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Nelle fantasie sessuali di uomini e donne la creazione di un mondo fantasmatico «parallelo»

di Francesco Lamendola - 31/05/2008


Fiumi d'inchiostro sono stati versati sul sogno da quando, nel 1900, fece la sua apparizione il classico di Sigmund Freud L'interpretazione dei sogni, che segna un po' la data di nascita della psicanalisi. Veramente, gli antichi se ne erano già interessati parecchio, a partire da quell'Artemidoro di Daldi che si era specializzato proprio nella interpretazione dei significati reconditi del sogno: posizione speculativa per la quale Cesare Musatti non ha esitato a parlare di "anticipazione" di taluni aspetti della teoria psicanalitica.

Molto si è scritto anche sulle zone d'ombra della sessualità, sia maschile che femminile, dopo che il rapporto Kinsey e il rapporto Hite hanno familiarizzato l'opinione pubblica americana - e, di conseguenza, mondiale - con la nozione di una regione di impulsi e desideri che non coincide perfettamente con la mappa della sessualità cosciente e, per così dire, dichiarata; che, anzi, non vi  coincide affatto, dato che lascia intravedere una mole enorme di pulsioni e di pratiche sessuali che vivono nella zona grigia della semiclandestinità, non del tutto accettate dalla coscienza desta dell'Io e, tanto meno, dal giudizio della società.

Meno si sono occupati, gli psicologi contemporanei, di quella particolarissima zona oscura della vita psichica che si colloca al livello delle fantasie sessuali: veri e propri sogni intenzionali ad occhi aperti, che talvolta accompagnano e talvolta sostituiscono quella che dovrebbe essere, secondo l'autocoscienza dell'Io, la "normale" vita psichica, istintiva ed emozionale, legata alla sfera della vita sessuale.

Per la loro stessa natura, in realtà, le fantasie sessuali dell'uomo e della donna tendono a non coincidere con l'attività intenzionale della coscienza e, quindi, si accompagnano a uno sregolamento, per non dire a un sovvertimento, di tutti i punti fermi di questa, facendo emergere dimensioni profonde e insospettate della libido, associazioni morbose, inconfessabili pulsioni delle quali la vita psichica ordinaria poco sa e meno ancora vorrebbe sapere. È per questo che un esame a mente fredda delle proprie fantasie sessuali genera, solitamente, imbarazzo, disagio e, nei casi più estremi, un intenso e bruciante sentimento di vergogna, accompagnato da un bagaglio più o meno gravoso, più o meno persistente di sensi di colpa.

Nel sogno, infatti, ciascuno è "libero" di violare tabù sessuali estremamente radicati, senza essere obbligato a sentirsi eccessivamente in colpa con se stesso, perché - in fondo - la coscienza non ha dato il suo assenso a quelle rappresentazioni; e, in fin dei conti, tutto quel che ci viene richiesto dal Super-io è di mettere le briglie ai nostri impulsi, non di non averne addirittura. Ma nella fantasia sessuale, le cose stanno ben diversamente: in essa, l'intenzionalità della coscienza è ben sveglia ed è essa, anzi, a condurre il gioco, dall'inizio alla fine; per cui, al termine dell'esperienza, l'Io non può certo cavarsela di fronte a se stesso, affermando di non avere alcuna responsabilità e scaricando la parte del "cattivo ragazzo" su quel poco raccomandabile soggetto che è l'inconscio.

Non solo.

Il più delle volte, le fantasie sessuali si accompagnano all'attività sessuale, sia essa consumata con un partner "reale" o, come nel caso della masturbazione, con un partner immaginario; il che significa che, in esse, la dimensione istintuale e "primitiva" può trovare libero sfogo non solo sul piano psichico (come avviene, di regola, nel sogno), ma anche su quello fisico, e viene portata al calor bianco dal contesto emozionale ed, eventualmente, affettivo, in cui trova lo sfogo e l'occasione di riversarsi nella luce, relativamente esplicita, della proiezione fantasmatica.

Quel che intendiamo dire è che, nelle fantasie sessuali, l'Io non ha la possibilità di barare con se stesso, di mascherarsi o di nascondersi sotto apparenze ingannevoli e "saggiamente" diversive; nelle fantasie sessuali, specie se elaborate dall'Io nel corso dell'attività sessuale, viene a galla la parte più misteriosa e imbarazzante del proprio inconscio, come un parente povero e maleducato di cui ci si vergogna, e che ha il cattivo gusto di presentarsi - magari non annunciato - nei momenti e nelle circostanze meno opportuni.

