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Il libro della settimana: Nicola Vacca, Frecce e pugnali

di Carlo Gambescia - 24/07/2008

Il libro della settimana: Nicola Vacca, Frecce e pugnali, Edizioni il Foglio, Piombino (LI) 2008, pp. 84, euro 10,00 – www.ilfoglioletterario.it – il foglio@infol.it

“Dove sono finite le parole che affondano come pugnali dritti nelle coscienze?” (p. 17), si chiede Nicola Vacca, critico letterario, scrittore e poeta in uno degli aforismi di questa sua densa raccolta intitolata appunto Frecce e pugnali (Foglio, Piombino (LI) 2008, pp. 84, euro 10,00 http://www.ilfoglioletterario.it/ – il foglio@infol.it ).
Ecco, dove sono andate a finire? Crediamo, tutte o quasi, in questo libro. Frecce e pugnali è una specie di corpo a corpo intellettuale, ma al tempo stesso carnale, con gli uomini e con Dio. E noi in questa recensione, pur ricordando che il libro è ricco di critiche al progressivo decadere di una “civiltà delle anime”, ci occuperemo in particolare del "duello" di Nicola Vacca con Dio.
Una lotta all’ultimo sangue, che non può non lasciare il segno nel lettore appassionato e in cerca di passaggi segreti, spesso angusti e scivolosi, verso l’Assoluto.
Perché, particolare non secondario, Nicola Vacca, pur battagliando con Dio, dalla prima all’ultima pagina, come nota tra le righe, anche Giordano Bruno Guerri nella sua solforosa introduzione, usa la maiuscola: Dio. E non per ragioni grammaticali…
Perché diciamo questo? Per la semplicissima ragione che riteniamo Frecce e pugnali, non un libro cioraniano, come in apparenza un lettore poco avvertito potrebbe credere. Ma un testo scritto da un “creatore di idee”, come lo definisce Guerri. Un poeta dell’anima che va oltre il pur raffinato nichilismo di Emil Cioran. Per farla breve: Cioran non interroga Dio, Vacca sì. Cioran, non si preoccupa del silenzio di Dio, Vacca sì. Cioran tace, Vacca geme e urla contro Dio.
Nelle quattro sezioni del libro: Alfabeto della Crudeltà ; La perfezione del male; Allegria del terrore; Dio lo scettico, la presenza del Dio dei cristiani è fitta fitta: “Dio gioca ai dadi con l’universo. Peccato che sia un pessimo giocatore” (p. 11); Però: “Siamo praticamente morti, ma paradossalmente qualcuno ci tiene in vita” (p. 13). Ancora: “Dio tradisce se stesso. Così nasce il male” (p. 15). Di più: “Dio non ascolta le nostre preghiere. Allora perché devo temere il suo giudizio universale” (p. 17). Ma a suo modo, Vacca, sembra, paradossalmente, ringraziarlo: “Non sono mai venuto in possesso del dono della fede, grazie a Dio” (p. 25). Per poi tornare a colpire: “Dio non parla perché è consapevole di non aver mantenuto nessuna delle sue promesse di felicità” (p. 28); Duro: “Il dolore è l’errore fatale di Dio” ( p. 29).
Ma ecco, un piccolo cedimento: “Dio è cattivo perché soltanto lui sa del dolore, della sofferenza, del male che si accaniscono” (p. 44). Per poi cadere addirittura nel blasfemo: “Dio nasconde sempre il suo volto agli uomini. Forse perché ha lo stesso aspetto del suo nemico Satana” (p. 45); o per approdare al rifiuto stesso del bene e del male cristianamente concepiti: “La morte di Dio e dei demoni. Non dovremmo pretendere altro per vivere meglio” (p. 53). Dal momento che “L’infelicità del credente nasce dall’attendere invano un intervento di Dio nelle azione umane” (p. 76); Tuttavia “Dio e lo scettico due pianeti che non si incontrano. Forse per questo hanno molte cose da raccontarsi” (p. 78). Perché in realtà “siamo disperatamente alla caccia di un Dio di cui non si riesce a sentire la voce. Dietro il suo silenzio non si nasconde il Nulla, ma una raffinata crudeltà” (p. 79).
Ecco, per tornare al parallelo con Cioran, Vacca sfida Dio, Cioran lo ignora. Il Dio dei cristiani, che non è il cattivo Demiurgo gnostico evocato da Cioran, c’è.
Ora, il vero punto della questione è se il corpo a corpo avrà un vinto e un vincitore. Difficile dire. Ma, comunque sia, sarebbe bello, deposti le frecce e i pugnali, vederli dialogare insieme, Nicola e Dio. In questo Mondo, s’intende. Chissà, forse già in un prossimo libro.