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La personificazione come fenomeno parapsicologico (II parte)

di Francesco Lamendola - 03/06/2008

 

 

 

Nella prima parte di questo articolo ci eravamo occupati di alcuni aspetti della cosiddetta personificazione, ossia di quel fenomeno parapsicologico in cui una persona, sia in stato di veglia che in stato di trance, prende a comportarsi come se in lei fosse emersa una seconda, e magari una terza (o una quarta, e così via) personalità nuova e insospettata. Tale nuova personalità può  alternarsi alla "vecchia" con un ritmo vario e imprevedibile; può comparire per alcuni anni, e poi recedere; oppure, al contrario, può finire per "usurpare" in maniera definitiva l'Io del soggetto in questione, permanendovi fino alla sua morte. È facile immaginare come i parenti stretti, i colleghi e gli amici di un tale soggetto si vengano a trovare uno in uno stato di grande confusione e sconcerto, trattandosi di un mutamento tale da far pensare che ci si trova in presenza di un individuo totalmente diverso da quello finora conosciuto.

Inoltre, sulla scorta di alcune teorie dello studioso Ugo Dèttore, scrittore e parapsicologo molto serio - autore di libri importanti come L'altro regno, L'uomo e l'ignoto, I fenomeni parapsicologici dalle origini ai giorni nostri, Storia della parapsicologia -, avevamo preso in considerazione l'ipotesi che, così come i biologi ritengono che le programmazioni del genoma devono essere molto più numerose di quelle che vengono effettivamente attuate di norma, e che una buona parte di esse rimane inattiva, pronta a entrare eventualmente in azione qualora si presentino circostanze eccezionali, in cui appaiono particolari problemi; allo stesso modo esisterebbero in ciascun individuo delle personalità programmate in soprannumero, che dipendono da Io secondari gravitanti attorno all'Io dominante.

Vogliamo ora approfondire il fenomeno della personificazione, prendendo in esame le due grandi sottoclassi - se così possiamo chiamarle - di tale fenomenologia, ossia quella della personificazione per immedesimazione e quella della personificazione per sostituzione. Parliamo, naturalmente, di individui dalle spiccate caratteristiche di sensitivi, quali medium e altre persone dotate di particolari poteri psichici, a volte coltivati appositamente, a volte, invece, posseduti in maniera più o meno inconsapevole. Nel primo tipo di immedesimazione, si verifica l'incorporazione temporanea di un Io diverso dal proprio, nel soggetto medianico; nel secondo tipo, l'Io del soggetto scompare completamente, e viene sostituito da un Io diverso ed estraneo.

In effetti, le due tipologie non sono sempre così nettamente distinte (nulla lo è, nell'ambito della parapsicologia), e i confini dell'una possono sfumare quasi insensibilmente nella sfera dell'altra, creando incertezza nello studioso e una oggettiva difficoltà di classificazione del fenomeno in questione.

Anche questa volta ci serviremo di alcuni passaggi del libro di Ugo Dèttore Le due facce della realtà (1). Infatti, anche se questo autore era convinto che i fenomeni "normali", studiati dalla scienza classica, e quelli "insoliti", studiati dalla parapsicologia, sono sostanzialmente identici (cosa che lo portava a trascurare fenomenologie come quelle della possessione diabolica e, in genere, a escludere il soprannaturale), il suo rigore e la sua chiarezza concettuali e la sua originalità interpretativa sono fuori discussione.

E ciò in un campo d'indagine, come la parapsicologia, sin tropo affollato di "esperti" fai-da-te che spuntano come funghi dopo la pioggia e, al tempo stesso, snobbato dagli studiosi di formazione accademica, non ci sembra davvero cosa da poco.

