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La guerra nel carrello della spesa

di Nick Turse - 03/06/2008

 


Anche Pepsi, Apple, Krispy Kreme e altre aziende traggono profitto dall’Iraq

Lo scorso mese un'indagine sulle dichiarazioni di aperture finanziarie per il 2006 del Congresso, da parte dell’apartitico Center for Responsive Politics [Centro per una Politica Responsabile n.d.t.] ha scoperto che i legislatori hanno investito addirittura 196 milioni di dollari “ in aziende in affari col Dipartimento della difesa che hanno guadagnato milioni dall'inizio della guerra in Iraq”. Un articolo della Associated Press relativo a questo rapporto, però, offriva un avvertimento: “non tutte le aziende su cui hanno investito i legislatori sono tipici contractors della difesa. Aziende come PepsiCo, IBM, Microsoft e Johnson & Johnson hanno ad un dato momento ricevuto contratti legati alla difesa”.

Ma la Associated Press si sbaglia. Il fatto è che aziende come PepsiCo, IBM, Microsoft e Johnson & Johnson sono, di fatto, tipici appaltatori della difesa. Suggerire che tali compagnie, e decine di migliaia come loro, ricevano contratti legati alla difesa solo nel momento peggiore e particolarmente aberrante è quanto meno ingannevole.

Nel 1961 Dwight D. Eisenhower, nel suo famoso discorso d’addio come presidente, avvertì sulla “acquisizione di influenza incontrollata” da parte di quello che egli definì “il complesso militare-industriale” negli Stati Uniti. Oggi, però, la “grande industria delle armi” di Eisenhower e' solo una parte di una complessa equazione. Aziende civili come PepsiCo e IBM formano l'impalcatura di quello che potrebbe essere più accuratamente descritto come il “complesso militare-aziendale”. Queste aziende permettono al Pentagono di funzionare, di fare guerra e compiere occupazioni di paesi stranieri.

Per esempio, nel 2006, l'ultimo anno per cui sono disponibili statistiche ufficiali, PepsiCo e IBM sono risultate tra i 100 maggiori appaltatori del Pentagono, guadagnando rispettivamente $286,696,943 e $291,825,309. Non è stata un'anomalia. L'anno precedente ricevettero ciascuno $233,053,993 e $382,408,117, secondo i documenti del Dipartimento della difesa. Difatti entrambe le aziende sono state appaltatori della difesa ogni anno almeno dal 2000. E non c'è nulla di speciale o di strano nella PepsiCo o nella IBM, per quanto riguarda il Pentagono.

Quasi 10 anni dopo il discorso di addio di Eisenhower vi erano ancora solamente 22.000 appaltatori diretti che facevano affari con il Dipartimento della difesa. Oggi tale numero arriva a 47.000. Mentre i ben noti grandi produttori di armi -- Lockheed Martin, Boeing, Northrop Grumman e General Dynamics -- rimangono gli appaltatori principali, essi appaiono sminuiti dall'enorme numero di altri appaltatori che provengono da tutti i settori economici immaginabili.

Questi vanno da costa a costa e in tutto il mondo, da giganti dell'intrattenimento come Columbia TriStar e Twentieth Century Fox a titani della produzione automobilistica quali Ford e General Motors sino a potenti protagonisti di Big Pharma [l’industria dei farmaci n.d.t.] quali la Pfizer. Persino la catena Krispy Kreme Doughnuts ha guadagnato quasi $ 500.000 dal Pentagono nel 2006, mentre la coca cola se l'è cavata con più di $ 100 milioni dei contribuenti.

Nel 2006 la lista dei 100 maggiori fornitori del Pentagono includeva anche ben note aziende civili come Tyson Foods ($335,239,095), Goodrich Corp. ($344,091,017), Procter & Gamble ($362,461,808), Kraft Foods ($500,799,104), Dell ($636,343,593), ExxonMobil ($1,176,354,936), FedEx ($1,303,032,027) e General Electric ($2,327,705,161). Nel libro paga del 2006 del Pentagono vi erano anche appaltatori spesso ignorati come la casa del topo animato Walt Disney Co. la Apple produttrice di iPod, la Oakley, approviggionatrice di occhiali da sole, il gigante della cioccolata Nestle, il produttore di ketchup Heinz e la Hershey, produttrice di barrette di cioccolato.

