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Ma l’ecologismo ha perso l’attimo (?)

di Geminello Alvi - 24/01/2006

Fonte: corriere.it

[rilanciamo questo intelligente articolo di Geminello Alvi, con la unica considerazione critica che in effetti, più che di crisi dell'ecologismo, bisognerebbe parlare di crisi degli "ecologisti", e questo non è un male nel nostro paese, visto che non sono mai stati legati all'ecologia, cioè al localismo e alla ricomposizione sacrale del legame comunitario tra uomo e natura, prevaricato dallo sviluppismo industriale liberal-capitalista e il progressismo borghese. ndr]
 

 
Duole dirlo. Ma l'ecologismo ha perso il suo momento. Siano o non siano giuste le proteste per il ponte di Messina, o per l’Alta velocità, conta poco. Nelle umane vicende, soprattutto in quelle politiche, conta il favore del momento, quel certo vento propizio che negli anni scorsi ha molto favorito l'ecologismo. Quando invece ora prevale il dubbio. E un po' tutto del resto ha cominciato a ruotare all'inverso. Persino le scoperte. Dall'ultima delle quali risulterebbe che gli alberi producono anche metano, non solo assorbono anidride carbonica. Sui giornali si sarà un po' magari esagerata la novità scoperta da alcuni scienziati. Comunque sia, questo dubbio alla clorofilla è un sintomo ulteriore. Arriva dopo che le guerre cogli arabi in Medio Oriente, la geopolitica dei russi e degli ucraini hanno convinto governi e pubblica opinione. È palese: le forniture di gas e petrolio, i loro prezzi, non sono più certi, né scontati per dirla con una parola plurima. C'è poi l'assenza dei Verdi dal governo in Germania, e il ripensamento di molti sul nucleare, mentre la Cina è a caccia delle forniture energetiche ovunque. Si deve ammetterlo, le certezze di questi anni paiono più incerte. E, a lasciar perdere le geopolitiche, non è che le piccole cose siano andate meglio. Ad esempio il boom immobiliare di questi anni ha reso palese, pure ai meglio intenzionati, che quella solare è una tecnologia ancora troppo costosa. Pur essendo insomma persuaso della bontà dell’agricoltura biodinamica, anzi compreso in un'idea panica della Natura, io stesso devo ammetterlo. L’attitudine di solo pochi anni fa è venuta meno. Tanto che il commercio del biologico ne risente pure lui. L'impressione di mucca pazza è scemata. Ed in una congiuntura dei consumi come questa, i prezzi maggiori del biologico non l'aiutano. Insomma non c'è dubbio che il ministero dell'Agricoltura abbia avuto sugli Ogm la posizione più sana. Ma la globalizzazione è fatta per ridurre i prezzi e importare beni di bassa qualità. Non propriamente quanto richiederebbe l'ecologia. Anche il globalizzarsi delle economie sta frantumando quella simpatia per l'ambiente al massimo solo pochi anni fa.
E del resto il sentimento pubblico oscilla sempre in cicli, di cui si doveva saper profittare. E chi doveva farlo, ovvero i Verdi europei, ha offerto non sempre il meglio di sé. Sono stati espropriati del resto dai reduci dell'estrema sinistra, i quali negli anni Ottanta ci si sono tuffati dentro. Dalle manie per Mao, si sono così molti riciclati, usando l'ecologia per meglio rilanciare le loro carriere. E di nuovo sono riusciti a rovinare pure quella; sovente mutando un tema che doveva riguardare tutti in una propaganda di sinistra in ritardo. Con zelo, e anche in Italia. Finché nelle loro assemblee ha vinto Pecoraro Scanio. Da allora è andata pure peggio che altrove: di fatto con una meridionalizzazione dei Verdi, che hanno perso ancora più identità. E perché mai tra l'altro chi non simpatizza per Prodi dovrebbe votare per un partitino satellite, che pare in perpetua finta insorgenza?
Più sensato è stato invece Ermete Realacci che, capita l'onda, ha messo il piedi una Fondazione, per aiutare una economia delle produzioni tipiche. Un gesto certo anche politico, ma almeno sano per saldare davvero lo sviluppo sostenibile alle nostre tradizioni. Eppure poco. Sono le grandi innovazioni a mancare: il solare o l'eolico non sono alternative bastevoli. Seguito a diffidare del nucleare, per i costi dello smaltimento delle scorie. Ma resta la pochezza delle politiche alternative. E soprattutto l'ecologismo pare ormai frammentato, evoluto a rituale, politicamente corretto, ma che non riesce il più delle volte a dare concretezza alle proprie ragioni. Soprattutto a mantenerle al di là delle parti. E la pubblica opinione resta ormai interdetta, da altro distratta. Anzitutto dall'incertezza di questa economia che sta cambiando tutto, e nella quale ci si sente più poveri, non fosse altro di quiete. Di quella calma che dovrebbe favorire una percezione ecologica, non solo venale della Natura. Sia come sia, l'ecologismo si ritrova comunque adesso in crisi, controcorrente, in protesta più isolata di prima.