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Il Dharma della musica

di Giuseppe Gorlani - 03/09/2008

 

  

È doveroso innanzitutto precisare che chi scrive non possiede alcuna preparazione musicale specifica, ma soltanto uno sconfinato amore per la musica, sia che si tratti d'ascoltarla da un CD, o in un bosco, o in riva al mare, o, talvolta, di produrla improvvisando con amici, bambini e - perché no? - con animali, alberi, torrenti.

   Oggi si parla molto di musica della nuova era - new age music -, ma poi si scopre che numerosi autori, ormai considerati leaders di questa corrente, rifiutano tale definizione. Personalmente nutro poca simpatia per il termine “nuovo”, per lo più usato a sproposito. L'incessante divenire eracliteo, fissato nella formula «tutto scorre» (panta rhei), presuppone uno sfondo immobile senza il quale non si potrebbe apprezzare il movimento. E infatti l'Oscuro d'Efeso nel frammento 84a precisa: «Mutando sta fermo» e nel fram. 106: «[...] la natura di ciascun giorno è una e la stessa».1 Ciò che muta è maya: miraggio, apparenza, gioco divino; Reale è il permanente, lo sfondo immutabile, ci insegna la più alta metafisca a cui l'uomo abbia mai attinto: l'Advaita (Non-dualità) Vedanta, codificata da Shankara e fondata sulle Upanishad.

   Parimenti possiamo dire che un autentico valore per essere tale deve permanere uguale a se stesso, intoccato dal tempo e dalle mode; che esso si rivesta di forme espressive via via diverse, a seconda delle esigenze contigenti, è naturale; soltanto i miopi confondono l'esteriorità con la sostanza.

   Il valore e la verità essenziali della musica sono dunque atemporali e immutabili e prescindono dai confini geografici; ciò è dimostrato dal fatto semplicissimo che un animo sensibile al bello sa apprezzare qualsiasi tipo di musica, purché autentica: dalla monocroma sovrannaturalità del didjeridu  degli aborigeni australiani agli incomparabili intrecci armonici di W.A.Mozart, dal trovadore provenzale Bernart De Ventadorn agli Strawbs o ai Moody Blues, dalla musica classica indiana o araba al folk  celtico-irlandese.

   Soltanto «i cani abbaiano a ciò che non conoscono» (fram. 97), aggiunge Eraclito.2 Non ci sono limiti alla capacità di riconoscere e apprezzare la Bellezza nelle più disparate modalità espressive, e ugualmente è impossibile, a chi sappia ascoltare col Cuore - sede, secondo tutte le Tradizioni, della vera intelligenza -, non riconoscere la bruttezza celantesi dietro le maschere dell'artificio e della negatività distruttiva: punk, disco, rap, techno.

   Queste espressioni sonore agiscono sui centri energetici più bassi dell'essere umano, non per aprirli - come accade in certa musica rock - ma per tenerli chiusi in una continua illusione di appagamento. Esse sono dunque fonte di grande frustrazione, di disperazione, violenza e narcisismo esasperato: esattamente quello che i demagoghi occulti, epigoni di Sauron - il Signore tenebroso della celebre saga tolkieniana Il Signore degli Anelli - vogliono; il loro obbiettivo fondamentale è impedire alle masse di pensare, di interrogarsi sui valori dell'esistenza e sul suo fine ultimo. Si sa che un uomo frustrato e massificato può essere più facilmente dominato e tacitato.

   In opposizione e in alternativa agli aspetti degenerativi testé citati, si dichiarano le correnti new age, new world, etc. L'intento sembrerebbe lodevole; peccato però che in molti casi esse si arenino in una retorica melensa o in un sincretismo artificioso che tende a mescolare stili musicali non veramente compresi. Anche qui gli aneliti alla bellezza, all'armonia e alla liberazione non trovano piena soddisfazione, soffocati da ideologie utopistiche, da superficialità, ipocrisia ed esigenze di mercato.