Scrive, dunque, il Déttore nel libro citato:

 

Secondo quanto si è detto, la personificazione potrebbe avere due origini molto diverse costituendo addirittura due fenomeni distinti: l'immedesimazione reciproca e conciliatrice dell'Io individuale- personale del sensitivo e Io diversi da esso, e la sostituzione di un Io diverso all'Io del sensitivo. Ma, a ben guardare, la differenza fra le due manifestazioni è piuttosto di grado che essenziale. Abbiamo considerato infatti l'immedesimazione non già come un fatto soggettivo ma come un atto reciproco fra un soggetto e un oggetto (meglio dovremmo dire «fra due soggetti»; intendiamo qui per soggetto quello dei due che prende l'iniziativa) egualmente reali, nel quale il soggetto raggiunge intuitivamente la realtà dell'oggetto e questo, a sua volta, viene per così dire a far parte della realtà del soggetto. Anche nell'immedesimazione, dunque, vi è una sostituzione parziale di un Io a un Io: vi è cioè uno spostamento del piano di coscienza del soggetto grazie a una carica ipnotica indotta o autoindotta per far luogo, più o meno parzialmente, a un altro piano di coscienza. La differenza fra i due fenomeni consisterebbe allora nel fatto che,  nell'immedesimazione, la presenza dell'Io straniero nello psichismo del soggetto è sempre più o meno controllata dall'Io indivduale-personale del soggetto stesso, il quale riesce, in maggiore o minor misura. A strutturarla nella propria unità; nella sostituzione, invece, questo controllo scompare totalmente o quasi totalmente e l'Io straniero si insedia completamente o quasi completamente nello psichismo del soggetto spostandone affatto il piano di coscienza.

Una sostituzione di questo genere avviene, si è visto, nel caso delle personalità alternanti, e nelle espressioni più elementari della scrittura automatica, che possono essere considerati casi molto semplici di personalità alternanti, veri e propri colloqui fra la personalità dominante del soggetto e una sua personalità secondaria.

Appunto questa constatazione ha indotto psicologi e parapsicologi a a cercare nelle personalità secondarie, considerate come dissociate, il fondamento della personificazione in genere, che verrebbe così ridotta a un semplice fenomeno di dissociazione. Ma l'ipotesi è ben lungi dal rispondere all'insieme della casistica. In realtà l'esame di moltissimi casi di personificazione ci dimostra che in essi le personalità secondarie non intervengono affatto o intervengono in modo molto relativo, e che la dissociazione psichica , anche ammessa come tale, non può assolutamente essere invocata come base del fenomeno.

Nel caso, a esempio, del dialogo telepatico per scrittura automatica fra il giornalista Dean e la sua collega non c'è alcun bisogno di ricorrere a personalità secondarie sebbene il fenomeno sia consistito in un vero alternarsi di personalità l'una delle quali faceva domande e l'altra dava risposte. Questo significa che il meccanismo della scrittura automatica può funzionare tanto se attraverso di essa si manifesta una personalità secondaria, quanto se si manifesta un'altra personalità, così come l'organo visivo funziona sia di fronte a un vivente quanto di fronte a un qualsiasi oggetto. Ci si può domandare invece se il fenomeno consisteva in una immedesimazione prevalente o in una completa sostituzione di una personalità all'altra. A questo proposito dobbiamo notare che, mentre il Dean era consapevole delle domande che inviava, la collega non lo era affatto delle risposte che dava: si dovrebbe dunque escludere una sostituzione completa e ipotizzare piuttosto una intensa immedesimazione, nella quale il Dean, per ipnosi autoindotta spostava in parte il proprio piano di coscienza per far luogo allo psichismo dell'altra parte, e lo personificava poi per propria iniziativa attribuendogli un Io consapevole derivati dalla sua propria coscienza: in altre parole sostituiva il pronome 'io', immedesimandosi in esso, al pronome 'ella', che sarebbe meglio corrisposto alla realtà del fenomeno,

Una immedesimazione di questo genere può essere ipotizzata anche in molti casi in cui la personalità personificata si presenta come quella di un defunto: valga il celebre caso di Gordon Davis, di cui fu sperimentatore uno dei più noti metapsichisti, il matematico S. G. Soal, nel 1922, durante una serie di sedute tenute con la medium Cooper, questa personificò, a voce diretta, la voce di un antico compagno di scuola del Soal stesso, Godon Davis, che al Soal risultava caduto in guerra, il quale gli confermò la propria morte, ricordò molti particolari della loro giovinezza alcuni dei quali ignoti al Soal e poi risultati esatti, manifestò anche un singolare fenomeno di precognizione. Ma, tre anni dopo, il matematico incontrò il vecchio amico in carne ed ossa, del tutto ignaro di aver palrato con lui per il tramite di una medium e di essersi dichiarato defunto. Sembra evidente che la Cooper ,m si immedesimò telepaticamente nello psichismo del Davis  e, in egual tempo, anche con quello del Soal, che lo credeva morto, e, con un parziale intervento della propria coscienza, personificò il tutto in un 'io' defunto invece che in un 'egli' vivente.