Molte persone si sentono tremendamente in colpa a causa delle proprie fantasie sessuali, e tuttavia non possono fare a meno di coltivarle; molte persone non potrebbero neanche immaginare la propria vita sessuale senza il supporto segreto offerto da esse, le quali realizzano il massimo della segretezza nel corso di un'attività - quella sessuale - che, in teoria, dovrebbe costituire il culmine della comunione fra l'Io e il Tu, anzi, addirittura la fusione (sia pure momentanea) fra l'Io e il Tu, sì da dar vita a un soggetto nuovo, inglobante la sfera fisica, emozionale, mentale ed - eventualmente - spirituale di quelli che erano due soggetti distinti.

Proprio questo paradosso - massima segretezza nella massima comunione - contribuisce a rendere così piccante la salsa delle fantasie sessuali e a provocare, da parte di coloro che le vivono, così brucianti sensi di colpa e intense reazioni di vergogna. In effetti, non c'è nulla di più assurdo della domanda: «A che cosa stai pensando?» che un Io rivolge ad un Tu, nel corso o (più probabilmente) subito dopo un rapporto sessuale in cui entrambi, o almeno uno dei due, hanno avuto la stupenda sensazione di sentirsi vicino all'altro come non mai, di fondervisi addirittura. Perché la risposta, se fosse sincera, in molti casi - impossibile tentare delle cifre percentuali - sarebbe tale da lasciare mortificato, sconvolto o furente colui che l'ha pronunciata.

Come confessare al proprio partner, infatti, che non era affatto lui, o lei, l'oggetto dei propri pensieri,  nell'acme del desiderio e del piacere; oppure che, se lo era, il contesto immaginato era comunque tale da modificare radicalmente le coordinate del normale sentimento e del normale rapporto sessuale?

Vi sono persone, particolarmente portate alla facoltà immaginativa, che non potrebbero mai fare a meno di un contesto fantasmatico, oppure, peggio (o meglio?), di un oggetto fantasmatico ben diverso dal contesto e dall'oggetto sessuali esistenti nella "realtà", qualunque cosa si intenda comunemente con questo termine (perché anche il sogno e le stesse fantasie sessuali sono reali, eccome!).

Altre persone, invece, dicono di non averne alcuna necessità: ma possiamo prestar loro fede? In questo campo, la cultura del sospetto è d'obbligo: nonostante le pretese descrittivistiche della scienza moderna, è certo che tutto quel che sappiamo delle fantasie sessuali degli esseri umani, a cominciare dal fatto che esistono, proviene da ciò che essi raccontano in proposito, e non possediamo alcuno strumento per verificarlo sperimentalmente. Nessun bugiardo verrà mai smascherato se racconta in proposito cose non vere, e nessun narratore reticente dovrà mai rendere conto delle verità che non ha osato confessare. In teoria, dovremmo fidarci di quello che le persone raccontano spontaneamente; ma sarebbe opportuno farlo con il beneficio del dubbio, come il lettore de la coscienza di Zeno, il quale non potrà mai sapere fino a che punto i fatti narrati siano "la verità" e fino a che punto ne siano, invece, una deformazione - intenzionale o meno - da parte del protagonista-narratore.

Ora, sono proprio il meccanismo della colpa e l'insorgenza della vergogna a renderci consapevoli del fatto che i contenuti delle fantasie erotiche sono portatori una carica eversiva dirompente e, quindi, in un certo senso, che esse rappresentano un Io che non è affatto quello della coscienza ordinaria, ma un altro. A differenza dei piccoli "io" temporanei, tuttavia, dei quali parlavano studiosi come Gurdjieff (cfr. il nostro saggio L'uomo, secondo Gurdjieff, è una pluralità, e il suo nome è legione, consultabile sul sito di Arianna Editrice), l'Io misterioso che emerge nel corso delle fantasie sessuali è, sovente, un ospite fisso della coscienza e presenta una struttura che si direbbe dotata di carattere permanente.

Tanto è vero che, per molte persone, le fantasie sessuali sono sempre le stesse, e si dispiegano ogni volta come una sorta di filmato o proiezione mentale che ha, al tempo stesso, caratteri onirici e caratteri propri della coscienza desta. Onirico è il senso esaltante di libertà, di mancanza di freni inibitori, nonché l'apparente incongruenza di personaggi, ambienti e situazioni evocati; realistico è il fatto di poter dirigere a piacere - entro certi schemi costanti - il percorso delle fantasie stesse, di poterlo sospendere, riprendere, annullare o riprendere ancora.

In questo senso, si può dire che lo statuto ontologico delle fantasie erotiche, ambiguo per sua stessa natura, sembra costruito apposta per offrire all'individuo il massimo della gratificazione, mettendogli a disposizione tanto gli strumenti del sogno, quanto quelle della coscienza desta.

