Il buen vivir
di Roberto Espinoza - 11/07/2008
Fonte: decrescitafelice
Dal 13 al 16 Maggio scorso a Lima si è svolto il “Cumbre de los pueblos: ENLAZANDOS
ALTERNATIVAS” il forum dei movimenti sociali, indigeni e contadini sudamericani
alternativo al vertice ufficiale tra Europa e America Latina. Nella dichiarazione finale del
“Cumbre de los pueblos” si legge:
La strategia della Unione Europea “Europa Globale: Competere nel mondo”, presuppone l’approfondimentodelle politiche di competitività e crescita economica che cercano di implementare l’agenda delle proprie
multinazionali e approfondire le politiche neoliberali, incompatibili con il discorso sul cambio climatico, la
riduzione della povertà e la coesione sociale.”
A Firenze, a Terrafutura, era presente il peruviano Roberto Espinoza del Coordinamento
Andino delle Organizzazioni indigene. Abbiamo dialogato con lui di decrescita. Queste
alcune sue considerazioni.
“I popoli originari, indigeni, dell’area andina e amazzonica, posseggono una forma di vita che
richiede molta armonia, molto equilibrio con la natura.
Non solamente per ragioni economiche, o tecnologiche, ma anche per ragioni spirituali,
culturali.
Non si può separare, senza conflitti, l’umano dal naturale. La natura si esprime in forme
umane e gli umani anche si esprimono in forme naturali. C’è un interscambio in spiritualità.
Questo, applicato alla sopravvivenza, significa che abbiamo bisogno di trovare un equilibrio
da una parte fra quello che è l’approvvigionamento di ciò che è strettamente necessario delle
risorse naturali e, siccome questi popoli non sono in aria, nella luna, e sono molto impattati
dal mercato,dall’altra l’inevitabilità di avere una parte circolante di denaro, ma solo una
parte, per essere in grado, ad esempio, di comprare medicine, alcune medicine per nuove
malattie, mentre altre le otteniamo direttamente dalle piante medicinali.
Allora è importante questo equilibrio, dove non tutto può essere mercificato. Non tutto, solo la
parte necessaria.
La cultura non passa per il mercato, passa per la conservazione di questa relazione di
equilibrio con la natura.
Per esempio, ci sono delle piante medicinali molto importanti, non solo medicinali ma anche
di grande valore alimentare per l’umanità, che hanno molta vitamina-C, come il “Camucamu”,
che è un frutto che ha una concentrazione di vitamina-C ben 40 volte maggiore dell’
arancia, ed i giapponesi hanno approfittato di questa conoscenza delle popolazioni indigene,
stanno prelevando questa pianta e la stanno mettendo sul mercato: una depredazione.
Ci sono piante come il “Yacon”, per il diabete. Ci sono 7 varietà di “Yacon”. Ancora una
volta, i giapponesi, (potevano anche essere imprese americane o anche europee) approfittano
di questa conoscenza tradizionale per trarne vantaggi di mercato.
I popoli originari, i popoli indigeni, in prima istanza cercano di recuperare, mantenere queste
conoscenze molto profonde della natura, e formare propri professionisti, del proprio popolo.
Non solo avere i propri avvocati, docenti, ma anche biologi, biochimici, del proprio popolo
indigeno, per poter contribuire con questi prodotti alle necessità dell’umanità, rispettando la
proprietà intellettuale, e l’equilibrio nello sfruttamento di queste risorse.
Questo è un esempio di come tenere un’ altra forma di relazione con le risorse che eviti i
danni della depredazione, del consumismo, ecc.
Un altro punto è la capacità che può avere un popolo, un popolo indigeno o qualunque popolo,
di poter selezionare quello di cui ha bisogno, del mondo moderno, del mercato, della
tecnologia.
Non si ha bisogno di tutto. Non tutto è necessario. Ci sono delle necessità inventate, fabbricate.
Per esempio, i popoli indigeni dicono: siamo d’accordo con il computer. Abbiamo bisogno di
usare internet nelle nostre comunità.
Ma non siamo d’accordo con le monoculture. Non siamo d’accordo con i trattori dentro la
foresta.
Allora, questa capacità di selezionare - questo si, questo no - richiede molta autostima, una
forte identità, molta conoscenza delle proprie condizioni, per potere avere una forma di
benessere, che noi chiamiamo vivere bene, “buen vivir”, la parola che si usa è “dolcemente”,
“vivir dulce”, dove la cosa principale è essere in pace con la famiglia, avere legami famigliari,
di solidarietà, e non avere la tristezza che hanno gli anziani, negli Stati Uniti, che muoiono
soli, abbandonati, e il denaro non serve loro a molto…
* intervento tenuto a Terrafutura
A cura del Gruppo tematico Decrescita e paesi “cosiddetti” poveri
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