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Sprechi di Stato: la destra come la sinistra. I tribunali militari e il taglio dei tagli

di Stella Gian Antonio - 03/06/2008

 

Oltre 100 giudici da ridurre di due terzi, ma il governo li proroga

Mario Draghi incita a «puntare sulla produttività»? Et voilà, il governo risponde. Annullando («provvisoriamente»: all' italiana) la sospirata soppressione che già era stata decisa di due terzi dei tribunali militari. Dove ogni magistrato ha un carico di lavoro 660 volte inferiore a quello dei colleghi ordinari. Renato Brunetta, ci scommettiamo, non ne sapeva niente. Sennò sarebbe saltato su: «Ma che razza di messaggio mandiamo al Paese?». Mettetevi al posto suo: come può tentare una svolta copernicana annunciando il licenziamento dei dipendenti pubblici fannulloni, se poi gli buttano tra i piedi una leggina come quella portata in Consiglio dei ministri da Ignazio La Russa? C' erano voluti anni, perché finalmente venisse presa la decisione e fosse fissata una data: 1 luglio 2008. Macché: tutto rinviato. Di sei mesi. Per l' ennesima volta. A Cagliari, dove l' ultimo verdetto è stato emesso per un soldato che aveva attraversato il piazzale della caserma senza basco, hanno tirato un sospiro di sollievo. I giudici con le stellette (in realtà sono giudici uguali a tutti gli altri, solo che hanno fatto un concorso a parte) si interrogavano angosciati: cosa sarebbe stato dei due (due!) processi pendenti che si spartivano in tre? Chi si sarebbe occupato dell' accusa a una recluta di aver rubato un portafogli? Chi avrebbe gestito l' istruttoria contro un giovane che aveva mandato a quel paese un sergente? Direte: tre magistrati per processi di questo genere! Eppure sono praticamente tutti così. Tutti. Basti ricordare quelli al centro delle sei udienze (sei) che nel 2006 hanno stremato di fatica (un' udienza ogni due mesi, da spartire in quattro) i magistrati della Procura Generale Militare presso la Cassazione. Un ricorso riguardava un carabiniere che, in convalescenza, «non ottemperava all' ordine intimatogli di fermarsi nei locali della Compagnia per la definizione di una pratica». Un secondo, un maresciallo e un brigadiere dell' Arma che si erano insultati sanguinosamente con le seguenti frasi testuali: «Vengo a contarti tutti i peli nel...». «Sei un coglio...». Un terzo, un militare che, dopo un' esercitazione, si era tenuto due proiettili: «Ritenzione di oggetti da armamento». Condanna: un mese e 24 giorni. Basta, scrissero al Corriere gli allora ministri della Difesa Arturo Parisi e della Giustizia Clemente Mastella. Lo ammettevano: la situazione era «inaccettabile». Ovvio. In tutto, c' erano allora 103 giudici militari dei quali 79 in nove tribunali sparpagliati per la penisola (Roma, Torino, La Spezia, Verona, Padova, Napoli, Bari, Cagliari e Palermo, con competenze così strampalate che dei reati commessi a Ferrara non decide la vicina Padova ma La Spezia), 17 nelle tre corti d' Appello (Roma, Napoli e Verona), 4 alla Procura Generale Militare presso la Cassazione e gli ultimi 3 al Tribunale di Sorveglianza militare. Centotré magistrati con settanta autoblu e circa 700 dipendenti per un totale di poco più di mille sentenze l' anno. I due ministri, diceva la nota congiunta, ritenevano «imprescindibile ridefinire gli attuali assetti, riducendo il numero complessivo degli Uffici Giudiziari Militari, giudicanti e requirenti, di ben due terzi: cioè da 12 a 4 (3 Tribunali e un' unica Corte d' Appello, senza Sezioni distaccate)». La decisione era presa. Adesso toccava al Senato fare la sua parte per correggere quell' «apparato di giustizia di dimensioni divenute ormai certamente eccessive». Tre giorni dopo il solenne impegno, il taglio promesso veniva tagliato. Per essere rinviato alla Finanziaria. La quale, finalmente, confermava: riduzione di due terzi. Entro il 1° luglio. Con passaggio di 35 magistrati militari (e Dio sa quanto possano essere più utili) alla giustizia ordinaria. E smistamento degli altri, recalcitranti all' idea di spostarsi (Gaetano Carlizzi confidò la sua pena all' idea di essere sepolto dai fascicoli preferendo «continuare a coltivare i miei amati studi») nelle tre sedi rimaste: Verona, Napoli e Roma. Risparmio complessivo per il 2008: 848 milioni di euro. Per il 2009: un miliardo e 340 milioni. Un anno dopo, quella situazione bollata come «inaccettabile» dai predecessori di Angelino Alfano e Ignazio La Russa, è peggiorata ancora. E se è vero che i tre giudici di sorveglianza con 32 impiegati e dipendenti vari hanno raddoppiato il carico di lavoro passando da uno (Erich Priebke, agli arresti domiciliari per la strage delle Fosse Ardeatine) a due detenuti (l' ottantacinquenne «boia di Bolzano» Michael Seifert), le sentenze emesse sono precipitate fino a 380 (quattro l' anno a magistrato), i processi pendenti sono scesi da 620 a 160. Uno virgola sette per ciascuno dei 93 giudici effettivamente in servizio. Un carico di lavoro, come si diceva, 660 volte più leggero di quello che grava sugli 8.454 magistrati penali e civili che ne hanno 1.123 a testa. Eppure, ancora una volta, è saltato tutto. E i risparmi? Ciao. Dice Bartolomeo Costantini, presidente dell' Associazione Nazionale Magistrati Militari, che la scelta del governo concede «tempi di attuazione più razionali» che consentono «a tutti i magistrati di continuare a lavorare e di non trasformarsi in "fannulloni" a tempo pieno» restando «sospesi a mezz' aria» in attesa «di diventare magistrati ordinari o magistrati militari nelle sedi sopravvissute». Dicono i critici che no, era già tutto deciso, i tempi c' erano tutti e il rinvio è solo l' ennesima vittoria della solita lobby. Vedremo. Ma certo, da oggi, la barricata dei fannulloni è ancora più difficile da rimuovere: «Se avete fatto quel regalino ai giudici con le stellette....».