 

Ma che cosa dobbiamo pensare di questa zona, così oscura e scottante, della nostra vita psichica? Quale valore, quale significato dobbiamo attribuire ai contenuti delle nostre fantasie sessuali, e in quale misura dobbiamo ascoltarli ed, eventualmente, tentare di tradurli in realtà?

Al giorno d'oggi è particolarmente di moda, da parte di psicologi di riviste patinate e assidui frequentatori  di salotti televisivi, esaltare indiscriminatamente tutti gli impulsi della libido e farne una bandiera di liberazione sessuale; e, quanto più sono scottanti e bollenti i contenuti delle fantasie sessuali, tanto meglio! Questo, a nostro avviso, è un modo di porsi davanti alla questione estremamente superficiale, che si colloca sullo stesso livello - anche se con una valenza di segno opposto - che era proprio ai moralisti del buon tempo andato, per i quali tutte le cose del sesso erano peccato, o quasi, e le fantasie sessuali costituivano il non plus ultra di ciò che è morboso, deviante e patologico.

Di notte tutte le vacche sono nere, diceva Hegel; ma non è meno vero, a nostro avviso, che, nella luce accecante del sole, noi non possiamo vedere tanto le cose, quanto il bagliore luminoso che le avvolge e che, talvolta, le occulta. Fuor di metafora: è vero che l'Io fa sempre bene a guardarsi dentro, a sforzarsi di riconoscersi e, per quanto possibile, di perdonarsi, accettarsi ed amarsi; ma ciò non significa che debba scambiare i segnali che gli vengono dal profondo per dei feticci da adorare, senza minimamente rielaborarli e senza cercare di utilizzarli ai fini di una migliore comprensione di sé stesso.

Ora, la comprensione di se stessi non si realizza fermandosi a contemplare narcisisticamente i contenuti che partono dalla sfera psico-sessuale profonda, perché ciò significherebbe bloccare il processo di autoconsapevolezza alla fase più bassa, fermandosi a utilizzare i segnali che manda l'inconscio come dei beni in se stessi. Sarebbe come se il bambino scambiasse consapevolmente il ciucciotto di plastica per il capezzolo materno: in tal caso, scambierebbe il mezzo per il fine e resterebbe inevitabilmente prigioniero di una emozionalità, nonché di una visione delle cose, estremamente infantile e immatura.

 

Fra gli autori che hanno scambiato il mezzo per il fine e che hanno creduto di dover innalzare le bandiere della supposta liberazione sessuale su tutto ciò che la libido inconscia ci trasmette, a partire dalle fantasie sessuali, è l'americana Nancy Friday, autrice di diversi libri di successo su tali argomenti, tutti costruiti con la tecnica delle "confessioni" di persone vere (che però è impossibile verificare), un po' come in quei talk-show televisivi in cui l'ospite di turno, dovendo raccontare esperienze intime, particolarmente delicate o scabrose, rimane nel cono d'ombra dei riflettori e parla con il viso oscurato, oppure voltando le spalle al pubblico; oppure, ancora, stando seduto dietro un sottile tramezzo, che ne lascia appena intravedere la figura.

Tra i numerosi best-sellers della Friday (Mia madre, me stessa; Il mio giardino segreto; Gelosia, per citarne solo alcuni), uno dei più ammiccanti - già dal titolo - è, certamente, Donne sopra. Le nuove fantasie sessuali femminili (titolo originale: Women on Top, 1991; traduzione italiana di Anna Rusconi, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1992), del quale tuttavia ci serviamo per poterne discutere i contenuti, riportandone alcuni passaggi tratti dal capitolo intitolato Donne con donne (pp. 1812-187).

Fino a quando i filosofi non si decideranno a prendere sul serio questo argomento, che - a nostro avviso - può rivelare un sacco di cose sui meccanismi profondi della natura umana, non c'è da sperare che si diffonda una letteratura psicologica meno banale su di esso. Succede, cioè,  quello che capita ogni volta che i cultori della scienza "ufficiale" voltano la testa dall'altra parte, allorché si imbattono in qualche aspetto della realtà che non piace loro: il campo resta libero a coloro che non sono tanto interessati alla ricerca della verità, quanto a fare soldi scandalizzando i bravi borghesi,  i quali non desiderano altro che essere scandalizzati. Eppure bisogna ringraziare anche costoro: perché, bene o male, sono gli unici a rompere il velo dell'ipocrisia accademica; e, se non altro, raccolgono del materiale che, poi, si può sempre cercar di utilizzare in modo più appropriato e più serio.

