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Iraq, migliaia in piazza contro l’accordo con gli Usa

di Ornella Sangiovanni - 31/05/2008



Iracheni in piazza contro l’accordo a lungo termine con gli Usa. Rispondendo all’appello lanciato da Muqtada al Sadr, in migliaia hanno manifestato ieri, non solo a Baghdad ma anche nel sud - a Kut, Najaf, Kufa, Bassora, e Nassiriya, per inviare un chiaro messaggio al governo del premier Nuri al Maliki: le forze di occupazione devono lasciare il Paese.

"No, no all’America. No, no all’occupazione. Sì, sì Muqtada. Lunga vita a Sadr", gridavano i dimostranti, che a Baghdad hanno sfilato a Sadr City, l’enorme slum nella parte est di Baghdad considerato una roccaforte del movimento di Muqtada, dopo la preghiera del venerdì, portando striscioni e bandiere irachene.

Un cartello attaccava "il disastroso accordo che fa a pezzi l’Iraq e si arrende alla potenza  occupante", un altro diceva: "Questo accordo consegna la sovranità dell’Iraq".

Alcuni manifestanti avevano caricature di Maliki vestito come l’ex presidente Saddam Hussein. Un gruppo ha bruciato un ritratto del premier, per poi calpestarlo e danzarci sopra. Il tutto mentre i soldati iracheni, che da una decina di giorni sono entrati a Sadr City in seguito alla tregua raggiunta con il movimento di Muqtada che ha messo fine a oltre tre settimane di combattimenti, si tenevano a debita distanza.

Il fatto è che molti di questi militari, teoricamente parte delle forze di sicurezza governative, sono sciiti simpatizzanti di Sadr.

Lo spiega bene uno di loro al Washington Post.

"La maggior parte dei soldati qui viene dal sud dell’Iraq, e la metà appartengono al movimento di Sadr", dice Salah Sabieh, uno di quelli che assistevano alle proteste.

Sul parabrezza del suo camion militare c’è un ritratto di Muqtada. Nessun imbarazzo. "Lui è il leader. Non possiamo togliere il suo ritratto”, afferma Salah, “Siamo tutti sciiti. Muqtada rappresenta tutto l’Iraq".


Opposizione diffusa

Il soldato iracheno appoggia l’invito di Sadr a opporsi a qualunque presenza a lungo termine delle forze Usa in Iraq, perché, come molti dei manifestanti, la considera umiliante.

Oggetto delle proteste è lo Status of Forces Agreement (SOFA) – accordo che regolamenta la presenza delle forze Usa nei vari Paesi che attualmente le ospitano, e che nel caso dell'Iraq sostituirebbe l'attuale mandato Onu (che scade il 31 dicembre) relativo alla cosiddetta "forza multinazionale". In questo modo, a legittimare la presenza militare statunitense in Iraq sarebbe un accordo bilaterale fra i due Paesi.

Washington e Baghdad hanno iniziato le trattative in marzo, facendo seguito alla Dichiarazione di principi firmata il 26 novembre 2007 dal presidente Usa George W. Bush e dal Primo Ministro iracheno Nuri al Maliki, che impegna le due parti a raggiungere una intesa entro fine luglio.

Una scadenza che - a detta di molti in Iraq – è assai probabile che slitti. A causa dell’opposizione diffusa – tra la gente ma anche tra le forze politiche.

Muqtada al Sadr ha chiesto che qualunque accordo raggiunto con gli americani venga sottoposto a un referendum popolare, e ha invitato gli iracheni a organizzare proteste in tutto il Paese ogni venerdì dopo la preghiera finché il governo non farà marcia indietro.

Il leader sciita, da sempre contrario all’occupazione, non è il solo a essere contrario all’accordo.

Critiche sono state espresse persino Abdul Aziz al Hakim, leader del Consiglio Supremo islamico iracheno (ex SCIRI), uno dei due maggiori partiti sciiti di governo, e acerrimo rivale di Sadr, nonché alleato – tattico – di Washington (e alleato di lunga data di Tehran).

In un comunicato sul sito web della sua formazione politica, Hakim ha detto che esiste una unanimità fra le forze politiche irachene “per respingere molti dei punti sollevati dalla parte americana in quanti essi vìolano la sovranità nazionale”.

Riserve e preoccupazioni sono arrivate anche da collaboratori del Grande Ayatollah Ali al Sistani, la più influente autorità religiosa sciita in Iraq. Secondo alcune informazioni, lo stesso Sistani sarebbe contrario e avrebbe chiesto che un eventuale accordo con gli Usa venga sottoposto a un referendum popolare.

Da parte sunnita, il Consiglio degli Ulema, un altro gruppo nazionalista che si è sempre opposto all’occupazione, ha denunciato la segretezza che circonda i negoziati in corso fra Washington e Baghdad, e ha detto che l’accordo proposto spianerebbe la strada al “dominio militare, economico, e culturale” da parte degli americani.

Ci sono state manifestazioni di protesta anche a Kadhimiya, un distretto a maggioranza sciita situato nella zona nord ovest della capitale irachena, dove centinaia di dimostranti con i pugni alzati hanno sfilato in corteo dietro uno striscione che chiedeva alle Nazioni Unite di "stare a fianco del popolo iracheno contro questo accordo di sicurezza fra il governo e l’occupazione".

Non solo Baghdad

Ma ieri non si è manifestato solo a Baghdad.

A Kufa, nei pressi della città santa sciita di Najaf, 2.500 dimostranti sono sfilati in corteo dalla moschea principale (da sempre quella di Muqtada al Sadr) a un’altra moschea al grido di “Piuttosto la morte che il compromesso. No, no, all’America".

Molti di loro avevano con sé una pistola, che appoggiavano sul tappetino al momento della preghiera. Ai fotografi e agli operatori televisivi è stato detto di non fare primi piani dei volti perché alla manifestazione erano presenti esponenti di spicco dell’Esercito del Mahdi, la milizia fedele a Sadr, fuggiti da altre province dopo i giri di vite e le operazioni militari governative degli ultimi mesi.

A Najaf, 160 km a sud di Baghdad, parecchie centinaia di manifestanti hanno sfilato gridando: "Fuori, fuori l’occupante", e "L’Iraq non sarà una colonia americana".

A Kut, 150 km a sud est della capitale irachena, circa 1.200 persone sono andate in corteo dalla Grande Moschea alla sede dell’ufficio di Sadr.

“Finché ci sarà vita, queste manifestazioni continueranno finché quest’accordo sarà annullato", ha detto Saad al Maliki, il responsabile dell’ufficio.

Le zone dove si è manifestato ieri sono tutte a maggioranza sciita, Baghdad est compresa, e in tutte il movimento di Sadr è la forza dominante.

L’occupazione Usa è impopolare in tutto l’Iraq, escluse le tre province del nord a maggioranza kurda. Ma ancora una volta è Muqtada che ha deciso di farsene interprete, mettendosi alla testa di un movimento di massa che ne esprima il rifiuto. Quello di ieri è stato solo l’inizio.


Fonti: Washington Post, Agence France Presse, Reuters, Associated Press, Al Hayat