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Le strategie per un pianeta sostenibile... quarant´anni dopo

di Alessandro Farulli - 14/06/2008

Scrive wikipedia a proposito del Club di Roma: «Fondato nell´aprile del 1968 dall´italiano Aurelio Peccei e dallo scienziato scozzese Alexander King, insieme a premi Nobel, leader politici e intellettuali, fra cui Elisabeth Mann Borgese, conquistò l´attenzione dell´opinione pubblica con il suo Rapporto sui limiti dello sviluppo (commissionato da Peccei al prestigioso System Dynamics Group del MIT), pubblicato nel 1972, il quale prediceva che la crescita economica non potesse continuare indefinitamente a causa della limitata disponibilità di risorse naturali, specialmente petrolio (…) L´andamento dei principali indicatori ha sinora seguito piuttosto bene quanto previsto nel Rapporto sui limiti dello sviluppo, e l´umanità è destinata a confrontarsi nei prossimi decenni con le conseguenze del superamento dei limiti fisici del pianeta. Un esempio di ciò è dato dal picco di Hubbert».

Il Club di Roma, quindi, compie quarant’anni e in occasione anche del centenario della nascita di Aurelio Peccei, lunedì e martedì (16 e il 17 giugno, all’Auditorium di Roma) è in programma un evento – dal titolo “Le strategie per un pianeta sostenibile” - assai atteso e di grande confronto con i massimi esperti del panorama internazionale (tra i quali Lester Brown) per riflettere sulla relazione tra specie umana e sistemi naturali, per individuare e suggerire le strade per un futuro sostenibile.

L’evento – spiegano gli organizzatori - vuole ricordare Aurelio Peccei, una straordinaria figura dalle profonde doti umane e intellettuali, che ragionando sulle connessioni tra aspetti ambientali, economici e sociali è stato un vero pioniere del concetto di sviluppo sostenibile. Il punto però è che, come ricordavamo prima attraverso l’abstract di wikipedia, a distanza di 40 anni le osservazioni del Club di Roma e del suo fondatore risultano ancora attualissime e questo se è un merito per il Club, è una disperazione per chi, da ambientalista, osserva ciò che (non) accade oggi. Vogliamo parlare di crisi petrolifera? Di limiti delle risorse? Diciamolo francamente: a distanza di quarant’anni il quadro è peggiorato, nonostante gli encomiabilissimi sforzi di tanti.

Osserva infatti giustamente Gianfranco Bologna, direttore scientifico del Wwf Italia, e una delle menti più lucide nell’analisi della situazione mondiale che: «La popolazione umana ha ormai sorpassato i 6.6 miliardi. All’inizio del 1900 eravamo 1.6 miliardi ed abbiamo concluso il secolo scorso con oltre 6 miliardi. Le previsioni delle Nazioni Unite ci dicono che raggiungeremo entro il 2050, 9.1 miliardi. Il numero di persone sul pianeta, che sta raggiungendo livelli di consumo di risorse e di produzione di rifiuti simili a quelli avuti sinora nei paesi industrializzati, è cresciuto notevolmente, sorpassando in pochi decenni il miliardo».

«In questa situazione – prosegue - diventa straordinariamente importante interrogarsi sul futuro della società umana e sulle possibilità di indirizzare i modelli di sviluppo socio-economico su percorsi più sostenibili rispetto a quelli attuali. Il lavoro svolto in passato da Aurelio Peccei e dal Club di Roma può aiutare anche oggi per le sfide alle quali siamo chiamati a rispondere: i cambiamenti climatici, la scarsità di risorse alimentari, le strategie per la salute mondiale, solo per citarne alcune. Per questo abbiamo deciso di proporre un momento di confronto e di aggiornamento tra i migliori studiosi mondiali sul tema dei grandi cambiamenti globali operati dall’uomo, di cui i cambiamenti climatici rappresentano una delle principali minacce da fronteggiare, anche al fine di indicare alle economie emergenti come Cina e India modelli di sviluppo più virtuosi rispetto a quelli finora percorsi dai Paesi industrializzati».

«I sistemi naturali presentano evidenti segnali di profonda sofferenza di questo impatto e l’impronta ecologica dell’umanità sta ogni anno sorpassando la capacità produttiva della natura – sostiene Martin Lees, segretario generale del Club di Roma - La nostra specie ha fisicamente trasformato gli ecosistemi delle terre emerse per l’80% della loro superficie. L’impatto umano sui mari e gli oceani del pianeta è ritenuto molto alto per oltre il 40% degli stessi. Stiamo distruggendo la ricchezza della vita sulla Terra, la biodiversità, a livelli mai raggiunti nella nostra storia tanto da far ritenere agli scienziati che siamo protagonisti di una vera e propria estinzione di massa. Siamo ormai in un periodo geologico che il premio Nobel per la chimica Paul Crutzen ha definito Antropocene, a dimostrazione di come la comunità scientifica ha ben chiaro l’impatto che la specie umana sta avendo sul nostro pianeta, con i suoi sistemi sociali basati sul perseguimento di una continua crescita materiale e quantitativa, impatto paragonabile agli effetti prodotti dalle grandi forze geofisiche che, da sempre, agiscono sulla Terra».

Nel nostro piccolo aggiungiamo una sola osservazione a quanto così bene hanno detto Bologna e Lees: per cambiare il modello di sviluppo serve un di più di governo mondiale capace di riorentare il mercato verso la sostenibilità ambientale e sociale, ma questo ci pare del tutto assente dalle agende dei capi di Stato e speriamo che almeno sia tema di questa due giorni alla quale parteciperà per greenreport Massimo Serafini.

Eccellente il parterre di relatori: Riccardo Valentini, Presidente Commissione Cambiamenti Globali CNR, Sir Martin Rees, presidente della Royal Society e astrofisico di fama internazionale, Lester Brown, fondatore del Worldwatch Institute e presidente dell´Earth Policy Institute, Konrad Osterwalder, rettore dell´Università delle Nazioni Unite, Peter Raven direttore del Missouri Botanical Garden e già presidente dell’American Association for the Advancement of Sciences (AAAS), Joan Martinez-Alier, presidente dell’International Society for Ecological Economics e tanti altri.