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L'esplorazione di Gaia

di Stephen Harding - 01/02/2006

Fonte: innernet.it

Qual è la connessione tra la roccia di granito sulla quale siamo seduti e la bellissime nuvole bianche che galleggiano sopra di noi? La teoria di Gaia ci illustra le sorprendenti connessioni tra la temperatura piacevole di una bella giornata e la roccia, il fiume, la foresta, l'oceano lontano e le nuvole.

 

La teoria di Gaia estende la selezione naturale

Siamo seduti su un affioramento granitico, lontano dal mondo degli uomini. Tutto intorno a noi c’è la foresta vergine e in fondo, attraverso un varco tra gli alberi, possiamo scorgere un fiume che si snoda al fondo di una vallata ripida e coperta di boschi. Ogni cosa è soffusa di luce e, come silenziosi capitani del cielo, nuvole di un bianco purissimo veleggiano in formazione nel blu infinito. Lontano, in distanza, scorgiamo l’arco turchese dell’oceano, maestosamente scintillante nella luce diurna.

Un ecologista che osservasse questa scena sarebbe ispirato dalla miriade di interazioni tra gli oggetti viventi sotto i suoi occhi, oltre che nel fiume e nella terra al di là del suo sguardo. Gli uccelli portano bruchi ai loro piccoli, e in tal modo aiutano la popolazione delle falene e delle farfalle a mantenere l’equilibrio, mentre gli sparvieri che volano come acrobati attraverso gli alberi tengono in equilibrio gli uccelli stessi.

Un climatologo, osservando le nuvole correre nel cielo di un blu profondo e percependo il vento caldo sul viso, saprebbe che è arrivato un fronte caldo, e con esso un clima più piacevole da paesi più soleggiati.

Un geologo osserverebbe con attenzione la roccia di granito, riflettendo sul mondo in cui si è formata nel mantello terrestre grazie all’alta pressione e alle temperature elevate, provando meraviglia per la grande varietà di minerali nella matrice nera, verde, grigia e bianca della roccia.

Un geomorfologo sarebbe impressionato da come il fiume, in milioni di anni, sia riuscito a scavare una valle così profonda e ripida, mentre un oceanografo sarebbe in grado di descriverci i tipi di alghe che galleggiano nell’oceano, spiegandoci quali correnti, ricche di nutrienti, le alimentano.

Tutti questi scienziati hanno un’esperienza limitata di questo spettacolo meraviglioso, perché la loro mente resta imbrigliata nei confini intellettuali delle rispettive discipline. Se interrogato, ognuno potrebbe raccontarti splendide storie sugli uccelli, i bruchi, l’atmosfera, le nuvole, gli oceani e le rocce, ma è probabile che nessuno di loro sarebbe in grado di spiegarti in che modo questi fili meravigliosi della rete della natura sono intimamente intrecciati. Qual è la connessione tra la roccia di granito sulla quale siamo seduti e la bellissime nuvole bianche che galleggiano sopra di noi? Di certo, si tratta di una connessione assai labile, nel migliore dei casi; sicuramente, non può esistere legame intimo tra entità così apparentemente disparate come la roccia e la nuvola.

La teoria di Gaia ci dimostra che le cose non stanno così. Ci illustra le sorprendenti connessioni tra la temperatura piacevole di questa bella giornata e la roccia, il fiume, la foresta, l’oceano lontano e le nuvole.

L’idea è il frutto dell’ingegno di James Lovelock, che ebbe una grande intuizione sulla Terra mentre lavorava per la NASA alla ricerca della vita su Marte. Confrontando la composizione atmosferica della Terra con quella di Marte e Venere, egli suggerì che la vita stessa non soltanto aveva creato l’atmosfera terrestre, ma l’aveva anche regolata, mantenendone la composizione favorevole per sé nel corso di miliardi di anni.

