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L'expo: un requiem aeternam per la città e la cultura urbana europea

di Nicola Piro - 11/06/2008

 

 

Il tripudio

Tuttii, indistintamenti tutti, hanno tripudiato dopo il responso del Bureau International des Expositions che ha ha assegnato la kermesse al capoluogo lombardo: la capitale morale d’ Italia. E, come in tutte le kermesse di questo strano e pazzo Paese, i media ci hanno servito una grande manifestazione  di allegria generale, rumorosa ed irresponsabile: la commozione di Letizia Moratti ed il sorriso soddisfatto di Roberto Formiconi. Romano Prodi, reclamando il successo per il governo, “dedica questa vittoria all’ Italia perché se lo merita…l’ incrediente segreto è stata l’ unità” che è stata tanto coesa da farla sprofondare anche in quello schrigno dei rifiuti di Napoli che gelosamente custodisce il tanto decantato Made in Italy (In allarme in quanto troppo vulnerabile per essere stato costruito sulla sabbie mobili del fatuo o dell’ ingannevole apparenza). Sopraggiunge ansimante Massimo D’ Alema per sottolineare che “ogni volta che ci siamo candidati a livello internazionale abbiamo sempre vinto, vuol dire che questo Paese è migliore di come lo raccontiamo”. Ha ragione da vendere, il ministro degli Esteri. Peccato che a dargli un sonoro ceffone è il generale  Fabio Mini il quale nelle recente intervista concesse a Rinascita, il quotidiano della Sinistra Nazionale, tralaltro così si è espresso: L’ Italia di questi ultimi dieci anni appartiene al novero dei paesi a sovranità limitata. Non ha mai voluto esprimere una politica propria in ambito Nato ed è tranquillamente passata da un sostegno agli interessi collettivi a quello degli interessi del più forte. Non ha voluto o potuto esprimere un forte appoggio neppure per l’ Europa e di fatto quandi si è trattato di scegliere tra l’ unità europea e l’ acquiescenza  nei confronti degli interessi americani ha sempre optato per quest’ ultima. Il sostegno alla Serbia, se mai c’ è stato, non poteva più proseguire di fronte alle pressioni americane. È una triste realtà che viene resa drammatica dal fatto che la politica di acquescienza finora adottata non ha portato alcun vantaggio né all’ Italia né all’ Europa. Non ha neppure portato benefici agli stessi Stati Uniti che dovendo ricorrere alla forza e all’ arroganza non hanno fatto altro che perdere credibilità e autorevolezza. Poi il segnale dal Colle: Il brillante risultato odierno premia lo sforzo comune e la vincente strategia di cooperazione fra tutte le Istituzioni interessate , confermando come l’ eccellenza del sistema Italia sia pienamente riconosciuta ed apprezzata a livello internazionale. Infine le solite inconcludenze del signor Silvio Berlusconi il quale quando apre bocca non si accorge di farsi male. È come l’ altro: la Boccadimiele del signor Walter Veltroni. Entrambi provenienti da fallimentari esperienze politiche – il primo consigliere di maggioranza di FI nella fogna milanese, l’ altro ex borgomastro nelIa cloaca capitolina - entrambi aspiranti alla conduzione del prossimo esecutivo di governo…entrambi riusciti a catalizzare l’ attenzione (si fa per dire) di quegli italiani che hanno gli occhi all’ altezza delle ginocchia e il cervello incastonato nel 23.

   L’ effeto Expo si è fatto sentire subito a Piazza Affari con i titoli legati alle costruzioni in mano dei condor (Impregilo, Italcementi, Astaldi, Caltagirone, Bastogi, ecc.) che roteano sul cielo della Madunina

 

La realtà

Quella di un paese, l’ Italia, dove non esiste: una Legge urbanistica “nazionale” (quella fascista, nata ottima in quanto concepita da gente preparata e non politicizzata dal regime, come il “padre giuridico” Virgilio Testa, n.1150 del 17 agosto 1942, dovrebbe essere aggiornata. Ma da chi ? Dall’ architetto Vezio De Lucia, urbanista di fama internazionale e tra i protagonisti che hanno elaborato la proposta di Eddyburg, del quale nessuno sa dove si trovano le città da lui pianificate e che esorta a votare Sinistra Arcobaleno per salvare la capitale dallo sfascio ereditato dal Walter Veltroni e da Roberto Morassut ?); Un Ordinamento “nazionale” per l’ uso degli edifici; Regolamenti edilizi “regionali”, ecc., tanto per citare una residua parte della pregevole messe contenuta nel Diritto urbanistico, edilizio, contrattuale, gestionale, professionale con la quale ci “vizia” la Repubblica Fed. le di Germania.