Questi fenomeni hanno suggerito un'altra spiegazione, oggi ascoltata da molti parapsicologi. Secondo la quale la personificazione si ridurrebbe a un complesso di fenomeni telepatico-chiaroveggenti: il medium, personificando un defunto o un vivente, non farebbe che accogliere telepaticamente notizie su di esso traendola dai consultanti  che avevano conosciuto il vivente in vita, o dal vivente stesso e integrandole eventualmente con visioni chiaroveggenti nel passato, nel presente o nello spazio, ed esprimerebbe il tutto personificandolo in una personalità fittizia che dice 'io'.

Un simile processo non solo non si può escludere, ma appare in molti casi come del tutto probabile. La personificazione di viventi e di defunti si presenterebbe allora come un processo di immedesimazione più o meno profonda nel quale il sensitivo darebbe forma, strutturandolo sotto il pronome 'io', a un molteplice di realtà presenti, passate e future, nel quale verrebbero e rientrare, intrecciandosi in vario modo e in varia misura, la personalità del sentivo stesso, quelle di altre persone presenti o lontane e visioni retrocognitive o precognitive. Si potrebbe anche ammettere che, talora, intervengano nel fenomeno anche personalità secondarie del sensitivo o di altri, comunque considerate: in alcuni casi, infatti, la personalità  del defunto rievocato ha rivelato evidenti deformazioni così da poter essere considerata, almeno in parte, una personalità secondaria integrabile con la personalità del medium. Una vera e propria sostituzione di personalità avverrebbe solo nei casi di personalità  alternanti, nei quali l'intervento di personalità secondarie  sarebbe esclusiva e unica causa del fenomeno.

Dobbiamo riconoscere tuttavia che nemmeno questa interpretazione copre tutto l'insieme della casistica. Qualora infatti la personificazione consista in una immedesimazione, l'iniziativa del fenomeno dovrebbe provenire dal complesso sensitivo-consultanti, ossia dagli insiemi che i consultanti conoscono o vogliono conoscere e da quelli cin cui il sensitivo, attraverso di essi viene a contatto per via telepatico-chiaroveggente personificando poi il tutto in un 'io' puramente fittizio.  Se invece la personificazione consiste in una sostituzione, l'iniziativa proverebbe da una o più personalità secondarie  del sensitivo stesso. Ma la casistica ci presenta  numerosi fenomeni in cui in modo evidente l'iniziativa  non può partire né dal complesso sensitivo-consultante né da una o più personalità secondarie.  Dobbiamo ora soffermarci su questi casi che, oggi,  vengono generalmente trascurati dalla parapsicologia. (…)

Consideriamo ora un episodio esemplare. In una seduta si presenta, per automatismo parlante,  attraverso il cosiddetto controllo del medium, (la personalità, cioè, che servirebbe da intermediario tra il medium stesso e altre personalità, per lo più defunte, da essa aiutate a manifestarsi ),una personalità femminile, che viene minutamente descritta dal controllo stesso senza che alcuno la riconosca, e che prega i partecipanti di recarsi immediatamente a un dato indirizzo e di cercare una data persona a tutti sconosciuta: si tratta di salvare una vita. I partecipanti interrompono la seduta per soddisfare questa invocazione, si recano all'indirizzo indicato e suonano a un campanello di una vecchia Casa: viene ad aprire un tale che li guarda stupito  e si svolge un breve dialogo ovviamente incerto e confuso. Ma in quel momento si ode un fragore nell'interno dell'appartamento: è franato il pavimento di una stanza, la stessa in cui, fino a poco prima, l'uomo richiamato dallo squillo del campanello stava tranquillamente intento alla lettura di un libro. Avvengono delle spiegazioni e l'uomo riconosce nella descrizione della personalità che aveva lanciato il messaggio di soccorso, la propria madre defunta.