   A questo punto, prima che qualche lettore frettoloso giunga a catastrofiche conclusioni, occorre dire che la musica capace di elevare l'animo ancora c'è. Essa, pur utilizzando strumentazioni elettro-acustiche, adeguate ai gusti contemporanei, riesce a lambire le spiagge del regno dell'atemporalità e ad aprire squarci d'azzurro nei cupi orizzonti del mondo.

   A proposito del sound elettronico, oggi tanto diffuso, si può dire che esso serve per dare spazio e profondità, amplificando suoni esistenti in natura, ormai inaccessibili all'uomo “civile”.

   Un proverbio tantrico dice: «Se cadi a terra è con l'aiuto della stessa che ti rialzi». Alcuni pensatori, facendo propria la logica tantrica, sostengono che, date le condizioni attuali d'estraniamento dell'uomo da se stesso e dalla Natura, dovute ad un ipertecnicismo alonato d'onnipotenza, solo con l'aiuto della tecnica, usata in modo omeopatico, il ricercatore spirituale potrà riaprire strade verso l'armonia e la conoscenza perdute.

   Nel 1968 uscì un L.P. intitolato In search of the lost chord, «Alla ricerca dell'accordo perduto», del gruppo rock  inglese The Moody Blues. È un titolo ricco di significato, pertinente a quanto stiamo dicendo, poiché i musicisti si avvalsero nella loro “Cerca” dell'uso di sostanze psicotrope e di suoni elettronici (Mike Pinder fu uno tra i primi ad usare il mellotron, perfezionandolo). Il brano The Word inizia dicendo: «Questo giardino dell'universo vibra tutto, alcuni di noi odono un suono così dolce, le vibrazioni salgono dentro di noi per diventare luce. [...] In mezzo agli occhi e alle orecchie vi è il suono dei colori e la luce di un singhiozzo! E udire il Sole, quale cosa a crederci!».3

   L’immagine sulla copertina del disco ne rispecchia bene i contenuti. A sinistra abbiamo un teschio, a destra un feto: la morte e la vita, i due volti speculari dell’Essere. In mezzo vi è un uomo seduto, un vecchio, emblema della saggezza, dalla cui testa sale un flusso di consapevolezza che sfocia nella forma ignea dell’uomo cosmico, l’uomo archetipico che racchiude tutti gli esseri, l’Adam Kadmon, sintesi della creazione, il beato Purusha dalle molte braccia. Il dipinto, dell’artista Philip Travers, riassume una via di Conoscenza: compresi e superati gli opposti in continuo divenire, il ricercatore deve, immergendosi in se stesso, svelare la propria natura originale identica all’Essere.

   Un’altra pietra miliare di quegli anni è l’album degli Strawbs Grave New World, del ’72. Il primo brano, Benedictus, ci introduce immediatamente in un’atmosfera mistico-sapienziale. Dice il testo:

 

«Benedici il giorno

 Benedici la notte

 Benedici il sole che dà la luce

 Benedici il tuono

 Benedici tutti coloro che sono causa di dolore

 Benedici l’uomo libero

 Benedici lo schiavo

 Benedici l’eroe nella sua tomba

 Benedici il soldato

 Benedici il santo

 Benedici coloro il cui cuore cresce debole».4

 

   Anche qui viene tracciato in termini sonori e poetici il viaggio che l’anima compie per risvegliarsi alla propria reale natura, oltre il sogno di separatezza dell’individualità. Significativa in proposito è l’etimologia del termine “psichedelico”: «L’etimo si potrebbe rendere in questo modo: andare a Delo con l’anima. E non sarebbe un modo fantasioso o immaginifico; non sarebbe, come d’acchito sembra, una para-etimologia. La parola ha un’evidente origine greca: psyché è l’anima e dêloun è mostrare, manifestare. Delos è ciò che è evidente e perspicuo. Tale è Delo, l’isola delle Cicladi che diede i natali ad Apollo, la divinità dallo sguardo saettante: visitata ogni giorno da un cielo di inaudita chiarità, Delo è la Manifesta, la Trasparente: “psichedelico” è allora ciò che rende manifeste le cose dell’anima, ciò che mostra elementi psichici non immediatamente evidenti».5

   Sulla copertina di questo disco compare un disegno di William Blake intitolato Glad Day, nel quale viene ritratto un giovane nudo a braccia spalancate aureolato da molti colori. Glad Day è il giorno del Risveglio o dell’Illuminazione, il giorno lieto per eccellenza. Si potrebbe dire molto sulle frequenti consonanze tra illustrazioni, testi e musica negli album di quegli anni, ma ciò ci porterebbe fuori tema.