   Nel merito un brevissimo riferimento al Regolamento edilizio “regionale” del  Nordreno-Westfalia che si compone di 90 paragrafi e, in particolare, al dettato del § 2: (1) Impianti edilizi sono collegati al terreno e costruiti con prodotti per l’ edilizia….(2) Sono edifici impianti edilizi utilizzati autonomamente che possono essere occupati dall’ uomo e che sono adatti o destinati a servire alla sicurezza di uomini, animali o cose… (3) Sono edifici di altezza relativa quelli nei quali l’ altezza del pavimento di un piano destinato ad ambienti di soggiorno in media non supera i 7 m sopra la quota del terreno. Sono edifici di altezza media quelli nei quali l’ altezza del pavimento di un piano destinato ad ambienti di soggiorno in media è compresa fra  7 e 22 m sopra la quota del terreno. Sono case alte (grattacieli, ndr) gli edifici nei quali il pavimento almeno di un ambiente di soggiorno a  più di 22 m sopra la quota del terreno…(4) La quota di riferimento del terreno è quella naturale, indicata nella concessione edilizia o nelle “prescrizioni” del Piano Particolaregiato (che “prescrive” e, pertanto, in un paese senza regole ed inquinato come la Bellitalia dovrebbe essere obbligatorio per tutti i Comuni così come avviene in un paese ordinato, che inquinato non è, come la Germania ! Giammai il Piano Regolatore Generale, che “indica”, come d’ uso nelle asinerie del Belpaese !!! ndr). Più chiaro di così si muore !

   Nel nostro caso siamo, cioè, nella fogna di Milano della signora Letizia Moratti e del suo efebo, l’ assessore alla Cultura prof. dott.(sic) Vittorio Sgarbi, ma anche del dott. ing h.c, (sic), Silvio Berlusconi, candidato nr. 1 alla guida del prossimo esecutivo (elezioni probabilmente da rinviare per la solita inettitudine degli organi decisionali e di controllo italiani), nella quale, come in tutte le fogne e cloache delle città piccole, medie e grandi italiane e, pertanto, come nella cloaca di Roma dell’ ex borgomastro Walter Veltroni e del suo paraninfo, il dott. arch. (sic) Roberto Moarassut,  mancano addirittura le ombre di efficienti Uffici Tecnici Comunali e di Uffici Comunali per lo Sviluppo e la Pianificazione urbana.    

   Inoltre non sappiamo chi è il genio, dott. architetto (sic) italiano che ha redatto il Piano–Master dell’ area dell’ ex Fiera del capoluogo lombardo considerata la circostanza che nelle facoltà di architettura del Belpaese gli studenti-pianificatori non vengono iniziati alla redazione sia del Piano Regolatore Generale (pianificazione “preparatoria”) che del Piano Particolareggiato (pianificazione “vincolante”), men che meno del Piano-Master; uno strumento di pianificazione privo, tralaltro, di legittimità giuridica al quale dovrebbe seguire la redazione di un Piano Particolareggiato, che legittimità giuridica ha.

   Quel cretino quotidiano che è il CdS, in quel “Finalmente ce l’ abbiamo fatta” di ieri (pesce d’ aprile 2008) scriveva che era la quarta volta che noi italiani ci impegnavamo a progettare e a organizzare una Expo, annoverando quella del ’42, che fu uccisa dalla guerra, lasciandoci in eredità le bianche vestigia dell’ Eur (povero G. De Rita !). Beh intanto al superficiale articolarista del CdS ricordiamo che quei luoghi voluti del Duce ancora oggi vengono visitati da studiosi e studenti di tutto il mondo e costituiscono già esempi “classici” di architettura e urbanistica “seria” e di  grande cultura.

