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Filosofia dello spirito jenese

di Christian Belli - 30/05/2008

G.W.F. Hegel, Filosofia dello spirito jenese

 

 

 

 

 

 

La casa editrice Laterza ha mandato nuovamente alle stampe la Filosofia dello spirito jenese di Hegel curata da Giuseppe Cantillo, la cui precedente edizione risale al 1984. Il testo raccoglie le Vorlesungen hegeliane del 1803/1804, sulla filosofia della natura e dello spirito, redatte da K. Düsing e H. Kimmerle, e quelle del 1805/1806, sulla Realphilosophie, curate da R.-P. Horstmann con la collaborazione di J. H. Trede, che nell’ambito della nuova edizione critica dei Gesammelte Werke di Hegel rivedevano, anche significativamente, la precedente edizione curata da J. Hoffmeister. La traduzione di Cantillo accoglie le emendazioni al testo di Hoffmeister che, soprattutto nella sistemazione dei frammenti del 1803/1804, risultava insufficiente in quanto raccoglieva in un testo unico degli scritti che presentavano di contro continue rielaborazioni e aggiunte, seguendo le quali i curatori tedeschi hanno ricostruito un ‘primo stadio’ (Erststufe) e un ‘testo definitivo’ (endgültiger Text) dei frammenti, e che rivelano la ‘sperimentabilità’ della filosofia hegeliana di questi anni.

La filosofia hegeliana, nel suo progetto di sistema e nella sua articolazione fondamentale, nasce a Jena. La letteratura critica contemporanea ha ormai stabilmente individuato nel periodo jenese (1801-1807) il momento cruciale per la formazione della filosofia hegeliana. Negli anni di Jena, a partire dallo scritto sulla Differenz (1801), Hegel elabora la sua idea di ‘sistema’ secondo un’articolazione ancora in fieri che assumerà solo successivamente la sua struttura definitiva. La rielaborazione in forma ‘riflessiva’ degli ideali giovanili, che in questi anni assume il significato di un progressivo distacco da Schelling, in particolar modo riguardo alla concezione dell’assoluto, traccia la linea su cui Hegel fa e disfa continuamente in questi anni l’impianto formale e contenutistico della ‘sua’filosofia, a cominciare dalla questione cruciale dell’introduzione alla ‘scienza’. Ripercorrendo la Entwicklungsgeschichte del suo pensiero, va notato come Hegel giunga in questo periodo ad articolare il ‘sistema’, sulla base di una concezione già presente negli anni di Francoforte (1797-1801), secondo la ‘triade’ di idea, natura e spirito. Le ultime due parti del sistema, la natura e lo spirito, sono raggruppate in un ambito comune che a partire dal 1805 verrà definito Realphilosophie, costituente quella parte della ‘scienza’ che tratta della ‘realtà dell’idea’.

Tale ‘realtà’ è il tema specifico dei frammenti qui raggruppati sotto il titolo di Filosofia dello spirito jenese in cui si trova per la prima volta sviluppata l’idea centrale del pensiero hegeliano, il concetto di ‘spirito’, articolata in tre parti distinte: intelligenza, volontà (cioè lo spirito secondo il suo concetto) e spirito reale; da cui prenderà forma la successiva e definitiva divisione sistematica in spirito soggettivo, spirito oggettivo e spirito assoluto. La tesi fondamentale che qui emerge, e che Hegel aveva elaborato già in parte negli anni di Francoforte, afferma che «l’assoluto è spirito», o meglio, secondo il particolare valore transitivo che il verbo essere assume nella filosofia hegeliana, l’assoluto deve rivelarsi nel mondo come spirito. La filosofia deve essere conoscenza dello spirito assoluto, deve conoscerlo nella sua idea e nel suo ritorno a sé ed è per questo che essa stessa deve articolarsi nella dottrina dell’idea, della natura e della moralità, secondo la specifica partizione qui adottata da Hegel.

Lo Spirito, nella concezione hegeliana, è la forma umana della ‘totalità’, il principio unificante dell’esistenza umana, che è in grado al contempo di salvaguardare lo statuto specifico dell’individualità e della particolarità. Hegel ricostruisce la genesi dello spirito, il quale emerge dalla natura come unità indifferenziata e attraverso la mediazione del ‘linguaggio’ (Nahmengebende Kraft) e del ‘ricordo’ (Erinnerung) fa suo il mondo nel regno già universale della coscienza. «Il singolo pone ogni momento come se stesso, giacché questo è la coscienza, l’essere ideale del mondo» (p. 45). «L’uomo è questa notte, questo puro nulla, che tutto racchiude nella sua semplicità – una ricchezza senza fine di innumerevoli rappresentazioni ed immagini, delle quali nessuna gli sta di fronte o che non sono in quanto presenti. Ciò che qui esiste è la notte, l’interno della natura – un puro » (pp. 70-71). «L’uomo parlando si rivolge alla cosa come alla sua, e vive in una natura spirituale, nel suo mondo, e questo è l’essere dell’oggetto» (p. 74).

