Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Petrolio: la super-mega speculazione

Petrolio: la super-mega speculazione

di Alfonso Tuor - 12/06/2008

Fonte: Corriere del Ticino

 

 

Al New York Mercantile Exchange vengono scambiati ogni giorno contratti

futures per 850 milioni di barili, 10 volte la produzione giornaliera di

greggio (che ammonta a 85 milioni di barili). «E' una mega bolla, ma non è

detto che scoppierà tanto presto».

 

 (WSI) - È sempre più difficile sostenere che l'impennata del prezzo del

petrolio non è dovuta in gran parte alla speculazione finanziaria,

soprattutto dopo il balzo di 10 dollari il barile registrato nella giornata

di venerdì.

 

Questi violenti movimenti, che hanno spinto il prezzo del greggio ad un

soffio dai 140 dollari il barile, sono la manifestazione inequivocabile

della bolla finanziaria che si è formata nel mercato delle materie prime e

dei prodotti alimentari. Alcune cifre confermano questa tesi.

 

Come ha scritto sul «Financial Times» Lord Desai, docente alla London School

of Economics, nello scorso mese di maggio, al New York Mercantile Exchange

sono stati scambiati ogni giorno contratti per circa 850 milioni di barili,

ossia un volume corrispondente a dieci volte la produzione giornaliera di

petrolio (che ammonta a 85 milioni di barili). Questi semplici dati

confermano che ha ragione il finanziere George Soros, il quale, in una

recente audizione davanti al Senato statunitense, ha dichiarato: «Ci sono

tutti i segnali di una bolla, ma non è detto che essa scoppierà tanto

presto».

 

I segnali di una bolla ci sono in effetti tutti. Il prezzo del petrolio è

più che raddoppiato negli ultimi 12 mesi ed è salito quest'anno dai 90

dollari il barile dello scorso mese di febbraio ai 139 dollari di venerdì

scorso.

 

Nell'economia reale non è successo nulla che possa giustificare un

incremento superiore al 9%. La domanda cinese ed indiana, additata spesso

come causa principe del rialzo del greggio, non ha subito negli ultimi

cinque mesi alcun balzo. Inoltre, la richiesta di greggio di Cina e di India

non influisce direttamente sulle quotazioni di breve termine del greggio,

poiché avviene fuori dal mercato, con contratti a lungo termine firmati con

i paesi esportatori.

 

Anche i termini dei problemi produttivi dei paesi esportatori di greggio non

sono cambiati negli ultimi mesi. Anzi, l'aneddotica indica - come ha

sottolineato «Il Sole 24 Ore» - che si moltiplicano le petroliere che vagano

per gli Oceani in cerca di attracchi, cioè di acquirenti, cui vendere a

sconto il loro carico di greggio.

 

Il problema è che i mercati a termine sui combustibili non obbediscono alle

leggi della domanda e dell'offerta, ma alle aspettative sul prezzo futuro. E

in questo mercato di carta si sono fiondate le istituzioni finanziarie, le

quali negli ultimi anni hanno investito 260 miliardi di dollari. È quindi

evidente che quando la Goldman Sachs, la banca di investimento più attiva in

questo mercato, prevede che entro la fine dell'anno il barile supererà i 200

dollari, non fa una previsione, ma in buona sostanza dice alla concorrenza

di continuare a scommettere sul rialzo del greggio.

 

Ciò induce a ritenere che la corsa del prezzo del petrolio potrebbe ancora

continuare e quindi decurtare ancor di più il reddito di famiglie ed

imprese. Non sorprende che si moltiplichino le proposte di trattare con gli

arabi, affinché aumentino la produzione; oppure di detassare il prezzo del

petrolio per calmare la rabbia crescente di consumatori, pescatori ed

autotrasportatori. È pure difficilmente spiegabile come non si reagisca a

questa corsa del greggio che sta intaccando la crescita di economie già

sotto stress a causa della crisi dei mutui subprime e che sta favorendo il

ritorno dell'inflazione.

 

Comunque è incomprensibile che rispetto alle numerose idee in circolazione

nessuna proposta miri ad aggredire la causa prima di questa enorme bolla

finanziaria attorno al prezzo del petrolio. Eppure basterebbe una regola

semplice per far cadere il castello costruito sul greggio dai «maghi della

carta straccia».

 

La regola è la seguente: coloro che comprano a termine il greggio devono

alla scadenza del contratto comprare il petrolio fisico e non possono più

evitare di farlo pagando una piccola compensazione monetaria, come invece

avviene oggi. In pratica, si tratterebbe di ripristinare le leggi dei

mercati a termine. Nessuno però sembra avere il coraggio di rovinare l'ultimo

giocattolo, che frutta ancora soldi, creato da Wall Street.

 

Così dopo la bolla delle borse, scoppiata all'inizio del decennio, e quella

del mercato immobiliare americano, esplosa l'anno scorso, ora abbiamo la

«mania» del petrolio. Anche questa bolla è certamente destinata prima o poi

a scoppiare, ma nel frattempo rischia di aggravare pesantemente le

condizioni di un'economia mondiale che già stenta a fare i conti con la

crisi dei mutui subprime.