Ciò premesso, ecco i passaggi in questione. Sono tratti da una delle tante "confessioni" scritte di donne: in questo caso, una certa Natalie, ventottenne di St. Louis, fidanzata e in procinto di sposarsi con un avvocato trentatreenne, divorziato e senza figli. Lei è laureata in legge, ma possiede anche un diploma in psicologia; e, al momento dell'intervista, lavora come impiegata nel dipartimento legale di una società multinazionale.

 

…Il fatto che una persona si masturbi sembra essere, be', così «segreto». Forse è la cosa più intima di cui si possa parlare, quella che ci rivela la parte più segreta di noi. Le mie fantasie riguardano la masturbazione: guardare o essere guardata, o masturbarmi insieme a qualcun altro. Molto spesso, anzi quasi sempre, hanno per protagoniste le donne; donne che conosco o non conosco ma che ho incontrato, oppure ancora conoscenze del passato. Mi masturbo circa due o tre volte la settimana e sempre di notte, per potermi addormentare dopo essere venuta. Al lavoro non l'ho mai fatto. Ai tempi dell'università, invece, mi animava uno spirito più avventuroso sia nei riguardi dei posti sia dei momenti, e nell'anno di psicologia ero diventata una vera e propria svergognata. Ora, in quanto legale di una grande azienda, mi comporto meglio, ma la cosa mi piace sempre tantissimo. Sono sicura che non smetterò mai di masturbarmi. A David piace guardarmi mentre lo faccio, e a me piace essere guardata, ma non è che un gioco sessuale e certo non sostituirà mai la mia masturbazione vera e privata. Le mie fantasie sono mie e soltanto mie, e voglio che tali restino, nonostante la prospettiva di raccontarle a te mi ecciti non poco.(…)

Il fatto che la masturbazione mi affascini tanto, me come altre persone, dipende da alcune esperienze maturate nell'adolescenza, esperienze a cui attingo tuttora come fonte delle mie fantasie. Ora ti descriverò a cosa mi riferisco, visto che poi i miei sogni a occhi aperti non sono che variazioni a tema.

La prima esperienza [in effetti, come si vedrà subito dopo, la seconda] risale a quando avevo tredici anni e frequentavo la seconda media.(…)

L'altra esperienza adolescenziale che ancora mi fornisce spunti erotici è ripresa da un'estate passata in una colonia estiva, in campeggio nel Vermont. L'accompagnatrice ufficiale era una ragazza svizzera di nome Uta, che studiava a Bennington. Aveva circa vent'anni. Io otto. Tutte noi la idolatravamo: Uta era alta, robusta ma atletica (non proprio muscolosa) e molto europea, anche nei peli che aveva sotto le ascelle e che si rifiutava di depilarsi (si depilava solo le gambe!). La mia branda stava proprio di fronte alla sua, così in aggiunta alle occasioni che tutte avevamo di vederla nuda (nelle docce, eccetera), io me la godeva anche quando si vestiva e si spogliava, ogni giorno. A tutt'oggi sono convinta di non avere mai più rivisto un corpo tanto sexy e perfetto. Uta era come la splendida femmina di qualche animale, con tutti gli odori, i peli e le secrezioni tipici della femminilità. Ovviamente anche a lei piaceva il suo corpo, le cose che poteva fare, i piaceri che offriva, i sapori, tutto. Era fatta per il sesso, ma sfortunatamente tra i boschi del Vermont e in un campo tutto femminile c'era ben poca materia prima: Uta era strettamente eterosessuale. In parte per cercare sollievo, dunque, ma anche - ne sono sicura - perché apprezzava qualunque genere di sensualità fine a se stessa ,ogni due o tre notti Uta si masturbava, dopo essersi accertata che tutte le altre dormissero. E forse per loro era così, ma io ero sveglissima, e fingevo. Mi sdraiavo sulla pancia con la testa girata dalla sua parte e una mano sotto di me, fra le gambe, e così restavo, immobile, per quella che mi sembrava un'eternità, aspettando che Uta cominciasse. Lei dormiva nuda, ma in genere sotto il lenzuolo, quindi ciò che vedevo era il profilo delle sue gambe allargate e leggermente sollevate, e il muoversi della sua mano fra di loro. Si era esercitata a osservare quanto più silenzio potesse, non per imbarazzo nei confronti della masturbazione, credo (sono certa che non se ne vergognava), ma perché non la riteneva certo adatta a bimbe di otto anni. Per quanto accorta, tuttavia, ogni volta che veniva non poteva fare a meno di ansimare un po'. Imparai a seguire i suoi ritmi e a dosare il mio orgasmo perché coincidesse con il suo. Le notti migliori erano quelle in cui faceva così caldo che tirava via anche il lenzuolo e giaceva nuda sotto la luce della luna. Con quel corpo argenteo e luccicante di sudore, assomigliava a una dea. Allora godeva anche di maggior libertà nei sentimenti , e a volte si girava su un fianco (verso di me!) e sollevava la gamba sinistra finché la sua intera figa [sic] diventava visibile sotto i raggi lunari. Aveva un boschetto biondo-castano, ma in quella luce sembrava d'argento flato. Notti del genere erano una vera agonia, per me, perché desideravo ardentemente guardarla ma avevo paura che se avessi aperto gli occhi lei mi avrebbe scoperta. Temevo anche che potesse cogliere i movimenti della mia mano sotto la pancia. Alla fine misi a punto un particolare modo di strizzare gli occhi per spiare e imparai a venire con il tocco più delicato e invisibile del dito indice sulla clitoride.

