tutto. Ho chiamato Salvatore, che ha un negozio qui vicino ed è suo parente, credo. Gli ho detto che io, personalmente, non c’entravo nulla e non volevo avere problemi qui nel negozio».

 

II Pd dei Pigneto. Enzo Puro viene dai Ds e oggi sta nel Pd. E stato presidente del VI municipio di Roma, quello del Pigneto, per più di un decennio. «La prima volta sono stato eletto nel ‘94», dice. «Comunque io, al Pigneto, ci sono nato. L’isola pedonale di cui tutti parlano è stata una mia intuizione». Puro condanna con fermezza l’aggressione di cui si è reso responsabile Chianelli. «Ma nell’intervista che Dario ha fatto con Repubblica - spiega - c’è uno spaccato della vita di oggi al Pigneto più nitido di una ripresa televisiva. Noi del circolo del Pd abbiamo provato tante volte a sollevare la questione. I compagni vengono in sezione e si sfogano: signori a cui hanno rubato il portafogli, vecchiette borseggiate, persone con la macchina rigata, famiglie che hanno paura per i ragazzini... Gente comune, che lavora, vive onestamente. E non ne può più». E la xenofobia? «Ma quale xenofobia... Ha visto il corteo dell’altro giorno contro ogni razzismo? Si è chiesto perché non c’erano i nostri compagni, non c’era la gente comune?».

 

Anche Massimiliano Valeriani è del Pd. Consigliere comunale a Roma, nato anche lui al Pigneto. «Io l’avevo capito subito che c’era qualcosa che non andava. I "fatti del Pigneto", come li chiamate voi, non c’entrano nulla con la politica. Nul-la», scandisce Valeriani. E ancora: «La gente del quartiere non riesce più a vivere bene. Quella dell’altra volta è stata solo una questione di borgata da anni Cinquanta. E poi io non avevo dubbi: secondo me, non c’era uno, di quei ragazzi, che avesse un fazzoletto con la svastica». 

 

Sinistra, ragione e torto. Al Pigneto, vox populi sottolinea che se metti una macchina in doppia fila, il vigile è lestissimo. La «guardia», dicono al quartiere, si dimostra molto meno lesta di fronte alle denunce e agli esposti. Schiamazzi, atti osceni, molestie, borseggi, furti. Finisce tutto in un nonnulla. Tranne in un caso. Quello in cui l’esasperazione varca i confini dell’umana sopportazione. E arrivano i Dario Chianelli. Walter Veltroni ha detto: «Ciò che ha tatuato sul braccio un responsabile dell’aggressione conta poco. Tra l’altro una giornalista che era presente ha parlato anche di sciarpe con le croci uncinate. In ogni caso non si deve minimizzare il rischio dell’intolleranza e della xenofobia».

 

Ora ci sono diversi modi per stare dalla parte del torto. C’è chi, brechtianamente, si siede dalla parte del torto perché gli altri posti sono già occupati. Ma c’è anche chi, un posto dalla parte della ragione, lo rifiuta anche se i suoi "compagni" (in questo caso, del Pd) glielo indicano.

 

Intanto, quelli di Sinistra critica, la loro soluzione ai problemi del Pigneto, l’hanno individuata. Oggi alle 21 proietteranno il documentario Nazirock sulla destra neofascista. La proiezione, spiega la nota di Sinistra critica, «sarà anche un’occasione per proporre a tutto il quartiere una campagna antirazzista». L’amica in lacrime di Dario Chianelli e le vecchiette borseggiate che vanno a piangere al circolo del Pd, sicuramente non aspettavano altro.