In un caso simile, che è tutt'altro che unico, è molto difficile ipotizzare da dove sia partita l'iniziativa del fenomeno. Non dal sensitivo né dagli astanti, i quali ignoravano totalmente l'esistenza del pericolante; non da loro personalità secondarie, le quali si trovavano nelle loro stesse condizioni; non dallo psichismo del pericolante stesso, il quale nulla sapeva del pericolo che lo minacciava. Potremmo supporre un processo alquanto complicato ma non da escludersi: il pericolante ha avuto la precognizione dell'imminente disastro, precognizione non affiorata sul suo piano di coscienza, ma tuttavia tale da raggiungere un grado di intensità sufficiente per estendersi, a materializzazione minima oltre i limiti del suo organismo e raggiungere, con una sua carica ipnotica orientata, un sensitivo che casualmente era in trance. Stabilito così il contatto, una serie di processi di andata e ritorno avrebbero permesso al sensitivo la cognizione del nome e dell'indirizzo dell'uomo in pericolo e dell'immagine della madre defunta descritta dal controllo, il quale potrebbe essere la personificazione per immedesimazione profonda o per momentanea sostituzione di una personalità secondaria del sensitivo stesso. Riconosciamo che un'ipotesi del genere è alquanto macchinosa e si fonda su processi, quali la precognizione inconscia, ma in certo modo attiva, che non sono stati affatto dimostrati; ma non abbiamo elementi per dichiararla inaccettabile. Vi sono tuttavia altri casi che sembrano rifiutarla.

Ci riferiamo particolare ai fenomeni di produzione letteraria, artistica o scientifica in stato di trance, da parte di soggetti che non hanno normalmente né le attitudini né le conoscenze richieste da una tale produzione. Gli esempi sono numerosi; tra i più noto la continuazione di un romanzo di Dickens, dopo la sua morte, da parte di un semplice meccanici, T. P. James; le poesie victorughiane di Juliette Hervy e della signora Laval, entrambe incolte; i romanzi storici di David Deguild e di Hermance Dufeaux, che nulla sapevano di storia, ricchi di particolari riconosciuti esatti dagli storici; le opere scientifiche di Hudson Tuttle e di A. J. Davis, pure incolti, prese in considerazione da scienziati autentici, ecc. E numerosi, infine, sono i caso di opere d'arte, per lo più pitture, realizzate da sensitivi in trance, sia in un proprio stile, sia nello stile di un artista defunto di cui non conoscevano l'opera, lavorando talora al buio più completo e dipingendo il quadro alla rovescia. In molti casi si può ipotizzare che il vero autore dell'opera sia una personalità secondaria; ma quando il dipinto è nello stile di un pittore non più vivente, che il sensitivo non ha mai conosciuto e del quale non ha mai visto la produzione, o quando appaino nozioni storiche o scientifiche che il sensitivo non ha mai appreso, è molto difficile supporre l'intervento di una personalità secondaria e ci si domanda perplessi quale può essere la personalità che ha preso l'iniziativa.

La nostra ipotesi degli insiemi potrebbe offrire una spiegazione. Lo stile di uno scrittore o di un pittore è un insieme di realtà che perdura non solo nelle loro opere, ma anche fuori di esse come coordinamento di valori a materializzazione minima: un sensitivo che venga a contatto con esso grazie a una carica ipnotica indotta o autoindotta particolarmente orientata, può farlo proprio, direttamente o per il tramite di un a personalità secondaria, per intuizione immedesimatrice. I fattori storici sono pure insiemi di realtà che perdurano nel tempo, percepibili da un sensitivo nei casi di psicoscopia e da lui coordinabili in forma narrativa. E insiemi sono anche le nozioni scientifiche, percepibili dunque per chiaroveggenza.. La cosiddetta produzione medianica, letteraria, artistica o scientifica, si ridurrebbe allora a fenomeni di chiaroveggenza strutturati in una personificazione immedesimatrice per iniziativa del sensitivo sesso, nel quale si formerebbero cariche ipnotiche particolarmente orientate. Difficile dire, comunque, perché il contatto chiaroveggente sia avvenuto proprio con quei dati insiemi, stile artistico o nozioni storiche o scientifiche, in mancanza di in oggetto induttore o di qualsiasi altro tramite.