Quando torno a fantasticare di quelle occasioni, cambio leggermente scenario e mi dipingo più coraggiosa. Anch'io getto indietro le lenzuola e sto di fronte a Uta con la gamba destra sollevata: entrambe ci guardiamo e continuiamo a masturbarci. Ogni tanto, nelle sere d'estate, quando sono sola, rivivo quei momenti inclinando un po' lo specchio della cassettiera, in modo che sia rivolta  verso il mio letto, e mi osservo mentre mi masturbo sensualmente fingendo di essere Uta che mi guarda, o di essere me stessa e di guardare un'altra donna. Il chiaro di luna rende tutto così bello e surreale… e senza colpa. Sono certa che se si presentasse l'occasione non ci penserei su due volte e realizzerei la mia fantasia. A volte sostituisco Uta con l'immagine di qualche amica, o di qualche attrice come Dominique Sanda - hai visto Voyage en Douce?

 

Natalie va ancora avanti un bel po' a raccontare fantasie ancora più spinte, tutte incentrate sulla masturbazione e sul voyeurismo e tutte esplicitamente omosessuali. In un'altra delle sue preferite compaiono anche la minzione e la defecazione, compiute sotto lo sguardo compiacente di un'amica, in un bellissimo paesaggio di boschi (un ricordo di quel campeggio infantile nel Vermont?) e viceversa, con lei che guarda e l'amica che si spoglia e soddisfa le funzioni fisiologiche su un letto  di aghi di pino; il tutto senza sporcizia e senza cattivi odori.

Un atteggiamento di chiuso moralismo potrebbe vedere in queste fantasie nient'altro che spazzatura; ma un simile giudizio, ovviamente, non sarebbe di alcun aiuto per tentar di rispondere alle domande che esse sollevano.

Tali domande, nel caso specifico, sono:

a)      perché una ragazza di ventotto anni, autonoma, istruita, con un buon posto di lavoro e in procinto di sposarsi con l'uomo che ama, rimane compulsivamente legata alla fase dell'autoerotismo, che sembra considerare la forma più soddisfacente della sessualità?

b)      Perché questa ragazza, che ha un fidanzato col quale ha rapporti completi e, si presume, una soddisfacente vita affettiva e sessuale, visto che sta per raggiungerlo in una lontana città (Denver, nel Colorado) per unire la sua vita alla sua, pensa alle donne mentre si masturba, pur non avendo mai avuto espliciti rapporti omosessuali?

c)      È possibile che la fissazione di Natalie sulla masturbazione, sull'esibizionismo e sul voyeurismo,   altro non siano che il marchio indelebile lasciato in lei da quella remota esperienza erotica, in campeggio, all'età di otto anni; come se il suo sviluppo psico-affettivo fosse rimasto bloccato a quel preciso momento della sua infanzia?

d)      È possibile che, masturbandosi, guardandosi e fantasticando di essere guardata da altre donne, giovani e belle, mentre raggiunge l'orgasmo, Natalie altro non abbia fatto che inseguire incessantemente il fantasma di Uta, la splendida ragazza dal corpo scultoreo, che si masturbava nel letto sotto i raggi della luna, mandando in estasi la sua piccola ammiratrice? E, più in generale,

e)      è possibile che l'intera vita cosciente di una persona, apparentemente libera e sicura di sé, soddisfatta nel lavoro e negli affetti, non sia altro che una fragile lastra di ghiaccio che potrebbe spezzarsi in qualunque momento, e sotto la quale ribollono istinti incontrollabili, passioni selvagge e desideri inconfessabili? È possibile, in altri termini, che tutta la vita cosciente di una persona non sia altro che una grande menzogna, che un grande recipiente vuoto, e che solo nel regno nascosto e solipsistico delle fantasie erotiche, quella persona tenti di riempire l'immenso vuoto che le strazia l'anima?