   Dovremmo scioglierci qui in un exursus sul significato del termine latino di  “cultura”, da coltivare, il cui uso fu esteso poi a tutte le attività e situazioni che richiedevano un’ assidua cura, dalla “cura” verso gli dei, quello che tuttota chiamiamo “culto”, alla coltivazione degli esseri umani ovvero la loro educazione. Non ne vale la pena.

   Al signor De Rita rivolgiamo soltanto la preghiera di declinare meglio il termine “culturame”. Che è tutto l’ incontrario di cultura o paidéia (Platone, Aristotele) o humanitas (Cicerone) o kultur opposta a zivilisation, già nota in Immanuel Kant, prosegue lungo la storia del pensiero tedesco, via Schiller, Fichte, Schopenhauer, Nietzsche sino a Splenger (Tramonto dell’ Occidente) e nelle Considerazioni di un impolitico di Th. Mann. Ma ne vale la pena ? Giudichi, per favore, il normale lettore.

   In ogni caso i preparativi dell’ Expo del ’42 (EUR) su un’ area di 400.000 m2 a sud-est di Roma, tra il Tiber e l’ Abbazia delle Tre Fontane per ricordare il 21. Aprile 1942, la ricorrenza della fondazione di Roma, avevano luogo in un sano clima culturare (architettura e urbanistica) in quanto alla presenza di un Diritto urbanistico d’ avanguardia. Il “Colosseo quadrato” parlava ancora in lingua italiana sulla “Civiltà del Lavoro” (ricordiamo una stupenda prospettiva di La Padula)  degli architetti La Padula, Guerrini e Romano con quella scritta dettata da Mussolini (UN POPOLO DI POETI DI ARTISTI DI EROI DI SANTI DI PENSATORI DI SCIENZIATI DI NAVIGATORI DI TRASMIGRATORI), e cinque architetti italiani guidati da Marcello Piacentini erano sin dal 1937 al lavoro. La composizione dell’ impianto si articolava, come dagli esempi dell’ urbanistica romana (castra), sul tema del sistema assiale (Cardus e Decumanus) alle cui estremità (Porta decumana, Porta praetoria, Porta principalis dextra, Porta principalis sinistra)  si concentravano gli edifici principali. Il dibattito (sempre culturale) mediatico vivace fra “tradizionalisti”  -  denunciavano la “modernità” del nuovo stile fascista – e “razionalisti”, che volevano una architettura libera da fronzoli, fu intenso e talvolta polemico, come quando Giuseppe Pagano accusò Marcello Piancentini di essere un Vitruvio “gonfiato”. Anche F.T. Marinetti disse la sua sognando una “Città delle Avanguardie”, reclamando l’ intervento delle stars del tempo (Mallet-Stevens, Mies van der Rohe, Bruno Taut, Le Corbusier ed altri). In ogni caso il Duce aveva notizia del “Plan Voisin”, 1925, della “tabula rasa”  di Le Corbusier per Parigi (non volle ricevere l’ architetto francese che bramava d’ incontrarlo) e rifuggiva dalle proposte di Albert Speer per le “Visioni-Germania” della Berlino hitleriana. Le sue visite di cantiere erano soventi, come quelle per la costruzione della città di Latina (gli urbanisti Pezzotta e Savoia per il piano; l’ architetto Angelo Mazzoni – già autore della Stazione di Venezia – per alcuni edifici) passata alla storia come “città ideale” e splendidamente assunta come ispirazione del noto architetto tedesco Mainhard von Gerkan per la costruzione della città di Lingan New City, in Cina.

   E poi il Palazzo dei Congressi di Adalberto Libera con quella panca nella halle da un unico blocco di Calacatta, il Museo della Civiltà Romana degli architetti Aschieri, Bernardini, Pascoletti, Peressutti, terminato poi agli ainizi degli anni Cinquanta; la Chiesa dei SS. Pietro e Paolo in stile classico-palladiano di Foschini; l’ Arco Monumentale di A. Libera (1937), alto 170 m, luce 300 m, che avrebbe dovuto essere costruito in calcestruzzo armato o in alluminio. Ovunque, come in altre occasioni del passato (Il “Palazzo di Cristallo” di J. Paxton nell’ Hyde Park londinese, Expo del 1851: la “Torre Eiffel”, Expo di Parigi del 1889, ecc.) è il “gesto”, l’ architettura, a fare da padrona.