Secondo la scienza convenzionale, questo è impossibile. La vita non può avere un impatto così forte sull’atmosfera, perché gli esseri viventi non sono altro che cittadini di seconda classe nel pianeta Terra. È il mondo inanimato delle rocce, dell’atmosfera e dell’oceano che determina la temperatura globale e l’acidità, due variabili chiave per la vita. Gli esseri viventi o si adattano a queste condizioni o muoiono. Secondo tale concezione, la vita non ha alcuna influenza rilevante sul mondo inanimato; è simile a un passeggero che non può modificare la direzione o la velocità della nave su cui è imbarcato.

L’intuizione di Lovelock, sviluppata in collaborazione con la microbiologa Lynn Margulis, dipinge un quadro molto diverso. La teoria di Gaia propone due sostanziali divergenze dal punto di vista convenzionale. La prima è che la vita influenza profondamente l’ambiente inanimato: per esempio, nella composizione dell’atmosfera, che di ritorno influenza la totalità del mondo vivente. I teorici di Gaia usano l’espressione “accoppiamenti stretti” per riferirsi a queste retroazioni; in tal modo, vogliono sottolineare l’importanza delle interazioni che avvengono tra i due partner, trasformandoli profondamente.

La seconda proposta è che da questo accoppiamento stretto tra la vita e la non-vita emerge una proprietà inaspettata. Questa “proprietà emergente” è la capacità di Gaia, del sistema Terra nel suo complesso, di conservare degli aspetti chiave dell’ambiente globale (per esempio, la temperatura) a livelli favorevoli per la vita, nonostante gli shock e gli ostacoli che provengono dall’interno e dall’esterno.

Questa sorta di abilità, che gli scienziati definiscono “autoregolazione”, è visibile in tutti gli esseri viventi, incluso il corpo umano, che è in grado di mantenere la temperatura interna a un livello ottimale, nonostante le grandi variazioni esterne. Quindi, secondo questa teoria, Gaia è in un certo senso viva, poiché condivide almeno una proprietà degli esseri viventi, cioè la capacità di autoregolarsi.

Seduti sulla nostra roccia di granito, richiamiamo alla mente l’ipotesi di Gaia e osserviamo come entità apparentemente slegate tra loro come le nuvole, le rocce, gli alberi e le alghe oceaniche sono in realtà parti strettamente accoppiate di Gaia, del nostro pianeta Terra vivente e autoregolantesi. Inoltre, la teoria di Gaia ci dimostra in che modo questa interconnessione profonda ci ha donato la foresta rigogliosa, il fiume impetuoso, il calore e l’oceano blu… In breve, tutte le cose che compongono questa splendida giornata.

Cominciamo un viaggio attraverso Gaia osservando i legami tra la piacevole temperatura di questa mite giornata e la roccia di granito sulla quale siamo seduti. Rimpicciolisciti fino a raggiungere le dimensioni di un atomo e tuffati nella roccia. Non aver paura: adesso c’è moltissimo spazio in cui puoi muoverti. Quella che prima era una solida roccia, ora è diventata una spaziosa matrice cristallina di calcio, ossigeno, alluminio, silicio e altri ioni, distanti tra loro quanto le stelle nel cielo notturno.

Dirigiamo la nostra attenzione sugli ioni di calcio, perché svolgono un ruolo critico nella vita di Gaia. Come principesse prigioniere in un castello delle favole, gli ioni di calcio sono immobilizzati dalle forze elettriche nella matrice della roccia da 200 milioni di anni, forse di più.

Per loro, esiste un solo modo di evadere: formare una reazione chimica con l’acqua piovana e l’anidride carbonica dell’atmosfera. Quando questi ultimi due si incontrano, l’anidride carbonica resta imprigionata nell’acido carbonico risultante, che immediatamente si scompone in ioni di idrogeno e bicarbonato. Gli ioni dell’idrogeno caricati positivamente interferiscono poi con l’attrazione elettrica che tiene gli ioni di calcio prigionieri nella matrice della roccia, permettendo loro di combinarsi con gli ioni di bicarbonato per formare il bicarbonato di calcio.