L'ipotesi potrebbe valere anche per i casi ancora più complessi in cui la personalità personificata parla in lingue straniere ignote al sensitivo e, non di rado, a tutti i presenti; la cosiddetta xenoglossia. Nephentes, un fantasma prodotto dalla celebre medium D'Espérance, lasciò un messaggio scritto in greco antico, lingua che nessuno dei presenti conosceva, che fu tradotto il giorno dopo da un grecista. Il medium americano Valiantine produsse voci dirette che parlavano in giapponese in cinese. Talora la xenoglossia ha addirittura espressioni letterarie: lo stesso Valiantine per voce diretta, fece dettare al sinologo Whymant l'esatta lezione di una poesia di Confucio  giunta a noi in un testo corrotto; la medium Curan scrisse, sotto dettatura di una personalità che diceva di chiamarsi Patience Worth, un poemetto idillico, Telka, in perfetto inglese arcaico.

La xenoglossia è considerata dagli spiritisti come una conferma imponente delle loro concezioni: quando un medium produce una personalità defunta che parla una lingua ignota a lui e a tutti i presenti non si può pensare ad altro che alla realtà oggettiva di tale personalità. Vi sono però casi rarissimi in cui il fenomeno si presenta in modo da escludere l'intervento di personalità sopravvissute. Abbiamo già ricordato l'episodio del maggiore W. Tudor Pole, il quale, senza quasi accorgersene, parlò con un profeta persiano nella sua lingua che non conosceva affatto. Lo stesso avvenne più volte, e in varie lingue, a Laura Edmonds, figlia del giudice Edmonds famoso metapsichista americano. Così la xenoglossia può essere interpretata come una forma di chiaroveggenza e spiegata con l'ipotesi degli insiemi. Un linguaggio, infatti, è un insieme di realtà che, secondo la nostra concezione, ha una sua esistenza oggettiva come complesso strutturato di valori psichici: il sensitivo che possa stabilire un contatto con tale insieme può valersene sia per manifestare il proprio pensiero consapevole, sia per esprimere suoi contenuti inconsci o contenuti delle sue personalità secondarie, sia infine per rivelare contenuti di insiemi a lui estranei quale può essere l'esatta lezione di una poesia cinese composta più di duemila anni fa e sempre reale nel tempo come realtà indistruggibile.

Ma, pur ammettendo tutto questo, dobbiamo considerare che il problema dell'iniziativa non ci appare del tutto risolto. Da quanto abbiamo detto risulterebbe che in molti casi il contatto fra il sensitivo e gli insiemi di realtà che alimentano le sue personificazioni e le sue iniziative dovrebbe essere del tutto casuale, dovuto a cariche ipnotiche orientate per puro caso verso determinate direzioni. E, in una concezione psichica della realtà, non vi è posto per il caso, poiché la psiche è volontà e finalità. Nella maggior parte di questi casi in cui l'iniziativa appare incerta e solo supponendo processi molto complicati può essere attribuita al sensitivo stesso, il fenomeno non ha  alcuna caratteristica di casualità: talora viene addirittura annunciato in una seduta precedente, altre volte rivela una intenzione precisa e addirittura tormentosa da parte della personalità defunta, come nel caso del giudice Reggio, in cui il presidente di Corte d'Appello Vincenzo Reggio , morto a Genova il 27 ottobre del 1900, si presentò per scrittura automatica, il 2 marzo del 1901, a Parigi, al medium José Borgazzi e a un giornalista brasiliano che fingeva da sperimentatore - i quali non lo avevano mai conosciuto né mai ne avevano sentito parlare - pregandoli di trasmettere un messaggio, per lui importante, al proprio fratello, Tomaso Reggio, arcivescovo di Genova, a loro egualmente sconosciuto, il quale confermò la realtà dei fati. Luisa E, Rhine , moglie del fondatore della scuola quantitativa, ha raccolto recentemente alcune migliaia di casi di personificazione spontanea di personalità defunte e, dopo averli esaminati con estremo rigore, è giunta alla conclusione  che, almeno per alcuni di essi, del genere di quelli che abbiamo ricordato, l'iniziativa della persona defunta sembra la sola spiegazione possibile.