   A Milano , invece, il commercio ed un “déjà vu” di grattacieli senza anima (qualcuno sembra preso da crampi muscolari) che ci fanno dimenticare la grazia e il coraggiio del Burj Dubai, ancora in costruzione,  dei SOM o  il Millenium Tower di Foster and Partners per Tokyo o il Leadenhall Street di Richard Rogers a Londra o il Turning Torso di Santiago Calatrava a Malmö; per non parlare della Torre Pirelli di Gio Ponti e Pier Luigi Nervi (1956) e della Torre Velasca dei BBPR (1958), entrambe a Milano. In quella Milano orfana della voce di architetti con le palle che avrebbero dovuto far sentire la loro voce (la sdolcinata signora Daniele Volpi, presidente dell’ Ordine degli archh., chissà quali interessi rappresenta !), mentre un desolato “professore” del Polimi, certo Gianluigi Sartorio (al quale noi abbiamo fatto pervenire sufficienti indicazioni sul  “modus operandi” in Germania, in particolar modo sul ruolo preminente del Piano Particoleraggiato nel contesto della pianificazione urbana, senza aver ricevuto un “grazie”. Stessa sorte da una sedicente professore di urbanistica dell’ Unipa, certa Teresa Cannarozzo-Leone) si diletta a tenere corsi impropri di “Urbanistica Tecnica” a suon di 1.400,-- €, in assenza  di una netta distinzione tra Pianificazione e Urbanistica.

   Certo, non siamo noi a mettere in discussione le indubbie capacità professionali dei vari Zaha Hadid, Arata Isozaki, Daniel Libeskind, Cesar Pelli o dei Pei, Cobb & Partner  e le qualità di un Piano-Master senza anima. Ci sia, tuttavia, consentita la domanda: non si potevano individuare bravi giovani (che esistono) nel panorama professionale nostrano, capaci di coniugare tradizione e modernità nel solco della città europea e città storica “italiana”, in un Paese, cioè, dove la dimensione verticale dell’ edificio, ha avuto il suo battesimo: la Torre di Pisa di Guglielmo di Innsbruck e Bonanno Pisano, poi Giovanni di Simone, 1174-1350; la Torre Grossa, sede del Palazzo del Popolo o Municipio,  voluta dal vescovo di Volterra e le altre torri  volute dalla famiglie a San Gimignano, 1310; Il Campanile di San Marco di Venezia, 1392 ? Sono nate le scelta delle giunte meneghine succedutesi nel tempo da un processo di partecipazione e di coinvolgimento dei cittadini, della cultura italiana, sì, anche dell’ Unesco, in una città europea  carica di storia come Mediolanum con le sue offerte di cultura, tradizione, lavoro, ecc. ?

  L’ accostamento di alto spessore culturale e professionale, ma altrettanto pragmatico, del Prof. Albert Speer  (ASP) di Francoforte (Germania) - uno dei più esperti contemporanei di urbanistica, autore di tante news towns della Cina neo capital-comunista che sono già passate alla critica ed alla cultura urbana -  alla redazione del Piano-Master per il centro urbano della città di Colonia, è esemplare. Noi abbiamo l’ occasione (e la fortuna) di seguirne il percorso affascinante. Lord Norman Foster (mega-studio londinese nel quale lavorano più di 200 giovani architetti tedeschi !) progetta la Eco-City, “Masdar”, del futuro ad emissione e consumo “0” nel Golfo Persico.; in molte città mondiali (Barcellona, Lione, Mosca) si registra un nuovo rinascimento urbano….in Italia, la culla della città per antonomasia (la “polis” nella Magna Grecia; la città romana in tutto il mondo occidentale, “Londinum”, l’ odierna Londra; la città medievale; le “città ideali” del Rinascimento; la città barocca, Torino o Grammichele in Sicilia; le città moderne “ideali” del Fascismo, le lancette dell’ orologio segnano, invece, il tempo che più non è. Le città nella mani delle mafie politiche (Palermo, Napoli. Roma), prima, le periferie senza volto, poi, la città senza nome, oggi. Perché tanta disonestà politica e irresponsabilità intellettuale ? Cosa s’ insegna nelle facoltà di architettura ? O sono queste, come plasticamente ha sottolineato l’ architetto Gianni Muaratori, un “letamaio” ?