È come se l’acqua avesse fatto le veci del prete in un matrimonio chimico tra l’anidride carbonica e il calcio. La prole di questo matrimonio, il bicarbonato di calcio, trattiene l’anidride carbonica presa dall’atmosfera in una forma “liquida”, solubile. Questa anidride carbonica “intrappolata” scorre verso gli oceani attraverso i fiumi e l’acqua freatica.

Nell’oceano, piccole alghe marine – i coccolitoforidi – raccolgono il bicarbonato di calcio e lo usano per precipitare meravigliose conchiglie di calcare (carbonato di calcio). Quando questi microrganismi muoiono, i loro corpi cadono sul fondo dell’oceano formando, nel corso di milioni di anni, imponenti depositi di calcare, come le bianche scogliere di Dover. Tali depositi di calcare possono restare intatti per centinaia, talvolta migliaia di milioni di anni, e sono l’unico magazzino veramente a lunga durata di cui Gaia disponga per quel che riguarda l’anidride carbonica eliminata dall’atmosfera.

Quando osservi i depositi di gesso o di calcare attraverso la lente dell’ipotesi Gaia, ciò che vedi è l’anidride carbonica dell’aria diventata solida: ovvero, atmosfera solidificata. Alla fine, una parte del gesso scende nelle profondità della Terra tramite gli incessanti, graduali movimenti delle grandi placche tettoniche. Qui il gesso si fonde, liberando la sua anidride carbonica che torna all’atmosfera attraverso i vulcani sia terrestri che sottomarini, ovvero le principali fonti naturali del gas.

L’anidride carbonica è uno dei gas serra. Questi ultimi intrappolano l’energia solare irradiata come calore dalla Terra, mantenendo il pianeta di 33 gradi centigradi più caldo di quanto lo sarebbe senza gas serra nell’atmosfera. La riduzione dell’anidride carbonica attraverso l’erosione rocciosa è dolorosamente lenta dal punto di vista dell’uomo; troppo, per risolvere il problema del surriscaldamento globale. L’anidride carbonica che abbiamo immesso nell’atmosfera impiegherà più di 500.000 anni per ritrovarsi racchiusa nei sedimenti calcarei sul fondo del mare. Ma, nel lungo periodo, se l’anidride carbonica mantiene calda la Terra, non è forse pericoloso eliminarla? Eliminarla in misura eccessiva non potrebbe condurre a un catastrofico raffreddamento globale, così come l’eliminarne troppo poca a un pericoloso surriscaldamento?

Sappiamo che nessuno di questi due eventi disastrosi si è mai verificato, perché la presenza della vita è abbondantemente documentata in tutti i reperti fossili. Gaia sembra possedere un termostato che ha mantenuto la temperatura adatta alla vita per i 3,8 miliardi di anni della permanenza di quest’ultima sul pianeta. E qui entra in gioco il processo dell’erosione rocciosa appena descritto.

Immagina un periodo di intensa attività vulcanica che liberi miliardi di tonnellate di anidride carbonica nell’atmosfera. La temperatura terrestre aumenterebbe, e altrettanto farebbero le piogge, per l’aumentata evaporazione degli oceani. Temperature più elevate e piogge più intense favoriscono l’erosione delle rocce calciche, che a loro volta estraggono parte dell’anidride carbonica in eccesso nell’atmosfera, raffreddando la Terra. Ma in una Terra più fredda la piogge diminuiscono, quindi c’è meno erosione delle rocce calciche, in modo che l’anidride carbonica che filtra nell’atmosfera attraverso i vulcani può accumularsi, facendo salire un’altra volta la temperatura terrestre. E ora che la temperatura è risalita, aumentano le piogge e l’erosione delle rocce, portando a temperature più fredde ecc. Questo tipo di circolo infinito si chiama retroazione negativa perché l’intero sistema è negativo al cambiamento, ovvero cerca di stabilizzare le condizioni esistenti, nonostante gli shock esterni.

Secondo James Lovelock e il suo collega Michael Whitfield, questa retroazione negativa fisica e chimica non è sufficiente a spiegare la piacevole temperatura che avvertiamo oggi. Essi sottolineano come i fenomeni chimici dell’erosione non possono aver eliminato abbastanza anidride carbonica per rendere la Terra fresca come durante questa bella giornata; suggeriscono che in questa storia manca un elemento, cioè la vita stessa.