Dovremo tornare ancora su questo problema quando parleremo della personificazione materializzata. Per ora ci limiteremo a notare che, in questi casi, se mettiamo in dubbio la possibilità di contatti chiaroveggenti puramente casuali con insiemi di realtà con cui né il sensitivo né i presenti alla seduta hanno il minimo legame, seguiti da personificazioni egualmente casuali, rimangono solo due ipotesi. Secondo la prima, una psiche universale -o della specie o del gruppo - sempre in contatto con gli Io individuali, prenderebbe in certe occasioni, per suoi particolari fini, una propria iniziativa provocando nel sensitivo fenomeni chiaroveggenti molto vasti e vere attività creative di cui, di per sé, egli sarebbe incapace, e gli suggerirebbe inoltre personificazioni che avverrebbero grazie a contatti  - da essa favoriti nel sensitivo stesso mediante cariche ipnotiche orientate - con tutto ciò (atti, emozioni, idee) che di un defunto è rimasto attuale come insieme di realtà (attualità che non ha nulla a che fare con la sopravvivenza perché è dello stesso ordine di quella dell'esplosione di un vulcano o di un terremoto avvenuti secoli fa). La seconda ipotesi sarebbe invece quella che il fenomeno dipenda invece dall'iniziativa da una personalità realmente vissuta, la quale si sostituirebbe più o meno completamente, al pari di una personalità vivente, alla personalità del medium.

 

Molti sono gli spunti di riflessioni che le ardite ipotesi di Ugo Dèttore ci offrono a proposito del fenomeno della personificazione.

La prima è che molto di quanto sopra è detto sembra condurre all'ipotesi di un grande deposito psichico, del quale abbiamo altrove parlato (2), in cui si troverebbe traccia di ogni cosa, ogni pensiero e ogni azioni passata, presente e (dal nostro punto di vista) futura; deposito al quale potrebbero accedere casualmente i soggetti medianici e, volontariamente, alcuni rarissimi individui in possesso di una particolare preparazione. I cultori della Tradizione parlano, a questo proposito, dell'Akasa, una realtà dimensionale diversa dalla nostra, ma in qualche modo parallela e, a determinate condizioni, comunicante con essa, alla quale possono accedere appunto le persone dotate di particolari poteri. Si tratterebbe di una sorta di grande "deposito cosmico" ove sussistono, in una condizione intermedia tra la fisica e la psichica, tutti gli enti che sono stati, che sono e che saranno, tutti i mondi possibili che la mente può evocare.

Questo potrebbe spiegare non solo i casi di personificazione in cui il medium rivela il possesso di  conoscenze lontane nello spazio e nel tempo, alcune delle quali né egli né i presenti hanno mai posseduto (come la xenoglossia), ma anche i casi di interferenza del piano della realtà ordinaria con piani di realtà lontani nello spazio e nel tempo. Tra questi ultimi, potremmo ricordare il notevole caso della cosiddetta "legione scomparsa", ossia quello in cui lo scrittore A. C. McKerracher, nel 1974, udì sfilare di notte, per le vie della cittadina di Dunblane, in Scozia, la IX legione spagnola, che nel 117 d. C. era stata inviata per schiacciare una rivolta tribale e di cui non si seppe mai più nulla. (3) Ed è noto che il veneziano padre Ernetti riteneva di aver realizzato uno speciale apparecchio, denominato cronovisore, capace di mostrare le immagini di fatti accaduti in qualunque epoca passata, compresa la passione di Cristo. Alla base di tale invenzione c'è l'idea che gli eventi passati non precipitano nel nulla, ma permangono a livello di "registrazioni cosmiche", come direbbe Ugo Dèttore, a livello di materializzazione minima.

 

Una seconda osservazione riguarda la teoria seconda la quale le opere d'arte tendono a sopravvivere in una dimensione trans-personale e possono, pertanto, essere recepite e riprodotte da soggetti dotati di facoltà medianiche, nello stile proprio degli scrittori o dei pittori che le crearono. Non solo: può anche avvenire, come si è visto, che il medium (magari involontario) completi un'opera rimasta incompiuta, come il romanzo di Dickens, o produca nuove opere, come se l'artista defunto continuasse a lavorare attraverso di lui.

