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"Fascista, non puoi fare l'esame"

di Massimo Numa - 07/06/2008






Uova e insulti degli autonomi: una studentessa di destra cacciata dall'università

Alla fine ha rinunciato. Niente esame di procedura penale, il terz'ultimo prima
della laurea. Augusta Montaruli, 24 anni, studentessa di legge a Torino e dirigente
di An-Azione Giovani, ieri mattina è stata affrontata da un gruppetto di autonomi,
decisi a impedire le prove d'appello per ricordare gli incidenti alla Sapienza. Lei
gira da quattro anni sotto scorta. Tre amici che la proteggono da insulti e anche
aggressioni fisiche. «Sono abituata a questo clima, ma oggi era proprio
impossibile. Ho ceduto per difendere gli studenti nella mia situazione. Assurdo».

«Fascistella, te ne devi andare. Qui non puoi entrare», le urlano. C'è anche uno
slogan dedicato e lei: «Le donne di destra non sono liberate, sono solo serve e non
emancipate». Le più accanite sono le ragazze. Neanche fosse una questione
personale. Augusta è anche protagonista di un fumetto, pubblicato su un sito
anarchico. Con una conclusione agghiacciante: «Premi con forza la faccia
dell'Augusta per capire che pensa». L'Augusta ha 24 anni, di cognome fa Montaruli.
Autonomi e sinistra radicale avevano organizzato il presidio. Immediata la
contro-manifestazione dei ragazzi di destra. Lei è un tipo gracile, indossa un
trench bianco e resta immobile per ore davanti all'ingresso, circondata dai
militanti di An. Di fronte, una ventina di autonomi del collettivo universitario.
Nasce così un'interminabile, bizzarra mattinata. Da una parte, verso l'uscita, il
gruppetto di antagonisti. In mezzo un robusto cordone di poliziotti, diretti dal
capo della Digos di Torino in persona, il vice-questore Giuseppe Petronzi.
Ricapitolando: quelli del presidio di An, secondo gli antagonisti (striscione:
«Via i nazi-fascisti dall'Università») non dovevano assolutamente uscire
dall'ingresso principale, semmai da quello posteriore, tanto da rimarcare una fuga
ingloriosa. Gli avversari non hanno ceduto di un millimetro, sino a quando gli
appelli non sono finiti. La pazienza dei poliziotti è stata messa a dura a prova.
Quando il leader, il dottorando Davide Grasso, ha tentato di aggirare gli agenti del
reparto mobile, ed è stato allontanato senza se e senza ma, e quando, al 90', la polizia
è avanzata con decisione, sino a sospingere fuori dai cancelli gli autonomi, fradici
di pioggia.

Cortine di fumogeni, lanci di uova e slogan funerei: «Camerata basco nero il tuo posto
è al cimitero». Poi richiami nostalgici alle fucilazioni di massa delle «camicie
nere». Scene di una guerra virtuale, come non accadeva da tempo, e seguite con estrema
nonchalance dalla grandissima maggioranza dagli altri studenti. Acqua a dirotto;
sotto le tende del chiosco-bar «Il rettore», gelati e coca-cola per ingannare il
tempo, in attesa che lo spettacolo finisse. Chissà, magari con uno scontro vero, e non
solo a parole. Risate e battute.

Ezio Pelizzetti, il rettore, non ride affatto. «Non credo assolutamente che sia
giustificato questo clima di intolleranza. Tutti hanno il diritto a manifestare le
proprie idee. L'università è un luogo di confronto, di scambi di idee e di pensiero.
Devo dire che gli studenti torinesi sono 75 mila e solo una piccolissima percentuale
ha scelto la strada della violenza. Spiace che le forze dell'ordine siano costrette a
intervenire per garantire un clima libero. Noi, d'altra parte, che possiamo fare?
Spiace per la studentessa, che ha rinunciato a sostenere l'esame».