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Gli ecologisti francesi mettono in discussione l'egemonia nucleare

di Domenico Quirico - 24/07/2008

 
 

Adesso ripetono la frase in tutti i loro comunicati, come la prova clamorosa che hanno ragione.

 

Tunisi, fine aprile: «La tecnologia francese dell’atomo è una delle più sicure del mondo» citazione testuale da Nicolas Sarkozy presidente della Repubblica. Perché i guai degli uni sono il trionfo degli altri e le fastidiose cassandre di "Sortir du nucléaire", la rete che raggruppa 820 associazioni ecologiste francesi in rivoluzione permanente contro l’industria atomica, conoscono infatti giorni di rivincita. Messi all’indice, sottoposti a controlli polizieschi e giudiziari come pericolosi sabotatori del benessere nazionale, più che antipatici indifferenti alla maggioranza di partiti e popolazione, adesso fanno fatica a correre dietro a tutti gli incidenti che screpolano pericolosamente le sicurezze patriottarde del presidente. Che è il loro nemico numero uno, visto che dell’industria atomica nazionale si è fatto efficace e gallonato piazzista internazionale. Che fosse ostile alle loro tesi lo hanno compreso quando negli scenografici "stati generali" dell’ambiente voluti per celebrarne le passioni ecologiste il nucleare è stato accuratamente tenuto da parte. Con la motivazione che costituisce appunto una alternativa pulita alle altre fonti di energia: eresia pura per quelli di "Sortir". Dopo il secondo incidente a Tricastin, ex biglietto da visita di EDF, ormai chiedono ai francesi «di rendersi conto della gravità del rischio nucleare e della possibilità imminente di una catastrofe nel paese». «Gli incidenti di Tricastin hanno scoperchiato il vaso di pandora - dice Stéphanne Lhomme il loro portavoce - la gente si rende infine conto che la sicurezza nucleare è un mito». Non racconta bugie: un sondaggio ha svelato che l’81 per cento dei francesi sono inquieti per il nucleare e giudicano "gravi" gli incidenti di questi giorni. Insomma, dicono gli ecologisti, la tecnologia non è perfettamente sotto controllo e le installazioni francesi sono antiquate e quindi potenzialmente pericolose. «La solita tiritera ripetuta a ogni incidente ovvero i livelli di contaminazione sono al di sotto dei limiti legali è un perfetto inganno. Diciamo chiaro e tondo che le industrie dell’atomo e l’Autorità di sicurezza minimizzano le conseguenze delle contaminazioni. E arrivato il momento di aprire un dibattito vero sulla uscita dal nucleare e di avviarlo prima che succeda qualcosa di irreparabile».

 

Proprio l’attendibilità della Autorità di sicurezza costituisce il cruccio principale delle associazioni. Il gendarme dell’atomo francese è considerato squalificato dai legami incestuosi che mantiene con la lobby nucleare. «Non c’è trasparenza, tutta l’informazione è passata al setaccio dalla Autorità. E terribile ma bisogna constatarlo: la politica ha perso il controllo del nucleare» accusa Arnaud Gossement di "France Nature Environnement". E al lavoro, secondo questo scenario, un mostro tecnocratico che avrebbe ormai monopolizzato il ruolo di giudice e di parte in casa.

 

La possibilità che il dibattito invocato dagli ecologisti sia effettivamente avviato sono assai utopiche; nessuno in Francia è veramente disposto a rimettere in discussione una delle poche voci redditizie della economia nazionale. Qualche movimento nel campo governativo però dà vigore alle frenesie degli antiatomo. Come la decisione del ministro dell’Ecologia Borloo di rimettere sul tappeto i dispositivi di informazione, analisi e sicurezza. Un colpo di scena che, si racconta, ha sollevato inquietudini ai vertici dell’industria nucleare. E che ha spinto la battagliera "signora dell’atomo" Anne Lauvergeon, amministratore delegato di Areva, forse un po’ troppo frettolosamente, a dichiarare chiuso l’incidente di Tricastin, a denunciare confusioni e pressappochismi e a proclamare le virtù della trasparenza applicata. La Lauvergeon è ovviamente l’altro bersaglio delle associazioni ecologiste che ne chiedono in modo torrentizio le dimissioni.