Potremmo spingere ancora oltre le ipotesi di Ugo Déttore e ipotizzare che, nei casi di questo tipo, non si tratti di recuperare o proseguire le opere prodotte dalla personalità di un artista defunto, bensì di accedere a un grande deposito psichico universale, ove si troverebbero contemporaneamente tutte le opere presenti, passate e future, e non solo quelle effettivamente realizzate, ma anche quelle solamente possibili. Se un tale deposito esistesse, ne conseguirebbe che l'Iliade esisteva prima di Omero e la Divina Commedia prima di Dante. Ogni opera d'arte, insomma (e la stessa cosa potrebbe valere per le scoperte scientifiche, nonché, in generale, per ogni possibile conoscenza, emozione o creazione), esisterebbe prima di essere materialmente espressa per mezzo della scrittura, o delle note musicali, dei colori, dello scalpello, ecc. Di più: esisterebbero ogni singolo personaggio e ogni singola situazione, e vivrebbero di vita propria, fino a quando un artista non desse loro una forma esplicita.

Pirandello si era avvicinato a tale concezione, allorché aveva supposto che il personaggio vive indipendentemente dal suo autore e che quest'ultimo non lo crea dal nulla, ma si limita a dargli una realtà esteriore. Pertanto Don Chisciotte esisteva ben prima che Miguel de Cervantes lo "inventasse", così come continua ad esistere molto tempo dopo che lo scrittore è scomparso dal mondo fisico. Nei Sei personaggi in cerca d'autore (ma anche nella novella Nebbia di Miguel de Unamuno) noi vediamo, appunto, la rivolta dei personaggi contro il loro autore e la loro volontà di  uscire dalla pagina scritta, per vivere la loro vita sino in fondo, anche senza il "consenso" del loro  autore, e perfino contro le sue intenzioni.

Ammettendo questa ipotesi, dovremmo trarne la conclusione che gli artisti non fanno altro che dare un volto e una voce a dei complessi psichici che non sono essi a creare, ma che si presentano loro mediante la particolare sensibilità di cui, in genere, sono dotati. In questo senso, non vi sarebbe una differenza qualitativa fra l'artista vero e proprio e la persona incolta che, mediante un fenomeno di personificazione, improvvisamente scrive ottimi romanzi, compone della musica eccellente o dipinge quadri di valore, il tutto nello stile di qualche artista defunto. In effetti, sia l'artista che il semplice medium non farebbero altro che attingere a un deposito di emozioni, pensieri e creazioni che esisterebbe già fuori di loro, in attesa di essere utilizzato.

 

In tutto questo, però, a noi sembra di scorgere non solo una potenziale ricchezza, ma anche un potenziale pericolo.

Oggi va molto di moda la pratica del cosiddetto channelling e si odono dappertutto persone, in genere seguaci entusiasti delle dottrine New Age, che sostengono di possedere uno spirito-guida che li ispira nelle loro creazioni pittoriche o letterarie. Oltre a ciò, di solito lo spirito-guida trasmette lunghi messaggi filosofici per "aprire il livello coscienziale" del soggetto e per predisporlo ad accettare nuove, imminenti rivelazioni, che possono giungere fino allo sbarco di esseri extraterrestri dalle loro astronavi: evento al quale il soggetto dovrebbe, appunto, predisporre l'umanità nell'attuale fase evolutiva del cosmo. Sono anche stati scritti numerosi libri su questo argomento, e qualcuno è arrivato al punto di esaltare, come proprio spirito-guida, niente meno che il diavolo, visto, ovviamente, non come il signore del Male, ma come il signore (incompreso) della libertà e della creatività. (4)

Ebbene, tutto questo ci sembra francamente un po' folle, se non anche, come dicevamo, francamente pericoloso. Bisognerebbe essere molto cauti sia nella pratica della scrittura automatica, sia nel "gioco" delle tavolette oujia, sia, e a maggior ragione, nelle sedute spiritiche, nella tecnica del cosiddetto "viaggio astrale" e, ovviamente, nelle pratiche di magia basate sulla evocazione di entità non umane. In tutti queste operazioni, dalle più innocenti alle più spettacolari e drammatiche, la personalità di colui che vi si assoggetta si espone a un grave rischio, in quanto lascia temporaneamente la sua sede naturale e invita, volontariamente o meno, a penetrarvi delle forze ignote, che possono essere di tutt'altra natura da quella che egli crede, o che loro stesse dicono di rappresentare.

