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Julius Evola: il barone della tradizione

di Manuel Zanarini - 12/06/2008

 

 

 

“Il diritto sovrano di ciò che fu privilegio ascetico, eroico e aristocratico rispetto a tutto ciò che è pratico, condizionato, temporale... è la ferma protesta contro l'onnipervadenza insolente della tirannide economica e sociale, e contro il naufragio di ogni punto di vista superiore in quello più meschinamente umano"  (Julius Evola)

 

 

L’11 Giugno 1974, a Roma, moriva Julius Evola, il più importante studioso della Tradizione in Italia.

 

Evola nasce a Roma il19 maggio del 1898 da una famiglia siciliana di antiche origini nobili. Fin da giovani si appassiona delle avanguardie che entrarono in scena a fine secolo, il futurismo ed il dadaismo, tanto che ebbe anche un rapporto epistolare con uno dei fondatori del movimento “dada”, Tristan Tzara.

Allo scoppio della I Guerra Mondiale, partecipa come ufficiale di artiglieria, anche se idealmente “parteggia” per gli Imperi Centrali, il nemico che dovrebbe combattere. Si trova a combattere vicino ad Asiago, e probabilmente lì nascerà il suo amore per le vette e l’alpinismo.

Finito il conflitto, rientra a Roma, ma come per molti che tornavano dalla guerra, la vita “normale”, era diventata troppo stretta, e per Evola inizierà un periodo di forte crisi, che lo spingerà sull’orlo del suicidio. Sarà la scoperta del Buddismo delle origini (la Tradizione Theravada) a salvarlo.

Da qui prenderà il via il suo “periodo filosofico”. Già nel 1917, durante il conflitto, aveva iniziato a scrivere “Teoria e Fenomenologia dell'individuo assoluto”, che concluderà nel ’24 e verrà pubblicata in 2 volumi tra il ’29 ed il ’30. Inizia il suo grande amore per tutto ciò che trascende il razionale, tanto che inizierà a frequentare i primi movimenti spiritualisti che iniziano a muoversi a Roma: i kremmerziani, antroposofi teosofi, ecc.

Tra il ’27 ed il ’29, la sua spinta verso tutto ciò che è spirituale, lo spingerà a dar vita al “Gruppo di UR”, i cui fascicoli verranno raccolti nell’opera “Introduzione alla Magia quale Scienza dell'Io”.

Intanto in Italia si affermava il Fascismo, e Evola da alle stampe “Imperialismo Pagano” (1928), in cui lancia una ferocissima polemica contro il Cristianesimo, invitando Mussolini a tagliare i ponti con il Vaticano.

Ma quest’opera sarà molto osteggiata dal Regime, che da quel momento si opporrà al lavoro di Evola. Caso emblematico è rappresentato dalle sorti della rivista “La Torre”, che non piegandosi al nuovo corso del Fascismo sarà costretta a chiudere per le minacce ricevute e per il divieto imposto a tutte le tipografie di darla alle stampe. D’altronde lo stesso pensatore prende in parte le distanze dal Fascismo affermando che loro portano avanti dei principi eterni, quindi “Nella misura in cui il fascismo segua e difenda tali principi, in questa stessa misura noi possiamo considerarci fascisti. E questo è tutto”.

Chiusa l’esperienza de “La Torre”, Evola compone opere che si rifanno alle filosofie del passato, ai simboli primordiali, all’esoterismo: “Tradizione ermetica” del 1931, “Maschera e volto dello spiritualismo contemporaneo” del 1932, “Il mistero del Graal “del 1937.

Capisce anche che deve trovare degli agganci col Regime, se vuole avere visibilità. Così collaborerà con “Il Regime Fascista” di Farinacci. Qui curerà la rubrica “Diorama Filosofico”, alla quale collaboreranno tutti i maggiori pensatori Tradizionalisti del periodo: Guenon, Dodsworth, Benn e Paul Valery. Forti accenti polemici verranno riservati alla esaltazione piccolo borghese che il Regime Fascista stava assumendo, allentandosi dalle loro aspettative, di un regime aristocratico e antiborghese.

Nel 1934, viene alla luce, quella che probabilmente è l’opera più importante di Evola: “Rivolta contro il mondo moderno”. Il libro rappresenta un’affascinante spiegazione della storia del mondo secondo la teoria tradizionale del tempo ciclico ( argento, bronzo, ferro, nella tradizione occidentale; satva, treta, dvapara, kali yuga, in quella indù), comune ad Oriente ed Occidente, dalla quale si impara che la società moderna ed il suo decadimento, non è figlia del caso, ma rappresenta un ineliminabile “periodo” di un ciclo temporale.

Anche sul razzismo, molto si è detto, e altrettanto si potrebbe dire, riguardo le posizioni di Evola, penso che in questa sede sia sufficiente ricordare che secondo i documenti segreti del ministero degli interni del Reich e della Anenherb (la sezione ideologica delle SS), fu osteggiato a lungo dai nazisti. Ciò nonostante, terrà numerose conferenze in Austria ed in Germania.

Nel frattempo l’Italia entra in guerra, e sulle basi di un feroce anti-comunismo, in quanto tradizionalista odiava tutto ciò che contrariamente al merito fosse livellatrice delle virtù umane, chiede di partire volontario per il fronte dell’Est. Non gli sarà possibile, in quanto non possiede la tessera del PNF!