   Cosa succede a Milano ? Gli edifici (padiglioni) dell’ area  dell’ ex Fiera nella Milano industriale, dove s’ incontrarono Neoclassicismo, Liberty e Rationalismo, scompariranno o sono già scomparsi.  Edoardo Persico griderebbe allo scandalo ! Dal “Ground Zero Fiera” nascerà il nuovo quartiere della “CityLife” per i nuovi bonzi o nuovi ricchi che abiteranno nei lofts per sdolcinati mentre alla giovane coppia, ai singles, agli anziani ai nuovi “Les Miserables”, ai nuovi Oliver Twist, verranno offerti i ridicoli appartamenti in palazzi-dormitori costruiti dai vari Ligresti e associati, in areee precedentemente da loro requisite e che dovrebbero essere “per subito” espropriate. Senza “se” e senza “ma”…procedura mussoliniana !

   Standards qualitativi, controlli di qualità (costruttiva, urbana e architettonica) sono tabù. Nessuno parla…silentium est aurum o, come si dice nella mia città, Palermo: cuinnutu cu parra (cornuto chi parla). E chi parla, allora ? Chi controllerà gl’ interventi nel quartiere popolare “Isola”, nel quartiere artigianale “La Stecca” o il grande processo della “Matrioska” o della “Città nella città” ? Intanto gli avvoltoi come “Europa Risorse” o “Gruppo Risanamento” dell’ investitore Luigi Zunino (azzannato da una crisi finanziaria), hanno affondato i loro artigli sulla preda. Gl’ interventi nelle  ex aree Falk (Sesto San Giovanni) e Santa-Giulia (Rogoredo), hanno fatto da “prova generale”: lofts, parghi, giardini per degenerati. E il Berluska, consigliere comunale di FI, che vuole (ri)guidare il Paese allo sfascio,… e  la AN del rinnegato e dello sciacallo, che fa da reggistaffa al primo, cosa hanno da (ri)proporre agli Italiani ?  E il Veltroni “Boccadimiele” cosa intende offrire sul piatto d’ argento all’ ANCE se non 100.000 nuovi alloggi (non altre tipologie come: casetta unifamiliare, casa doppia, casa a schiera, casa urbana, tutte a scala di dignità di famiglia previste nei Piani Particolareggiati) per 3 miliardi sulla base dei soliti Piani di Edilizia Popolare. Già, per il “popolo” dei lavoratori di Veltroni che ha lasciato Roma nella cloaca.

   Milano, dunque: tra l’ area dell’ Ecopass e il perenne cantiere dell’ Arengario costruito negli anni Trenta dagli architetti Portaluppi, Muzio e Magistretti, mentre Italo Rota continua a dilettarsi in lavori di restauro nell’ assenza più assoluta di un piano strategico per il traffico mobile (arterie) e di sosta (parcheggi) ?

   La considerazione che ci poniamo e che vorremmo porre alla ”kultura o kulturame” della capitale morale dell’ Italia “repubblicona”, pertanto, è la seguente: Non v’ è dubbio alcuno che certe forme estreme dell’ architettura deconstruttivista (Libeskind, Gehry ed altri) destano una certa aggressione. Anche quelli dell’ irachena Zaha Hadid. Quali le ragioni, allora, della loro accettanza ? Il critico e fine architetto Alain de Botton sostiene la tesi secondo la quale con il loro magico riferimento alle macchine essi esprimono le promesse insite al mondo delle tecnologie. E poiché quelli che decidono sui progetti della Hadid, Libeskind ed altri della stessa specie presiedono i vertici della “grande” (sic) impresa, allora questi presumono di rappresentare la “vera” (sic) élite. Essi scoprono nella tecnologia del progresso tecnico l’ emozione. Altri hanno paura.

Cosa fare, allora ? Cuinnutu cu parra ! Eleggete il Berluska o il Boccadimiele: mutando l’ ordine dei fattori il prodotto non cambierà. E gli Italiani resteranno sempre fregati. È stato sempre così. NO ?