Quando la dimensione cosciente dell'Io si allontana dal proprio corpo e, nello stesso tempo, invita altre forze coscienti a mettersi in contatto con lei, può succedere che si presentino delle entità maligne e invasive, le quali non chiedono di meglio che poter occupare la soglia rimasta vuota di un Io incarnato, e servirsi del suo corpo per muoverlo secondo la loro volontà e i loro scopi. Senza giungere fino all'ipotesi più grave di tutte, quella dell'infestazione e della possessione demoniaca, ricordiamo che secondo numerose scuole di pensiero, sia occidentali che orientali, la dimensione invisibile è addirittura pullulante di entità disincarnate che si aggirano senza pace, desiderose di trovare un corpo in cui entrare o un luogo in cui insediarsi. Può trattarsi di semplici residui psichici, simili a gusci vuoti di un Io defunto che si sta lentamente disgregando, almeno nei suoi livelli più elementari (il cosiddetto corpo astrale, per esempio); ma può trattarsi anche di personalità disincarnate perfettamente coese e ansiose di ritrovare una possibilità di esistenza sul piano fisico, parassitando qualche essere vivente.

Quello che è certo è che noi non sappiamo quasi nulla circa la natura delle forze che vengono evocate nella pratica del channelling e, tanto più, nelle sedute spiritiche o nei cerimoniali di magia nera; e che, forse, sarebbe bene osservare una maggiore prudenza, perché né il channelling è così innocente come comunemente si crede, né lo sono, tanto meno, lo spiritismo e la magia. Il primo equivale, puramente e semplicemente, a una pratica di necromanzia o evocazione dei morti; la seconda tende ad aprire una finestra spazio-temporale su dimensioni assolutamente sconosciute. Chi si dedica a simili attività, deve sapere che sta scherzando col fuoco, e che lo fa a proprio rischio e pericolo.

 

Da ultimo - anche se le cose da dire sarebbero ancora moltissime - ci sembra che Ugo Déttore abbia bene sintetizzato il quadro conclusivo, prospettando due interpretazioni globali circa il fenomeno della personificazione.

La prima è quella che postula l'esistenza di una psiche universale, o della specie o del gruppo, che sarebbe sempre in contatto con gli Io individuali e che prenderebbe in certe occasioni, per suoi particolari fini, una propria iniziativa, provocando nel medium fenomeni chiaroveggenti e vere attività creative, di cui egli sarebbe incapace. La seconda, invece, suppone che il fenomeno dipenda  dall'iniziativa da una personalità realmente vissuta, la quale si sostituirebbe, più o meno integralmente, alla personalità del medium.

Aderire all'una o all'altra delle due teorie è - ci sembra -, alla luce della complessa casistica esistente, questione di gusti, almeno allo stato attuale delle nostre conoscenze.

Esiste, tuttavia, una terza possibilità, che Dèttore non prospetta perché egli preferisce limitare la prospettiva della sua ricerca in senso rigorosamente fisico e immanentistico: e cioè che una parte almeno dei fenomeni di personificazione traggano origine, come sopra abbiamo prospettato, da una vera e propria irruzione di entità non umane nella sfera dell'umano. Tutti i fenomeni collaterali, dalla precognizione alla retrocognizione, per non parlare dei fenomeni fisici che, sovente, accompagnano la personificazione improvvisa da parte di un sensitivo (apporto od asporto di oggetti, anche pesanti; fenomeni di poltergeist, e via dicendo) si possono spiegare altrettanto bene ricorrendo a questa terza ipotesi. E lo stesso vale per la xenoglossia e per tutte quelle conoscenze che nessuno dei presenti possiede, compreso il medium, ma che la personalità "emersa" possiede benissimo.

Che altro dire?

Qui, più che mai, ci sembra appropriata la riflessione di Shakespeare nell'atto primo dell'Amleto: che, cioè, esistono molte più cose, fra la terra e il cielo, di quante non arrivi ad immaginarne tutta la nostra presuntuosa filosofia.

 

 

NOTE:

 

1)      Ugo Dèttore, Le due facce della realtà (prima edizione con il titolo Normalità e paranormalità), Armenia Editore, Milano, 1977, pp. 312-320.

2)      Cfr. Francesco Lamendola, da dove vengono le materializzazioni del pensiero?, consultabile sui siti di Edicolaweb e di Arianna Editrice.

3)      L'episodio è riportato in Charles Berlitz, Il libro dei fatti incredibili ma veri, Rizzoli, Milano, 1989, pp. 191-193.

Cfr. Igor Sibaldi, Il frutto proibito della conoscenza, Frassinelli Editore, Milano, 2002.