Roma, 27 gennaio 2006 – “È ora di finirla con la diffusione di studi secondo cui la coesistenza tra agricoltura transgenica e quella convenzionale-biologica sarebbe possibile. È una favola a cui non crede nessuno”; così Federica Ferrario, responsabile Ogm di Greenpeace, commenta la ricerca sulla coesistenza fra coltivazioni di mais transgeniche e convenzionali presentata oggi dal Cedab.
“L'unica vera garanzia contro la contaminazione genetica causata dagli OGM è un bando alla loro coltivazione. In Spagna, Greenpeace ha fatto analizzare il mais degli agricoltori biologici ottenendo risultati preoccupanti: il
40% dei campioni è risultato contaminato, con una percentuale che va dallo 0,23 all'1,9 per cento. Percentuale che non permette la vendita di questi raccolti come biologici e che dimostra chiaramente l'improponibilità della "coesistenza" tra coltivazioni transgeniche e coltivazioni biologiche”.
I tipi di contaminazione trovati corrispondono a geni introdotti in mais ibridi commercializzati da diverse imprese multinazionali.
”Le coltivazioni Ogm continuano a trovare in tutta Europa l’opposizione dei consumatori. Continueremo a raccogliere le firme per chiedere un’etichettatura obbligatoria anche dei prodotti provenienti da animali nutriti con Ogm. La loro etichettatura è necessaria per poter garantire la libertà di scelta”.
Molti agricoltori biologici, in Spagna, coltivano varietà tradizionali di mais, selezionate per le caratteristiche adeguate alla zona.
Per Greenpeace la loro contaminazione costituisce un attentato alla biodiversità che provoca l'estinzione delle poche varietà ancora in mano ai coltivatori.
Un registro dei casi di contaminazione da Ogm verificatisi nel mondo è disponibile
QUI------
IL MATERIALE CEDAB"Aree cuscinetto di 20 metri limitano il flusso genico tra colture di mais contigue a valori inferiori allo 0,9% indicato dalla UE come soglia per la coesistenza tra colture ogm, convenzionali e biologiche"Il
Cedab,
Centro di Documentazione sulle Agrobiotecnologie (vedi
QUI la corrispondenza scambiata tra Greenplanet e il suo titolare Patrick Trancu,
foto a destra) dichiara l’obiettivo di
"promuovere l'informazione scientifica ed economica relativa all'impiego degli OGM", ma in realtà altro non è che uno dei diversi uffici per le relazioni pubbliche della federazione mondiale delle industrie agrochimiche e biotech, guidata da BASF, Bayer CropScience, Dow AgroSciences, DuPont, FMC, Monsanto, Sumitomo, Syngenta.
Niente di cui vergognarsi, per carità, anzi, colpa del movimento biologico: se l'avessimo messo sotto contratto noi, il Cedab non si sarebbe dovuto ridurre a lavorare per Monsanto e per arrivare a fine mese si sarebbe accontentato di noi e di altri clienti come gli Hotel Hilton, Citibank, Paribas, Asgrow, diamanti De Beers, Leerdammer, Ministero statunitense per l'agricoltura, General Motors, ufficio turistico di Singapore e altri.
Alla fiera Vegetalia, in corso in questi giorni a Cremona, ha presentato i suoi dati sul potenziale contaminante degli OGM.
Eccone la sintesi:
Nella Pianura Padana il flusso genico del mais, in condizioni ottimali, scende al di sotto della soglia critica dello 0,9% ad una distanza dalla fonte di polline di 17,5 metri e al di sotto dello 0,5% a 30 metri.
Tra gli accorgimenti che possono essere adottati per limitare il flusso genico si sono rivelati particolarmente efficaci l’uso di zone buffer e l’uso di varietà con epoche di fioritura non coincidenti.
Meno efficace l’uso di spazi aperti tra le diverse colture che risultano funzionali solo in assenza di vento o quando risultano superiori ai 30 metri.
Sono queste alcune delle conclusioni alle quali sono giunti i ricercatori che nel 2005 hanno condotto in Lombardia una sperimentazione cooperativa, la più completa mai condotta in Italia e tra le più vaste in Europa, volta a valutare la diffusione del polline tra coltivazioni contigue di mais e i cui risultati sono stati presentati oggi in occasione di Vegetalia (Fiera di Cremona).
Ai fini sperimentali sono state utilizzate varietà di mais tradizionale colorato essendo vietata in Italia la sperimentazione scientifica in campo aperto con piante geneticamente modificate.
I risultati della sperimentazione sono disponibili QUI (576 kb, formato .zip).
La sperimentazione è stata condotta in Lombardia da ricercatori e tecnici di strutture di ricerca pubbliche e private simulando il comportamento del polline e del flusso genico in mais utilizzando varietà convenzionali a seme colorato.
È tuttavia opportuno sottolineare che per la sperimentazione sono state adottate varietà convenzionali omozigoti per il carattere marcatore (100% del polline presenta i geni marcatori) e che pertanto i valori trovati sono sovrastimati se riferiti a varietà eterozigoti, come nel caso di molte varietà geneticamente modificate, dove solo il 50% del polline presenta i geni marcatori.