Questi sono, difatti, i “tipici appaltatori della difesa” di oggi. Sono aziende che prendono regolarmente dal Pentagono assegni, finanziati con le tasse, per servizi e beni (destinati principalmente ai più di 1,3 milioni di membri attivi delle forze armate). Pochi realizzano il vero aspetto e forma della nuova economia Usa “militarizzata”. Non si tratta semplicemente della classica “industria permanente degli armamenti” -- è civile e ampiamente diffusa.

In realtà, che ci piaccia o meno, che ci importi o no, vi partecipiamo tutti. Quando compriamo il dentifricio Crest (Procter & Gamble), gli hot dog Oscar Mayer (Kraft) o una PlayStation 3 (Sony), di fatto stiamo appoggiando un'economia militare sempre più orientata al civile ed un'economia civile sempre più militarizzata. Come tale sempre più aziende Usa vanno in guerra, e, anche se sempre meno americani sono interessati a prestare servizio militare volontario, è sempre più vero che, con il flusso dei nostri dollari, un numero sempre maggiore di noi sta andando in guerra con loro.

Potreste pensare, naturalmente, che non c'è nulla di sbagliato nel fatto che i militari comprino la Pepsi.

“Qual'è il problema?” vi chiederete. I soldati devono pur bere qualcosa, proprio come tutti noi, allora perché non la “ solida, robusta, effervescente e magica cola”, come la Pepsi descrive se stessa? Lo stesso vale per gli hot dogs e il dentifricio.

Ma, onestamente, se la pensate così (e chi non lo fa?), non afferrerete mai appieno cosa è successo, da un punto di vista piu' ampio, alla nostra economia e alle nostre vite. Non saprete mai quanto siano divenute, letteralmente, vicine le paure di Eisenhower nel corso della seconda metà di un secolo.

Non si tratta di una bottiglia di Pepsi o dei Krispy Kreme Doughnuts o di una torta Sara Lee. Non si tratta di quali hot dogs le truppe mangino o quali computer usino --che sia per lanciare i missili o leggere e-mail. Non si tratta del boicottaggio di una marca o di un'azienda o di un conglomerato nella speranza di rallentare lo sforzo bellico. Se iniziaste ciò, nella nostra economia militarizzata, alla fine rimarreste nudi, affamati e nullatenenti.

Ciascuna di queste marche, aziende o conglomerati, di per sé appare qualcosa di piccolo. Ma assieme l'effetto è terrificante: quasi ogni prodotto nella vostra dispensa, ogni elettrodomestico in casa vostra, ogni bit di equipaggiamento di intrattenimento casalingo ad alta tecnologia, persino il vostro giornale del mattino (la Tribune Co., che è proprietaria del Los Angeles Times, è stata anch'essa un'appaltatrice minore del Pentagono nel 2006) è oggi direttamente o indirettamente legato al Pentagono tramite l'azienda che lo produce.

Il vero problema è che dal complesso militare-aziendale non si può scappare ed è nascosto alla luce del sole, se solo volessimo guardare.

E proprio il momento di riconoscere almeno che PepsiCo, IBM, Microsoft, e Johnson & Johnson quasi ogni altro gigante aziendale (e migliaia di migliaia di pesi piuma del mondo commerciale) traggono beneficio non solo dai nostri acquisti di cola, computer, software e cerotti ma, tramite il Pentagono, dai dollari delle nostre tasse. Sappiamo tutti cosa sta facendo il Pentagono all'estero, e cosa ciò abbia significato per gli iracheni.

Napoleone avrebbe detto che “un esercito marcia sul suo stomaco”. Per tutti gli anni futuri di occupazione, e anche per le prossime invasioni, ricordatevi che, qualunque terra occupi, il Pentagono marcia su uno stomaco riempito di Cap'n Crunch, Rice-A-Roni e Diet Pepsi Vanilla -- e, sempre di più, voi marciate insieme ad esso.

Nick Turse, editore associato di Tomdispatch.com è autore di "The Complex: How the Military Invades Our Everyday Lives," appena pubblicato da Metropolitan Books.

Titolo originale: " War's Shopping Cart"

Fonte: http://www.latimes.com/
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19.04.2008

Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da ALCENERO