   Tornando alla questione se sia più o meno valido utilizzare la tecnica in modo omeopatico, lo studioso Elémire Zolla scrive a proposito della realtà virtuale: «[...] gli occhiali magici mostreranno la natura illusoria d'ogni realtà, la sua scambievolezza, la sua sostituibilità e faranno quindi accedere o molti o pochi al massimo fine, la liberazione».6 Benché il ragionamento sembri possedere una sua coerenza, non mi sento di condividere una visione tanto ottimista sull'utilizzo della realtà virtuale in chiave spirituale; piuttosto, ritengo che quando si sia arrivati alla manipolazione genetica, ai trapianti che implicano un'artificiosa definizione di “morte” e commerci spietati, alla fecondazione in vitro, al matrimonio tra omosessuali con “figli”, a piaceri e ad illuminazioni virtuali, alienanti ancor più l'uomo da se stesso, non si rientri più nelle dosi  omeopatiche  sopraccennate. Tolkien, il grande bardo, sosteneva che non si può combattere il male con le sue stesse armi, rimanendone immuni.

   Il plagio dello scientifismo evoluzionista ha indotto molti, incapaci di riflettere profondamente, a credere che l'uomo moderno sia migliore dell'antico. È il mito del “progresso”, il credere che il meglio sia sempre là, in avanti; e intanto, smarrite le radici e disperse futilmente le proprie migliori energie, ci si ammala, si soffre e si muore, ignari dell'unico vero Bene: la beata consapevolezza di non essere, in essenza, l'oggetto mutevole dell'osservazione, che migliora o peggiora, bensì il Testimone, il puro Essere senza attributi, eternamente qui ed ora. La saggezza tantrica ancora ci ricorda: «Ciò che è qui, è altrove e ciò che non è qui non è in nessun luogo» (Vishvasara Tantra). E il Siddha  tamil Shivavakkiyar canta: 

 

«I pigri indolenti dicono:

Egli è lontano, lontano, lontano

da qui!

Ma il Supremo è diffuso in ogni dove

sulla Terra e nei Cieli.

O voi, poveri sciocchi

che correte storditi e dolenti

per città e campi e foreste

in cerca di Lui!

Egli è proprio là, dentro di voi!

Fermatevi e ascoltateLo,

ascoltateLo!».7

 

   Nel campo della musica, il ritenere che i computers  e le sonorità elettroniche abbiano permesso di scoprire chissà che è un grave errore da evitare accuratamente.

   Pochi anni fa sono usciti alcuni CD del musicista olandese Chris Hinze, il quale, in collaborazione con validi musicisti indiani, modernizza raga  e mantra. Tra i molti CD ne cito uno paradigmatico, Blue glass; in esso il nostro suona il flauto in collaborazione con The Karnataka College of Percussion; sulle note di copertina si legge: «Special thanks to Kurzweil for their incredible 1000-series Expanders». Il risultato è tuttavia modesto e, in alcuni punti, sgradevole. Basta ascoltare uno dei tanti dischi di musica classica indiana, eseguita in modo tradizionale, per rendersi conto della differenza. Se poi si ha avuto la fortuna di partecipare direttamente all'evento di un concerto ad alto livello di questo genere musicale, si sa con assoluta certezza che l'elettronica non può aggiungere nulla alla capacità dei maestri indiani di comunicare bellezza ed estasi.

