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Se il pianeta avesse il tasto del replay: da Orwell a Gibson

di Alessandro Farulli - 13/06/2008

«La tecnologia in senso ampio: l’abilità di trasformare le risorse, la velocità con cui nuove possibilità possono essere aperte e realizzate, le svariate e diversificate forme di comando e controllo… la tecnologia, e non l’ideologia, sarà l’eredità che ci lascia il secolo precedente». William Gibson (Nella foto), celebre scrittore di fantascienza, prefigura gli sviluppi della «memoria globale» - scrive il Corriere della Sera – con qualche rischio. «I cambiamenti più profondi che provengono dall’innovazione tecnologica – dice sempre Gibson – sono spesso del tutto involontari (…). Non prendiamo quella direzione dopo una necessaria riflessione. Ci muoviamo semplicemente in quella direzione». «Spesso non promulghiamo leggi – prosegue – sulle nuove tecnologie in divenire. Emergono e basta. Attraverso i mercati. E i mercati scoprono da soli come utilizzare le cose…(…). Con un incremento esponenziale della potenza dei computer, e una discesa parimenti esponenziale del loro costo, il nostro oggi cambierà. La terra incognita dismetterà i suoi misteri come mai aveva fatto prima, e in quell’Ora digitale si presenteranno a noi nuovi progenitori».

Gibson vuole arrivare a dire, e lo farà successivamente, che il nostro futuro nel quale «come individui perdiamo sempre più livelli di privacy, così come, alla fine dei conti, succede ad aziende e Stati» è qualcosa che lui vuole «sottoporre all’attenzione di ogni uomo di Stato, leader politico e dirigente d’azienda: il futuro alla fine vi porterà allo scoperto». Il «Grande Fratello» - sotto forma di tecnologia avanzata – porterà maggiore democrazia perché capi di stato, leader politici e dirigenti «non riuscirete a mantenere i vostri segreti. Il futuro, maneggiando strumenti di trasparenza inimmaginabili, l’avrà vinta su di voi. Alla fine, quello che avrete fatto sarà sotto gli occhi di tutti…». Gibson, quindi, ribalta l’oppressione tecnologica orwelliana immaginando e probabilmente cogliendo anche un aspetto virtuoso della tecnologia, internet su tutto, che potrebbe permettere «attraverso la raccolta di informazioni» di «controllare i potenti».

Il lato debole (o i lati deboli) della sua fantascientifica (?) analisi sono due dal nostro punto di osservazione, e il primo è lo stesso Gibson a metterlo bene in luce: «Un mondo di trasparenza dell’informazione sarà per forza anche un mondo dalla delirante molteplicità dei punti di vista, attraversato da una semina di false informazioni, dalla disinformazione, da teorie della cospirazione e da un elevato tasso di pazzia. Potremmo anche essere capaci di vedere più chiaramente costa sta accadendo, ma questo non significa che ci troveremo anche prontamente d’accordo». Chi come noi naviga costantemente sul web sa che questa previsione è in realtà molto più simile alla cronaca di cosa sia oggi internet: un grande e democratica scatola dove tutto entra e questo è il suo bello e anche il suo limite. Non c’è praticamente filtro, sarebbe antidemocratico, ma se chi naviga non ha il proprio siamo sempre all’interno di una dittatura dove al posto del pensiero unico c’è una babele di pensieri che rendono comunque questo tipo di informazione ai limiti della sostenibilità.

Il secondo elemento di critica sta nel fatto che per Gibson è inesorabile che sarà sempre il mercato a dettare i tempi intesi come velocità di trasformazione della società tecnologica. Ma questo sappiamo bene non essere più possibile se si vuole metter un freno agli impatti antropici devastanti dell’uomo. «Oggi il nostro ‘ora’ – dice sempre Gibson – è diventato al tempo stesso inesorabilmente breve e virtualmente eterno, e tutto come conseguenza del pulsante replay. Mentre la capacità di ricordare diventa sempre più condivisa, la storia è considerata in maniera ancor più evidente come un concetto teorico, una costruzione soggetta a revisione».

Il nostro ‘ora’ di cui parla Gibson è un mondo che è al limite delle sue capacità perché l’uomo l’ha spolpato senza porsi neppure il problema della finitezza delle risorse stesse, credendo di poter succhiare la mammella-pianeta per sempre. Il latte però sta finendo e si è da tempo inacidito e il bambino dovrebbe essersi fatto uomo. Ma uomo ancora non si è fatto e credere che alla fine ‘babbo mercato’ risolva ogni problema e che in nome della maggior trasparenza (legittima e auspicabile) e di una memoria collettiva più democratica – ma che demandata ormai all’hard disk del computer è certamente ancor più manipolabile - il domani sarà migliore perché i leader politici e i dirigenti saranno nudi davanti al popolo, non ci convince. Osserviamo inoltre che ad esempio tutto si possa dire tranne che l’azione del presidente Bush non sia sotto gli occhi di tutti, ma questo non ha gli impedito di governare gli Stati Uniti per ben due legislature. Troppo facile poi parlare di Berlusconi e delle sue leggi ad personam assolutamente trasparenti, che gli hanno portato più voti di prima. Comunque prima che lo scenario di Gibson si avveri, e se si avvererà (lui stesso dice che se «Nello specchio delle nostre paure più oscure, vedremo svelarsi molte cose, ma non scambiate quegli specchi per mappe del futuro, o anche del presente»), la nostra paura, è che il pianeta sarà da tempo più a nudo del re nudo. E, come è evidente, schiacciando il tasto replay (se si potesse) potremmo solo vedere cosa ci ha portato al disastro e non rimettere a posto le cose.