La vita entra in scena accelerando il processo di erosione rocciosa in molti modi interessanti e un tempo insospettabili. Le radici delle piante, alla ricerca degli elementi nutrienti, spezzano la roccia in una miriade di frammenti sottili, aumentando di molto la superficie sulla quale può avvenire l’unione tra anidride carbonica e calcio; alcuni batteri secernono dei composti che si dilatano dentro le crepe e le fessure, provocando un’ulteriore frammentazione, mentre i licheni e altri organismi producono degli acidi speciali che erodono la roccia. Nella terra, alcuni microrganismi usano l’ossigeno per decomporre i cadaveri, liberando anidride carbonica che si combina con il calcio nei frammenti di roccia.

In questi vari modi, la vita accelera l’erosione chimica, e quindi la diminuzione del livello di anidride carbonica nell’atmosfera, di circa 1000 volte: un contributo notevole, oltre che un eccellente esempio di accoppiamento autogestito tra i processi chimici e fisici della vita e della non-vita, secondo la teoria di Gaia. Anche la foresta che cresce accanto alla nostra roccia granitica ha un ruolo: senza di essa e i suoi predecessori nelle ere geologiche, la Terra sarebbe stata molto diversa e più calda rispetto a oggi.

Che dire dei legami tra il nostro granito e le nuvole che fluttuano maestosamente sopra di noi? Qui, di nuovo, troviamo una splendida storia all’interno dell’ipotesi Gaia. Si dà il caso che i coccolitoforidi non si limitino a precipitare il calcare, ma che emettano anche un gas, il dimetil-solfato, che reagisce con l’ossigeno producendo quegli ioni di solfato che servono a produrre le dense nuvole bianche che vediamo fluttuare sopra la nostra testa. Queste nuvole svolgono la funzione di raffreddare la Terra respingendo l’energia solare nello spazio con la loro superficie di un bianco immacolato.

James Lovelock ha scoperto che il dimetil-solfato è presente in ogni punto nell’atmosfera sopra l’oceano. Insieme ai suoi colleghi ha proposto, all’interno dell’ipotesi Gaia, una semplice retroazione che regoli la temperatura utilizzando le nuvole e le alghe. Se la temperatura della Terra sale, bisognerebbe favorire lo sviluppo delle alghe, in modo da produrre più nuvole e quindi un raffreddamento generale. Una Terra più fresca sarebbe nociva per le alghe, che produrrebbero meno nuvole, favorendo l’esposizione della superficie scura dell’oceano al sole e quindi il riscaldamento del pianeta, e così via.

Ancora una volta, questa retroazione negativa dovrebbe tendere a mantenere la temperatura terrestre all’interno di limiti favorevoli alla vita. In realtà, gli scienziati che studiano le antiche bolle d’aria intrappolate nel ghiaccio antartico hanno scoperto che la retroazione è complessa e di difficile comprensione. Comunque stiano le cose, sembra certo che le nuvole prodotte dalle alghe siano state molto importanti nel determinare la temperatura della Terra almeno negli ultimi 178.000 anni.

Di recente, gli scienziati dell’ipotesi Gaia hanno scoperto che anche le piante terrestri raffreddano la Terra liberando prodigiose quantità di sostanze chimiche che facilitano la formazione delle nuvole. Pensa alle nuvole che si formano ogni giorno sopra la foresta amazzonica, raffreddando la Terra e riciclando acqua preziosa per la foresta stessa. Queste nuvole sono state prodotte dagli alberi, che hanno liberato sostanze chimiche in grado di facilitarne la formazione. L’effetto generale di raffreddamento delle nuvole “prodotte dalla vita” è prodigioso: senza di esse, la Terra sarebbe molto meno nuvolosa e più calda di almeno 10, 15 gradi centigradi. Inoltre, l’erosione biologica delle rocce raffredda il pianeta di una quantità che varia dai 15 ai 45 gradi centigradi.

