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Khomeini. Arriva il primo film che svela l’ayatollah

di Andrea Tarquini - 11/06/2008

 

 

 

Per milioni di seguaci e fedeli nel mondo fu il Santo, il salvatore. Le potenze occidentali videro in lui la sfida più temuta, il nemico più pericoloso. Oggi, 19 anni dopo la sua morte, l’Imam Ruhollah Khomeini diventa per la prima volta protagonista d’un film sulla sua vita. "Farzand-e-sobh", figlio dell’aurora, s’intitola il lungometraggio che Behruz Afkhami, un noto regista iraniano, ha quasi terminato di girare. Uscirà tra fine estate e inizio autunno. Narra soprattutto della sua infanzia, attraverso flashback dei suoi ricordi di uomo ormai anziano. Lo racconta quale persona. Per questo, come scrive la Frankfurter Allgemeine citandolo, il film non piace agli ultraconservatori: secondo Afldlami preferirebbero ridurne la memoria a mito-icona da sfruttare. Ed ecco invece che, nel bel mezzo della crisi-negoziato mondiale sulla politica atomica di Teheran e del confronto interno tra più linee, una pellicola fa tornare il leader della rivoluzione del 1979 come figura in carne ed ossa.

 

E’ stato un lavoro complesso, un film difficile. Pieno d’ammirazione per il personaggio ma realista. Dice Afkhami: «Io l’ho amato, ci ha restituito il senso del valore personale di noi stessi. E stato un momento di svolta della storia, ma anche la mia personalità come regista è stata influenzata da lui. Tutti noi pensammo che avrebbe potuto varare cambiamenti globali. E’ stato un eroe tragico, avanti rispetto ai suoi tempi».

 

Quando il film uscirà, sarà una verifica importante sull’Iran di oggi, e sul rapporto tra artisti e censura. Fin dall’inizio, spiega Afidi ami, sono venute pesanti critiche integraliste. «Il giornale ultraconservatore Kehyan ha lanciato tali attacchi che alcuni attori hanno abbandonato il set». Persino la scelta dell’attrice Hediyeh Tehrani per impersonare la balia di Khomeini è stata criticata perché l’artista è ritenuta troppo erotica. Ma il film uscirà. Afkhami, che adora Heidegger e Alfred Hitchcock, ha voluto rendere al pubblico una persona, prima bambino, poi adulto (impersonato dall’attore Abdurreza Akbari) che soffre e affronta traumi che gli segnano la vita. Dall’assassinio del padre, quando Ruhollah aveva un anno, all’infanzia, adolescenza e giovinezza quando assiste alla brutale campagna di secolarizzazione di Reza Khan, alla profanazione delle moschee, alla repressione contro il clero sciita.

 

Le scosse della Storia marcano con duro realismo la vita del Khomeini cinematografico. «Durante la vita dell’Imam - dice Afkhami - il modernismo è fallito e ha fatto sorgere la sua antitesi: da voi il Sessantotto, da noi dieci anni dopo la rivoluzione. Lui non era antimodernista ma postmoderno». L’ammirazione critica per l’Imam sembra muoverlo. Il film ha un ritmo drammatico, il regista sta tentando di affidare la colonna sonora a Ennio Morricone o a suo figlio Andrea, ma pare senza successo. «Pressioni contrarie della Voice of America», afferma.

 

L’infanzia attraverso repressione e guerre, l’adolescenza con gli studi islamici, poi nei flashback l’esilio in Iraq e dopo alle porte di Parigi, infine il ritorno trionfale a Teheran che lo scià ha abbandonato. I grandi momenti della vita dell’Imam sono narrati con adorazione per un Khomeini visto come la figura della liberazione dal dominio di culture straniere. Un Khomeini oltre il culto della personalità: più che agiografia, la vicenda d’una grande personalità al centro della Storia.