L’8 Settembre si trova in Germania e ,una volta liberato, accoglie Mussolini nel rifugio di Hitler. Nonostante fosse fortemente anti-democratico, per gli stessi motivi per cui era anti-comunista, decide di aderire alla RSI, apprezzando lo slancio cavalleresco di chi decide di morire per difendere l’Onore.

Nel 1943, esce l’altra (almeno a mio avviso) opera fondamentale di Evola: “La Dottrina del Risveglio”. In questo meraviglioso saggio, viene spiegata, con una conoscenza delle fonti difficilmente riscontrabile tutt’oggi, la Tradizione Theravada del Buddhismo delle origini, presentata come via ascetica verso la “salvezza” (Nirvana), secondo uno stile di vita assolutamente nelle corde della Tradizione Italica, Greco-Romana in particolar modo. Per usare le parole di Evola, con questo saggio, paga il debito personale verso quella Dottrina che in gioventù gli aveva salvato la vita.

Durante gli ultimi anni della guerra, è spesso tra la Germania e l’Austria, e molto probabilmente sarà proprio a Vienna, che durante un bombardamento, riporta gravissime ferite che lo ridurranno alla semi paralisi. La cosa particolare, è che Evola affronta i bombardamenti camminando tranquillamente per la strada, come a voler sfidare il destino, con un impeto eroico!

Finita la guerra, nel 1948, grazie alla Croce Rossa, rientra in Italia, e viene ricoverato a Bologna. Finchè, nel 1951, rientra nella sua casa a Roma, ma ormai la salute è fortemente compromessa, ma lo spirito non è piegato e continua a lavorare.

Intorno vede un mondo di rovine, fatto di furbetti riciclatisi dopo l’8 Settembre e dove tutti i valori Eroici e Aristocratici sono calpestati.

Ma viene a sapere che esistono ancora giovani che lo seguono, così nel 1950, scrive “Orientamenti”, un pamphlet, in cui traccia la via per chi voglia continuare a lottare “sopra le rovine”.

Viene coinvolto nel processi sui FAR (Fasci Armati Rivoluzionari), gruppi di giovani fascisti, che compivano gesti più dimostrativi che efficaci. Il suo coinvolgimento deriva dal fatto che ha scritto un paio di articoli sulla loro rivista “Imperium”. Come quasi tutti gli altri indagati verrà assolto.

Nel 1953, scrive “Gli uomini e le rovine”, dove sviluppa i temi lanciati in “Orientamenti”. Proponi la creazione di uno Stato organico, che abbia come base “i valori della qualità, della giusta diseguaglianza e della personalità... ad ognuno il suo e ad ognuno il suo diritto, conformemente alla sua dignità naturale”.

Sulla stessa scia, nel 1961, esce “Cavalcare la tigre”.  Evola invita gli uomini “differenziati” a non perdersi dentro un mondo che non appartiene loro, a non piegarsi, a concedersi solo ciò che è indispensabile, richiamando lo stile di vita tipicamente Buddhista del “non attaccamento”, “chi cavalca la tigre, non è amico della tigre”. Lancerà anche un pensiero estremamente interessante: “La differenza tra l'anarchico tout court e l'anarchico di Destra, è che il primo vuol essere libero da tutto tranne dalle sue bassezze e dai suoi vizi, il secondo non riconosce al mondo attuale nessuna legittimità e nessuna legge, ma cerca la libertà in se stesso, il dominio su di sé. l'autarchia”

Nel 1963, quando ormai il Fascismo è un fenomeno della storia, scrive “Il Fascismo visto dalla Destra”, dove definisce il Movimento come un tentativo generoso, ma destinato a fallire fin dall’inizio, perché figlio della modernità occidentale, e non di quella “superiorità” dell’antichità.

Ormai il fisico di Evola è fortemente debilitato dalla malattia, e dai continui attacchi cardiaci e respiratori, ciò nonostante un gruppo di giovani studiosi lo seguirà fino alla fine.

Poco prima di morire, stilerà lo statuto di quella che diventerà “la Fondazione Julius Evola per la difesa dei valori di una cultura conforme alla Tradizione”.

L’11 Giugno 1974, sentendo la morte vicina, fa avvicinare la scrivania dove scriveva assiduamente alla finestra del suo appartamento in via Vittorio Emanuele, nel quartiere Nomentano-Piazza Bologna, non una sistemazione casuale, visto che affaccia direttamente sul colle sacro agli antichi Romani del Granicolo. Pur essendo costretto sulla sedia a rotelle, si fa sorreggere da alcuni fedeli amici, per morire in piedi. Alle 15 spira. Come da sue volontà non vuole né cerimonie cattoliche né annunci. Si fa cremare e le ceneri vengono consegnate alla guida Eugenio David suo compagno di scalate tanti anni addietro. Un parente del David e una schiera di seguaci seppelliscono una parte delle ceneri del Maestro in un crepaccio del Monte Rosa, le altre vengono lanciate al vento.

 

Si può essere o non essere d’accordo con alcune scelte politiche e/o ideologiche di Julius Evola, ma credo che tutti noi siamo debitori verso il genio di quest’uomo che ha illuminato la via della Tradizione in questo mondo decadente.

 

Manuel Zanarini