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Argentina: Cristina Fernández de Kirchner contro le oligarchie

di Siro Asinelli - 31/05/2008

 

Argentina: Cristina annuncia la linea dura



I dirigenti di oltre quaranta sigle tra organizzazioni sociali, movimenti politici ed associazioni di lavoratori stanno dimostrando in questi giorni il loro pieno sostegno alle politiche produttive e doganali del governo argentino che hanno scatenato la dura reazione del settore agricolo del Paese. Un braccio di ferro nato dalla decisione di alzare i dazi doganali sull’esportazione all’estero di alcuni prodotti chiave del comparto agro alimentare – soia, grano, mais e girasole – che i produttori sottraggono al mercato interno e che di conseguenza è causa tra le principali del consistente aumento di inflazione.
L’aperto sostegno alle istanze dell’esecutivo giunge nel momento più delicato dello scontro tra le principali sigle che raggruppano il settore agro-pecuario ed il governo di Cristina Fernández de Kirchner, con la presidenza che di fronte ai diktat dei produttori agricoli ha deciso di rompere ogni dialogo. Una decisione dettata dal comportamento ondivago dei rappresentanti degli scioperanti che più di una volta hanno accolto gli appelli della Casa Rosada a sedersi al tavolo delle trattative per poi riabbracciare a sorpresa la linea dura anche e soprattutto quando si potevano intravedere spiragli di compromesso.
Lo scontro, che va avanti con scioperi e blocchi stradali ormai da quasi tre mesi, sta provocando una paralisi quasi totale del mercato interno con gravi ripercussioni per l’economia e, soprattutto, sta cagionando una sorta di psicosi di massa. La paura è che si possa tornare al 2001, ma è evidente che dietro le quinte dello sciopero si muove anche una certa politica che vede di buon occhio la prematura scomparsa del governo di Cristina. L’attacco mediatico, così come l’enfasi che parte dei media argentini stanno mettendo nell’illustrare una possibile futura catastrofe economica in stile 2001, è sotto gli occhi di tutti. L’ex presidente ed attuale segretario del Partido Justicialista di maggioranza, Néstor Kirchner, ne è a tal punto sicuro che nei giorni scorsi ha rassicurato pubblicamente il Paese sostenendo che l’economia argentina è in grado di resistere ancora per molto tempo. E detto dall’uomo che è riuscito a traghettare l’Argentina fuori dal pantano della bancarotta, può essere una rassicurazione. Peraltro, Kirchner è stato rassicurato in tal senso anche dal presidente della Banca centrale, Martín Redrado, con cui, assicurano dal PJ, è in costante contatto diretto.
L’ex presidente, che alcuni giorni fa ha voluto incontrare i rappresentanti delle principali sigle in sciopero ha fatto un quadro preciso, a sua detta, dell’attuale situazione interna ai produttori, con la Coninagro e la Sociedad Rural che a sua detta sarebbero “stanche e vorrebbero abbandonare” il braccio di ferro, mentre Federación Agraria e CRA sarebbero “le più inflessibili”. Ma dagli scioperanti è giunto immediato un secco comunicato in cui si sottolinea che i produttori restano uniti e che le suggestioni di Kirchner rientrano nell’offensiva propagandistica del governo. I delegati dei movimenti filo Casa Rosada parlano apertamente di “golpe civile” appoggiato dai rappresentanti dei produttori agricoli ed annunciano una campagna nazionale per contrastare la disinformazione mediatica anti governativa. “Noi siamo favorevoli agli aumenti imposti dall’esecutivo perché servono a captare i guadagni straordinari che permetteranno di aumentare e migliorare la ridistribuzione delle ricchezze”, ha sostenuto Edgardo Depetri, dirigente del Frente Trasversal, nel corso di una conferenza stampa tenuta a Buenos Aires assieme ai colleghi Luis D’Elía della Federación Tierra y Viviendas e Emilio Pérsico del Movimiento Evita. Il loro punto di vista è lo stesso che ha indotto il governo ad aumentare i dazi per le esportazioni: “Un Paese che può dare da mangiare a 400 milioni di persone all’estero, prima deve dare da mangiare al suo popolo a prezzi accessibili”.
Sinora l’inconsistenza delle percentuali di rendita statali sull’esportazione di generi agricoli ha prodotto il contrario. Il modello produttivo e di ritenute fiscali introdotto dalla Casa Rosada vuole invertire la rotta.