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Giù le mani dalle zone umide

di Gabriele Bindi - 31/07/2008

 
 
 
Inquinamento e bonifiche forzate mettono in pericolo la sussistenza della biodiversità e la capacità del territorio di rispondere alle emergenze ambientali. L'appello di 700 scienziati...
Nessuno di noi vorrebbe vivere in mezzo ad una palude. Eppure a forza di bonificare ci stiamo lentamente segando il ramo sotto il quale siamo seduti. Proteggere le zone umide è urgente e indispensabile: è questo l'appello di 700 scienziati di 28 nazioni riuniti a Cuiaba, una cittadina al centro della zona umida brasiliana del Pantanal, in occasione dell'ottava International Wetlands Conference (INTECOL) promossa dalle Nazioni Unite.

Tutte le civiltà che si sono susseguite nei secoli si sono impegnate a recuperare terreni agricoli e a trovare un habitat più adatto alle condizioni umane. Il fenomeno però non può essere esteso all'infinito, perché le zone umide (paludi, regioni a mangrovie, delta dei fiumi, tundra, torbiere) pur rappresentando appena il 6 per cento della superficie del pianeta, sono un importantissimo "pozzo" naturale del carbonio, pari a circa il 20 per cento del totale, e la loro distruzione, dicono gli esperti, avrebbe effetti gravissimi.

Riescono infatti ad imprigionare circa 771 miliardi di tonnellate di gas serra (soprattutto CO2 e metano). Per ogni ettaro di palude tropicale "bonificata" vengono rilasciate 40 tonnellate di carbonio.

Circa il 60 per cento di tutte le zone umide del globo - e il 90 per cento di quelle che esistevano in Europa - sono state distrutte nel corso dell'ultimo secolo, in primo luogo per bonificare terreni per l'agricoltura, ma anche a seguito dell'inquinamento, della creazione di dighe, del pompaggio di acqua dal sottosuolo, per lo sfruttamento delle torbiere e per l'espansione urbana.

E questo a dispetto del fatto che esse hanno un ruolo altrettanto importante quanto misconosciuto per gli equilibri ecologici: "le zone umide agiscono da spugne e il loro ruolo di fonte, riserva e regolazione delle acque è largamente sottovalutato dagli agricoltori. Inoltre esse riescono a ripulire le acque da molti inquinanti organici, prevengono e attenuano le inondazioni dei fiumi, proteggono le zone costiere, riciclano nutrienti e catturano i sedimenti", ha osservato Wolfgang Junk del Max-Planck-Institut per la biologia evolutiva.

Fonte: Le Scienze