I critici dell’ipotesi Gaia sostengono che essa è incompatibile con la teoria della selezione naturale. Non riescono a vedere in che modo le alghe o gli alberi possano evolversi fino a produrre nuvole o erodere le rocce per il beneficio di tutta la vita; infatti, la competizione può facilmente prendere il sopravvento e distruggere un sistema così altruistico. Ma l’ipotesi Gaia non richiede tanto altruismo.

Il bene comune operato dagli organismi chiave di questa ipotesi è un effetto marginale della ricerca del proprio benessere. Gli alberi della foresta pluviale emettono i prodotti chimici che contribuiscono alla formazione delle nuvole per provocare la pioggia e ricavare sostanze nutrienti dall’aria; gli alberi, i licheni e i batteri erodono le rocce in cerca di nutrienti; le alghe marine creano il gas che darà vita alle nuvole per resistere al sale degli oceani e, secondo William Hamilton e Tim Lenton, per salire alla superficie in modo da favorirne la dispersione nelle correnti ascensionali dell’aria provocate dalla condensazione delle nuvole. L’ipotesi Gaia suggerisce che tutti questi effetti particolari si intrecciano e si uniscono in una imponente e inaspettata proprietà emergente: la capacità della Terra, simile a un organismo vivente, di regolare le variabili chiave della vita. In tal modo, l’ipotesi Gaia allarga la selezione naturale per includere l’evoluzione degli organismi e del loro ambiente fisico in un tutto strettamente accoppiato.

Una semplice regola è emersa da più di venti anni di ricerche sull’ipotesi Gaia: qualsiasi specie che destabilizza Gaia sperimenterà retroazioni che ne ridurranno il numero di individui. Qui è presente una chiara lezione per gli esseri umani. In ultima analisi, non possiamo danneggiare Gaia: a lungo andare, dopo milioni di anni, essa restituirà ogni cosa al mittente. Tuttavia, possiamo fare del male a noi stessi e a molte delle milioni di specie che sono qui con noi. Nel passato, Gaia si è ripresa da grandi battute d’arresto, e probabilmente può farlo di nuovo. Se la nostra crescita economica distrugge la natura e surriscalda il clima, possiamo solo mettere in moto spiacevoli, e forse catastrofiche, retroazioni che diminuiranno o elimineranno tali attività.

Quindi, come dobbiamo comportarci con Gaia? I greci, per i quali Gaia era la riverita divinità della Terra, compresero che essa sarebbe stata gentile con chi ne avrebbe rispettato le regole, ma avrebbe spietatamente distrutto chi non l’avesse fatto. Václav Havel, ex-Presidente della Repubblica Ceca, ha sottolineato che l’ipotesi Gaia ci mette di fronte a qualcosa di più grande di noi, cui forse dovremo rispondere delle nostre azioni. James Lovelock ha recentemente espresso la sua etica, in accordo con l’ipotesi Gaia, con queste parole: “Abbiamo bisogno di recuperare il nostro antico sentimento per la Terra come un organismo e tornare a venerarla. Se riponi la tua fiducia in Gaia, questo impegno può essere felice come quello di un matrimonio ben riuscito, in cui i partner si fidano l’uno dell’altra”.

Il giorno volge al termine: l’affioramento granitico, la foresta e il fiume sprofondano nell’oscurità assoluta della notte. La speranza è che il nostro viaggio in compagnia del calcare e delle nuvole, della foresta e dei licheni, abbia contribuito a far crescere in noi la riverenza e la fiducia verso Gaia, un essere molto più vasto di noi, ma che ignoriamo a nostro rischio. Se l’umanità deve avere un futuro all’interno di Gaia, dobbiamo un’altra volta imparare a prestare ascolto al mondo “più grande dell’uomo”. Limitarsi alle “questioni umane” non è più sufficiente.

Stephan Harding è tutore allo Schumacher College, dove insegna “Teoria di Gaia” ed “Ecologia profonda”. Ha collaborato con James Lovelock.