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Telecom licenzia, la borsa applaude

di Marco Cedolin - 06/06/2008

 

 

Telecom ha varato ieri il nuovo “piano di efficienze” che prevede la riduzione di 5000 dipendenti entro il 2010, con conseguente risparmio, una volta a regime, di 300 milioni di euro l’anno. Oggi Piazza Affari ha accolto favorevolmente quella che viene definita una “riorganizzazione interna”   determinando un rialzo del 4,38% del titolo Telecom e Dresdner Kleinwort ha immediatamente rivisto al rialzo il giudizio su Telecom Italia   da “hold” a “add”, correggendo anche il target di prezzo da 1,5 a 1,65 euro, per la gioia dell’ad Franco Bernabè.

 

La notizia è tutta qui, in uno scarno trafiletto di poche righe semi nascosto fra le pagine dei giornali, che utilizzando i tecnicismi del linguaggio economico, annuncia il licenziamento di 5000 lavoratori della Telecom, presentando la catastrofica operazione come un brillante piano finalizzato ad aumentare la redditività dell’azienda. Piano così brillante da avere determinato l’immediato apprezzamento da parte della borsa  e delle banche d’affari preposte al giudizio sul titolo. Neppure una parola sulle conseguenze sociali dell’operazione, nessuna considerazione sulle ripercussioni in termini occupazionali, nessuna riflessione sul fatto che il taglio sistematico del personale e le esternalizzazioni dei servizi siano ormai rimasti gli unici strumenti attraverso i quali le grandi aziende costruiscono gli incrementi di redditività.

 

Che si tratti di aziende pubbliche, le Ferrovie di Stato hanno annunciato lo scorso anno il licenziamento di 10.000 dipendenti nel piano industriale 2007 – 2011, di grandi gruppi bancari, Monte dei Paschi di Siena ha reso noti nel piano industriale 2008 – 20011 la cessione di 125 sportelli e l’eliminazione di 1700 dipendenti, di aziende della grande distribuzione, Unieuro provvederà alla chiusura di 40 dei suoi 150 punti vendita o di colossi delle telecomunicazioni, la parola d’ordine rimane sempre la stessa: ridurre il numero degli occupati per recuperare briciole di redditività che consentano migliori performance sui mercati finanziari.

Per quanto concerne invece il “mercato del lavoro” l’omertà dei media a questo riguardo è totale, camuffata al meglio fra i dati dell’Istat che inspiegabilmente continuano a rilevare il calo della disoccupazione e qualche notizia sulle famiglie che stentano ad arrivare alla fine del mese, mentre la sempre più folta schiera dei dipendenti “eliminati” dai piani di riorganizzazione delle società sembra costituita da entità ectoplasmatiche di cui nessuno parla, simili a un grido sommesso ed inascoltato, coperto dal fragore degli applausi delle borse.