 

Ad ognuna di queste domande, lo si sarà facilmente intuito, ci sembra si possa e si debba dare una risposta affermativa.

L'ultima, più di tutte, ci sembra importante da un punto di vista filosofico: perché la dice lunga sulla inautenticità che caratterizza la vita di tante persone (sono milioni le donne e anche gli uomini che vivono situazioni analoghe), nonché sul carico di infelicità che gli esseri umani si portano dietro, mascherandolo dietro i fronzoli del successo professionale o familiare, della vita ordinata e tranquilla, del rispetto formale dei valori comunemente accettati.

La nostra opinione è che tali forme di  insoddisfazione, se non addirittura di infelicità  abbiano a che fare con una visione distorta dell'essere umano e del suo posto nel mondo, da un diniego di riconoscergli lo statuto ontologico di persona.

Che vuol dire, ad esempio, che per Natalie, bambina di otto anni, la bella Uta "era fatta per il sesso"? Nessun essere umano è fatto solo per il sesso, a meno che non lo si faccia decadere da persona a semplice corpo, cioè a cosa.

E tale cosificazione degli esseri umani è un procedimento psicologico che si direbbe tipico di quelle società che hanno smarrito il senso dell'Essere, per abbandonarsi al culto della tecnica, del progresso e del dominio sugli enti.

 

Tuttavia, c'è un altro aspetto della questione che ci sembra meritevole di una riflessione.

Da un certo punto di vista, si può affermare che le fantasie sessuali corrispondono a una vera e propria cerimonia magica e, più precisamente, a una evocazione spiritica. La potente libido sessuale, concentrandosi su un oggetto fantasmatico, crea un campo di forze particolarmente intenso, che si può paragonare, per taluni aspetti, alle cosiddette forme-pensiero, ovvero ai tulpa tibetani, dei quali ha parlato anche Alexandra David-Neel; argomento di cui ci siamo altrove occupati (cfr. F. Lamendola, La  mente  non  solo  può  creare,  ma  anche  ri-creare  la  realtà in  cui  viviamo, sul sito di Arianna Editrice; e, ancora, Da dove hanno origine le materializzazioni del pensiero?, e Il «grigio» di S. Giovanni Bosco: una materializzazione del pensiero?, entrambi sul sito di Edicolaweb, nella rubrica Altra dimensione.

Tutti sanno che nella magia nera vi è una componente sessuale intenzionale, ad es. nel cerimoniale delle messe nere, proprio per poter "catturare" le notevoli energie psichiche liberate nell'atto sessuale; e la stessa cosa vale per l'omicidio rituale, che quassi sempre, anche nelle cerimonie iniziatiche di molti popoli nativi, si svolge nel contesto di orge sessuali, e ciò per la medesima ragione (cfr. F. Lamendola, Sesso, omicidio e antropofagia nei culti della fertilità dei Marind-anim, sempre sul sito di Arianna Editrice). Secondo il sapere occultistico, sia nell'atto sessuale, sia nella uccisione violenta di un essere umano - specialmente se si tratta di un bambino o di un adolescente - si liberano delle forze psichiche potentissime, che il mago nero ben conosce e che è in grado di utilizzare ai suoi fini, mediante tecniche appropriate.

Ebbene, l'oggetto fantasmatico evocato nel corso delle fantasie erotiche, e accompagnato da una esplicita attività sessuale, in qualche modo finisce per diventare "reale", specialmente quando non è casuale e frutto di un gioco più o meno occasionale, ma il prodotto di una lunga elaborazione psichica e, pertanto, una presenza fissa nel campo coscienziale di una determinata persona. Nel caso citato sopra e riportato dalla Friday, tale presenza fissa era il "fantasma" di Uta per l'ormai adulta Natalie, che ne era rimasta letteralmente "stregata" (il termine non è casuale) alla tenera età di otto anni.

Lo spiritismo va ancora più in là ed ipotizza che sia possibile evocare a piacere delle persone defunte, parlare con esse e perfino avere con loro dei veri e propri rapporti sessuali. Nel Paese in cui le pratiche spiritiste sono più largamente diffuse, il Brasile, quasi nessuno dubita di questa possibilità, e molti ritengono di averne fatto esperienza, diretta o indiretta. Il vasto pubblico internazionale ricorderà, probabilmente, il famoso romanzo di Jorge Amado Dona Flor e i suoi due mariti e, ancora di più - probabilmente -, ricorderà il film che ne ha tratto il regista Bruno Barreto, nel 1977, interpretato dalla bella e brava attrice Sonia Braga.