Ma l’uscita dall’indeterminata immediatezza non è sufficiente alla ‘realizzazione’ dello spirito che ha la necessità intrinseca di mostrarsi nella particolarità e non al di là di essa. L’obiettivo che a partire da questi anni cruciali Hegel intende raggiungere in filosofia, il passo ulteriore rispetto alla filosofia trascendentale e idealista a lui contemporanee, consiste nella costruzione di un sistema filosofico che sia in grado di pensare la totalità come unità, in una forma relazionale in cui il particolare non è semplicemente “sottoposto” all’universale e non sparisce nella sua ombra, ma ne costituisce la vitalità immanente.

La dialettica dello spirito si sviluppa secondo il rapportarsi di universale e particolare e le figure hegeliane dello spirito esprimono l’unità essenziale di questi due momenti, misurando la capacità di realizzare tale unità. «La forma universale è questo farsi universale del singolo, e divenire dell’universale; ma non si tratta di una cieca necessità, bensì di una necessità mediata dal sapere; ovvero in ciò ognuno è fine a se stesso, cioè il fine è già il movente. Immediatamente ogni singolo è per sé causa, il suo interesse lo spinge, ma altrettanto l’universale è per lui quel che ha valore, il medio che lo connette con il suo particolare e la sua realtà» (p. 142).

Il mancato approdo a una corretta mediazione produce una “disfunzione” nella relazione tra particolare e universale e un difetto di ‘negatività’ che nella vita degli uomini prende i contorni di forme di dominio. Un esempio paradigmatico è fornito dal concetto di ‘lavoro’ nella cui elaborazione si possono riconoscere in nuce le argomentazioni delle analisi marxiane: «l’uomo lascia completamente lavorare la macchina per lui. Ma ogni inganno di cui si serve contro la natura, e con il quale continua a stare dentro la singolarità della natura, si vendica contro lui stesso; quanto più riesce a strappare alla natura, quanto più l’assoggetta, tanto più egli stesso si svilisce. Facendo lavorare la natura da macchine di varia specie, egli non toglie perciò la necessità del suo lavorare, ma lo sposta soltanto, l’allontana dalla natura; e non si volge in modo vivente a questa come a una natura vivente, bensì questa vitalità negativa sfugge e il lavoro che gli avanza diventa esso stesso più meccanico; l’uomo diminuisce il lavoro per il tutto, ma non per il singolo, anzi lo accresce piuttosto, poiché quanto più meccanico diventa il lavoro, tanto meno ha valore, e tanto più in questo modo l’uomo deve lavorare» (p. 58). Nell’oggettività dello spirito deve potersi ritrovare quell’unità tra universale e particolare, tra soggetto e oggetto che Hegel definisce già in questi anni in termini di ‘riconoscimento’ (Anerkennung), principio motore della Fenomenologia dello Spirito (1807). Il ‘riconoscimento’è, dunque, la misura della relazione tra universale e particolare, sotto il cui significato possono essere ricondotte le forme più varie dell’esistenza umana nella relazione all’altro da sé. Secondo questo principio Hegel appronta un’interessante lettura del diritto e della possibilità di trovare sé nell’altro che è fornita a partire dalla caratterizzazione dell’individuo come ‘persona’, seguendo la dialettica che dal ‘possesso’ muove alla ‘proprietà’. «In quanto riconoscente l’uomo è egli stesso il movimento, e questo movimento toglie appunto il suo stato-di-natura; l’uomo è il riconoscere, il naturale è soltanto, esso non è lo spirituale» (pp. 99-100).«Gli individui quando sono l’uno contro l’altro, non si riconoscono ancora, ma anzi il loro essere è disturbato; l’uno l’ha disturbato mediante il suo possesso; questo possesso non è ancora una proprietà» (p. 100). «Nel diritto la sostanza viene intuita come l’essenza pensata, ottiene per sé rispetto. Essa altrettanto lascia i singoli nell’inganno di pervenire nel loro diritto, e li lascia nella confusione della loro opinione, di sapersi come persone, come cittadini, come soggetti astrattamente universali, i quali sono degni di rispetto – l’astrattamente universale ottiene rispetto» (p. 136).

Tanto nella costruzione di un impianto sistematico, quanto nella trattazione di temi specifici ancora in via di elaborazione, la Filosofia dello spirito jenese costituisce, così, un luogo ineludibile per una lettura coscienziosa e non sbrigativa della filosofia di Hegel. Qui sono tracciati alcuni dei molteplici sentieri che la filosofia hegeliana batterà nei suoi successivi percorsi, in cui si troverà a volte ad accelerare il passo e a volte a segnarlo e ripercorrere indietro la via, ma sempre nell’unità di un cammino che seguire è più semplice se se ne rintracciano i primi passi.

 

Hegel, G.W.F., Filosofia dello spirito jenese, Laterza, Roma-Bari 2008, pp. XXXV-175, € 18