Se, piuttosto che filosofo, Platone fosse stato un uomo di marketing il mito della caverna avrebbe aperto ben altri scenari. Con la loro parete di fondo adibita a megaschermo delle ombre, quegli individui prigionieri a vita sarebbero diventati un target molto interessante. Una fetta di mercato da coltivare, dove piazzare decoder, riscuotere un canone, rilevare dati auditel, collocare prodotti che ottimizzano la vita al buio. E chissà, forse un partito, un sindacato o un’associazione di consumatori avrebbero riunito quei fanatici delle ombre sotto le proprie bandiere teorizzando valori e diritti su misura. In versione aggiornata e ironica il mito platonico ci dice che un posto nel target non si nega a nessuno. Chiunque oggi volesse far partire una rivista, una collana di libri, una trasmissione tv o radiofonica e pensasse a un pubblico indistinto, immaginando di allargare la base d’interesse e proponendo addirittura quell’iniziativa culturale come un ponte tra persone e sensibilità diverse, non troverebbe spazi d’impresa né sponsor, insomma nessuno disposto a rischiare. L’illuso dovrebbe preventivamente trovarsi un target. Perché senza, dice il marketing, non si va lontano. Individuato un target, l’azienda lavora per offrire ai suoi consumatori prodotti e servizi conformi. Non tanto ciò che desiderano ma ciò che sono. Logico che il marketing d’impresa lavori perché la loro personalità non si evolva, perché ciascuno resti quel che è. Nel mercato e anche oltre. Notaio di professione, giornalista e polemista per passione, direttore del mensile Giudizio Universale, Remo Bassetti è autore di un saggio intitolato Contro il target (Bollati Boringhieri; pagg.126, 12 euro) in cui affronta la detargettizzazione del mondo. Un problema che ci tocca da vicino e non solo perché tutti frequentiamo negozi e supermercati, tutti siamo bombardati da pubblicità e offerte speciali. «Il fatto è - spiega Bassetti - che la logica del target ha travalicato i confini del marketing d’impresa e ha abbracciato tutti gli altri campi: la politica, l’informazione, persino la cultura. Succede in politica dove – continua – al tradizionale compito di orientare la comprensione della realtà, è subentrato quello di comprendere l’orientamento, tastare gli umori delle persone per farne l’indirizzo della propria politica. Succede nell’informazione dove i principali quotidiani si sono costruiti un pubblico su misura che riconfermano continuamente nelle opinioni che già possiede. Ma il risultato è sconfortante. Non solo oggi nessun giornale sposta più un solo voto ma ciascuno legge e apprez- za quel che vuole sentirsi dire. Cioè quello completamente in linea con il gruppo o il club cui appartiene. Nel breve periodo apparentemente gli utili d’impresa ci sono ma dal punto di vista sociale l’effetto è deleterio. È la creazione di mondi separati non più comunicanti, di segmenti distinti di mercato, l’annullamento delle personalità, la fine del dibattito politico, la fine dell’opinione pubblica». Che si chiami tutto ciò massificazione, omologazione o pensiero unico la sostanza è che l’unica identità che il target ci lascia è quella del consumatore. «Sia che si tratti di vendere un panino, un’automobile, un giornale, un partito o una performance artistica, continua Bassetti, il venditore ci racconta una storia che conferma la visione del mondo che già possediamo, altrimenti, lo dice il marketing, quella storia non sarebbe condivisa. Ai gruppi di pressione, che difendono interessi convergenti e contingenti e che riescono a incidere per tempi e spazi limitati - continua Bassetti - e ai gruppi d’opinione, quelli che hanno una sempre minore capacità di mobilitazione, si sono affiancati i gruppi d’impressione, formati da individui con uguali stili di vita, suggestionabili e conservatori, che amano rimanere uguali a se stessi. Sono loro a determinare ciò che le aziende, i partiti e tutta l’industria culturale propongono ai rispettivi mercati». Gli scenari sono inquietanti ma è vero che per non rassegnarsi a una prevedibilità ordinata - suggerisce in sostanza Remo Bassetti bisogna trovare spazi di non omologazione, ripristinando confronti e convergenze tra persone diverse, dando spazio all’imprevedibilità del comportamento umano. Provare a essere una voce fuori dal coro. «Quel che sta facendo la Chiesa, a cui va riconosciuto il pregio di non farsi dettare l’agenda da nessuno. La Chiesa - spiega Bassetti - agisce fuori della logica di marketing, non si occupa di compiacere ai fedeli eppure raccoglie consensi, perché ha una sua audience consolidata e perché è rimasta l’unica a far leva su forme di aggregazione delle persone totalmente lontane da una visione economicista». Sicuramente per sottrarsi al dominio del target e riappropriarsi di una identità non appiattita sul consumo bisogna impegnarsi e non poco ma ci si può riuscire. Scompaginare quel che sembra immutabile, scardinare l’omologazione, rafforzare il contraddittorio non sono operazioni completamente insormontabili per il singolo. Bassetti, cui le metafore piacciono, indica a sorpresa due strategie di organizzazione sociale che ci allontanano dal potere del target: il link e la metropolitana. «Il primo ci permette di allontanarci, attraverso ramificazioni ingovernabili dal sito originario e dalla sua influenza, la seconda apparentemente costituita di stratificazioni inconciliabili offre punti comunicanti e di interscambio. Bisognerebbe linkizzare e metropolitanizzare la nostra vita - conclude Bassetti - per spezzare l’incomunicabilità, confondersi, incrociarsi, mischiarsi; per disegnare un nuovo stato sociale in cui nulla è dato per scontato, nessuno sta in una posizione prevista e precostituita, tutti apprezzano le differenze e lo scambio». Con i tempi che corrono una bella sfida.
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