Vi si parla di una donna che, dopo essere rimasta vedova del primo marito, donnaiolo, bevitore e giocatore incorreggibile, si risposa con un posato e correttissimo farmacista, il quale le offre una serenità affettiva che degenera, alla lunga, nella noia e nel rimpianto del caro estinto; personaggio che era stato, sì, inaffidabile, gaglioffo, spendaccione e perfino manesco, ma sessualmente  irresistibile e capace di soddisfare oltre misura la sensualità nascosta della moglie. Così, un giorno, evocato dal rimpianto della signora, Vadinho - tale il nome dello scavezzacollo - le appare, impertinente e malizioso come non mai; e, in seguito, torna più volte nella sua camera da letto, con sempre maggiore insistenza. Con lui, dopo qualche debole tentativo di resistenza, la donna si lascia andare e riprende una vita sessuale in piena regola. Ciò le consente di aggiungere l'agognato equilibrio fisico e affettivo, per mezzo di un incredibile ménage à trois: con il secondo marito che le offre dolcezza, devozione e rispetto, e con il primo che la appaga sino in fondo dal punto di vista sessuale.

Quello che il vasto pubblico internazionale, in genere, non sa, è che questo romanzo, in Brasile, viene letto in maniera completamente diversa che in Europa e nel resto del mondo. Negli altri Paesi, infatti, si tratta puramente e semplicemente di una storia fantastica, scanzonata e inverosimile; in Brasile, invece, ha il significato di una storia vera o, comunque, verosimile. Nella cultura brasiliana, non solo le persone del popolo, ma anche molti membri delle classi colte credono fermamente che storie del genere possano avvenire, anzi, che avvengano quotidianamente.

L'ex gesuita Salvador Freixedo, studioso di ufologia e di fenomeni paranormali, nel suo libro Espacio y Tiempo, riferisce di persone che vivono continuativamente dei rapporti sessuali con defunti, ci quali si presentano tranquillamente nelle loro camere. Aggiunge, inoltre, che cose del genere accadono, il più delle volte, a persone che si dedicano attivamente allo spiritismo; ma che esse sono considerate un grave peccato per le dottrine di tale scuola, e specialmente per coloro che seguono la linea di Allan Kardec: la quale, in Brasile, ha la forza e la consistenza numerica di una vera religione, essendo praticata da decine di milioni d'individui.

 

Ora, tornando al nostro assunto iniziale, e anche non volendo prestare alcuna fede a quanto riferisce Freixedo, ed è creduto da moltissimi brasiliani, ci sembra innegabile che, nella creazione di un partner sessuale fantasmatico - come avviene nell'ambito delle fantasie erotiche -, la mente proietta un campo di energia psichica che rende idealmente presente, e quasi tangibile, il corpo di tale partner. Si tratta, pertanto, di qualche cosa di più di un semplice gioco dell'immaginazione. Si tratta di una operazione che, seppure inconsciamente, tende a evocare la presenza reale dell'oggetto: cosa tanto più inquietante, quanto più l'oggetto "evocato" può essere completamente diverso dal proprio partner sessuale, fisicamente presente. Non diciamo, si badi, "realmente" presente, perché ciò potrebbe ingenerare un malinteso: anche l'altro, infatti - la creatura fantasmatica - è reale: solo che giace su un diverso piano di realtà rispetto a quello dell'esperienza dei sensi ordinari.

Considerato da questo punto di vista, il "gioco" delle fantasie sessuali non è poi tanto innocente (niente lo è, nella sfera affettiva e mentale della coscienza), nel senso che tende a evocare delle presenze che, forse, tenderanno a insediarsi permanentemente nella coscienza e potrebbero manifestare la tendenza a tiranneggiarla, imponendole le loro dinamiche ed i loro ardenti desideri. La coscienza, così, alla lunga, potrebbe trovarsi ossessionata da esse, e abituarsi a una sorta di doppia esistenza: una caratterizzata dai "normali" rapporti con il mondo esterno, l'altra dominata da creature della mente, suscettibili di conquistare una relativa autonomia e di cominciare a vivere di vita propria (come accade in certi racconti di Pirandello, Unamuno o Borgés).

In tutto questo non vi è necessariamente un pericolo, però è importante sapere che esiste una differenza fra semplice gioco e attività "seria". L'uomo della tecnica, sommamente ignorante delle proprie dinamiche interiori, si sta abituando a maneggiare cose che non conosce e delle quali non sa praticamente nulla. Non vogliamo qui tirare in ballo il concetto, caro alla Tradizione, della "contro-iniziazione", che corrisponde a un atto volontario della coscienza; ma è un fatto che stati di coscienza dissociati possono offrire un fertile terreno di coltura alla contro-iniziazione, aprendo la via a forme di possessione da parte di agenti infra-umani.