Lo studio è stato condotto al fine di integrare e verificare, nel contesto agricolo padano, le conoscenze disponibili in tema di coesistenza per la coltura del mais. In particolare sono stati analizzati l’andamento del flusso genico nel mais e l’efficacia di alcuni strumenti per il suo contenimento tra cui l’adozione di distanze di separazione delle colture, l’utilizzo di file di mais “barriera” (buffer zone) che ostacolano il flusso pollinico e l’uso di varietà con epoche di fioritura non coincidenti.
In tema di coesistenza il mais è la coltura più rilevante nel contesto italiano perché con i suoi 1,4 milioni di ettari stimati per il 2005 occupa oltre il 10% della superficie agricola nazionale e rappresenta il 38% del valore della produzione cerealicola nazionale.
Il 90% della produzione nazionale di mais da granella è concentrato nel Nord Italia.
I dati emersi dalla ricerca che ha coinvolto circa 40 ettari distribuiti in diversi contesti della Regione Lombardia sono in linea con analoghe sperimentazioni in campo condotte in Germania dal Prof. Dr. W.E. Weber dell’Istitut für Pflanzenzüchtung und Pflanzenschutz di Halle e in Svizzera dal Dr. Michael Banner dell’Istitut für Pflanzenwissenschaften di Zurigo, entrambi presenti a Cremona in occasione di Vegetalia.
I risultati della ricerca verranno messi a disposizione della comunità scientifica internazionale, delle filiere di produzione maidicole e delle associazioni professionali agricole; i disegni sperimentali ed i dati elementari saranno inoltre trasmessi alle commissioni ed ai comitati scientifici operanti presso il Ministero e le Regioni come contributo conoscitivo, ottenuto “in loco”, alla definizione delle linee guida per lo sviluppo di piani di coesistenza tra colture geneticamente modificate, convenzionali e biologiche: tali adempimenti da parte delle Regioni sono sanciti dalla legge di convenzione 28 gennaio 2005 n° 5 recante “Disposizioni urgenti per assicurare la coesistenza tra le forme di agricoltura transgenica, convenzionale e biologica”.
Ricercatori, tecnici ed agricoltori hanno lavorato fianco a fianco durante tutto il periodo di sperimentazione condividendo le rispettive esperienze, le metodologie di campionamento e le prime valutazioni dei risultati.
Particolare attenzione è stata posta nel confronto tra le indicazioni ottenute dai grandi appezzamenti di pieno campo e quelle provenienti dai disegni sperimentali parcellari che hanno generato risultati del tutto analoghi.
La sperimentazione condotta in Lombardia è stata resa possibile grazie alla collaborazione di numerose organizzazioni tra cui il CRA - Istituto Sperimentale per la Cerealicoltura di Bergamo, il Parco Tecnologico Padano, Hylobates Consulting, Agricola 2000, l’Associazione dei Produttori di Semi Oleosi e Cereali Lombarda (APSOCLO) - che ha messo a disposizione sette aziende agricole nelle province di Brescia, Mantova, Milano, Cremona e Lodi, situate nella parte centrale della fascia italiana del mais.
L’attività di sperimentazione è stata promossa dal CEDAB.
CEDAB (Centro di Documentazione sulle Agrobiotecnologie), con sede a Milano, nasce con l’obiettivo di promuovere e diffondere l’informazione scientifica ed economica relativa all’impiego delle biotecnologie in agricoltura.
L’attività del centro è finanziata attraverso CropLife dalle principali società operanti a livello mondiale nel settore delle biotecnologie agricole.
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COME LA VEDE GREENPLANETSecondo l'ufficio relazioni pubbliche di
BASF, Bayer, Dow, DuPont, Monsanto & c., in condizioni
ottimali 17.5 metri di distanza dalla prima pannocchia di mais OGM
non bastano a salvare dall'inquinamento dello 0.9% il vostro mais biologico.
Il che sta a dire che con mais OGM seminato a 17.5 metri dal vostro, diventerebbero OGM
110 chili del vostro mais ex-biologico (circa
312.500 chicchi) per ogni ettaro.
In condizioni
ottimali, non bastano 30 metri di distanza a risparmiare il vostro mais biologico dall'inquinamento dello 0.5%.
Ossia se qualcuno seminasse mais OGM a meno di 30 metri dal vostro campo, renderebbe OGM anche
61 chili del vostro mais ex-biologico (circa
187.500 chicchi) per ogni ettaro.
Purtroppo il Cedab si è dimenticato di comunicare a che distanza, in condizioni
ottimali, un vostro vicino dovrebbe seminare mais OGM per garantire che non c'è
assolutamente contaminazione al
vostro mais biologico (il che sta a dire
neanche un grammo di mais OGM nel vostro ettaro), che è l'unica informazione che da sempre chiediamo e che ci interessa.
Sarà 800 metri?
Un chilometro e mezzo?
Trentatrè chilometri?
Amen.
Solo a questa distanza (non un metro di meno, meglio se qualche metro di più, non si sa mai) potrà eventualmente essere consentito seminare mais OGM. Magari anche con una forma di garanzia assoluta dell'indennizzo integrale di qualsiasi danno che fosse dovuto a impreviste condizioni
non ottimali, ivi comprese trombe d'aria e scherzi del destino rio.
Allora, sig. Trancu, a che distanza va seminato il suo mais colorato per lasciare candide le nostre pannocchie?