Perciò, concludendo, ci sembra che ciascun essere umano dovrebbe interrogarsi sul potenziale di frustrazione, delusione e infelicità con il quale si è adattato a convivere, e che potrebbe rappresentare - potrebbe, lo ripetiamo - il meccanismo generatore di fantasmi (sessuali e non) dai quali la coscienza verrebbe gradualmente dominata.

Ecco perché ogni persona farebbe bene a lottare quotidianamente per ridurre il potenziale di frustrazione, delusione e amarezza che alberga entro il proprio mondo interiore. Forse, una parte di esso è eliminabile, o può essere significativamente ridimensionato; forse, alcune persone si abituano, senza rendersene conto, ad alimentare tali sentimenti negativi, cioè ad alimentare quei meccanismi perversi che non solo le costringono a vivere al di sotto delle proprie potenzialità, ma le rendono succubi di un alone nefasto, da loro stesse creato.

Certo, l'obiettivo dell'equilibrio interiore è una meta ideale, che ben pochi esseri umani possono ambire a realizzare interamente; di fatto, la maggior parte di loro dovrà accontentarsi di realizzare un equilibrio parziale, più o meno stabile, più o meno provvisorio. Ciò non toglie che l'equilibrio deve essere, e rimanere, la meta finale cui ciascuno dovrebbe tendere, senza rassegnarsi alla sofferenza e all'infelicità; esattamente come, nel campo della vita organica, l'obiettivo di ciascuno dovrebbe essere la salute, non la rassegnata convivenza con uno stato di parziale malattia,  praticamente permanente.

In tal senso, si tratta di valutare, da parte di ciascuno, quale funzione svolgano le fantasie sessuali nella propria vita interiore ed esteriore.

Nella misura in cui consentono di arrivare a un ragionevole compromesso con il mondo esterno, oggettivo e indipendente dalla nostra volontà, la loro funzione può essere positiva ed equilibratrice. Chi può dire di avere raggiunto uno stato di gratificazione totale, nell'eterno tiro alla fune tra la realtà oggettiva e il mondo segreto dei desideri, dei sogni, delle aspirazioni profonde? E chi, dunque, può vantarsi di non aver bisogno di addivenire a una qualche forma di compromesso tra i due piani di realtà? In tale prospettiva, il ricorso alle fantasie sessuali può configurarsi come uno strumento importante per il raggiungimento di tale compromesso, in maniera da rendere accettabile la propria vita emozionale più profonda.

Viceversa, il ricorso sistematico all'evocazione di creature sessuali fantasmatiche può avere l'effetto opposto, quello di accentuare il dislivello esistente fra i due piani di realtà e, pertanto, di alienare il soggetto rispetto al mondo esterno, respingendolo sempre più in una dimensione "virtuale" e solipsistica, e diminuendo le sue possibilità di giungere a un soddisfacente equilibrio emotivo, che è sempre il risultato di un ragionevole compromesso tra la sfera dei desideri e quella della realtà oggettiva.

Questo pericolo è particolarmente pronunciato nel caso degli artisti e delle persone creative, dotate di una potente facoltà immaginativa. Esse, fin da piccole, sono relativamente abituate a vivere situazioni di sogno ad occhi aperti: si pensi, per fare un solo esempio, al fenomeno dei cosiddetti compagni di gioco immaginari di taluni bambini, più sensibili e introversi.

In ogni caso, non esistono leggi generali della psiche che possano fissare a priori le regole da seguire in questo campo. Ciascuno deve imparare a divenire un buon giudice di se stesso e valutare, sulla base della propria consapevolezza e della propria maturità, se le fantasie sessuali che coltiva possano fornirgli un aiuto per convivere con una realtà oggettiva non sempre soddisfacente, o se, al contrario, non rischino di diventare dei rimedi peggiori del male, aggravando il proprio livello di insoddisfazione, frustrazione e rimpianto. Le fantasie sessuali, infatti, quando divengono sistematiche e totalmente scollate rispetto alla vita vissuta,  finiscono per generare il doppio effetto della dipendenza e del crescente distacco dalla vita vissuta di ogni giorno.

Non vi sono ragioni, quindi, per considerarle positive o negative in se stesse: tutto dipende dall'uso che ne viene fatto.

E, di un tale uso, solo il singolo individuo può essere buon giudice, avendo all'interno del proprio mondo interiore tutti gli elementi necessari per valutarne la funzionalità, l'effetto principale e quelli secondari.