   Gli orientali hanno sempre conosciuto la liquida spazialità del suono; ne sono testimonianza i loro strumenti, in particolare la tamboura che produce un'onda sonora ininterrotta e ciclica, dando il senso dell'eternità.8 Questo strumento, tra l’altro, viene associato in India alla Shruti, ovvero alla Tradizione direttamente udita, rivelata, che si situa fuori dallo scorrere delle età.  

   In quanto figlio del mio tempo, debbo comunque dire che la musica psichedelica irruppe nel panorama della cultura borghese (già conosciuta duemila anni fa e detta dei «sepolcri imbiancati») come una ventata di gioia e d'entusiasmo. Conosco molta, troppa gente per la quale l'ascolto della musica classica, o il nozionismo accademico rappresentano solo forme d'ostentazione, al pari di una pelliccia o di una automobile lussuosa alla moda.

   Ricordo che nel corso della trasmissione «Per voi giovani»,  più di trent'anni fa, il conduttore chiese agli ascoltatori che cosa ne pensassero di Atom Heart Mother dei Pink Floyd; un ragazzo disse: «Vedo montagne, boschi, vallate e fiori meravigliosi irradianti pace». In una recensione ad un altro L.P. dei Pink Floyd, comparsa sulla rivista underground  Paria” del Canton Ticino, ci si esprimeva così: «C'è un'aquila che ruota lenta nel cielo, forse viene direttamente dal sole per portare un messaggio di Luce». Quale differenza con le canzonette di Sanremo! Un abisso separa queste da quella: altro che musica leggera!

   Oggi quell'entusiasmo - “pericoloso” perché antitetico alla via della fabbrica, della scuola e della televisione al servizio della menzogna - è stato stroncato dal lavoro sottile di chi ha saputo indirizzare i giovani verso l'eroina, l'erotismo separato da ogni sacralità o sentimento,9 l'alcolismo, l'indifferenza perbenistica o la banalità di vivere per l'automobile e la camicia firmata dal furbo più in vista del momento.

    La musica rock  già da molti anni non raggiunge più le vette ispirate dei Moody Blues, degli Spirit, dei King Crimson, dei primi Genesis, dei Quintessence, dei Jethro Tull, dei Traffic, di George Harrison, dei Magna Carta, dei Pearls Before Swine, del nostro Claudio Rocchi de La Norma del Cielo e di tanti altri gruppi più o meno conosciuti di quei tempi.

   Un segnale positivo di ripresa mi sembra l'attuale tendenza a rileggere il rock  nella sua originalità espressiva, rifiutando infiltrazioni techno o disco. In ambito cosidetto new age si è invece diffuso l'uso di suoni della natura combinati alla musica. L'idea di per sé è buona, peccato però che - come già detto - qui si cada spesso nel sentimentalismo e nell'ecologismo di maniera, intorno al quale gravita il fiorente e variegato mercato dell'”alternativo”.

    L’uso di suoni della natura nella musica era già stato comunque tentato con successo nell’ambito del rock anni ’60 e ’70, che aveva una vena sperimentale assai spiccata. L’intento era quello di creare ambienti sonori particolarmente intensi, in pratica dei veri e propri incantesimi nei quali l’ascoltatore attento potesse immergersi.

   Il primo album dei Black Sabbath, per esempio, si apre con il ticchettare della pioggia, rombi di tuoni e i rintocchi di una campana dai quali emerge il suono tenebroso delle chitarre. Il già citato Luigi Maggi nota come, ascoltando le loro canzoni: «[…] si può constatare come in realtà il loro satanismo si rivela come catarsi e la violenza come purificazione». Tant’è che nella canzone Children of the grave essi «[…] rivolgono ai giovani questo monito: “Se volete un posto migliore dove vivere / Diffondete oggi la parola / Mostrate al mondo che l’amore è ancora vivo / Altrimenti voi figli dell’Oggi sarete figli della tomba”».10

   Un altro album triplo, denso di rumori suggestivi usati in chiave psichedelica, è Consequences di Lol Creme e Kevin Godley della band inglese 10cc. Ma anche i Pink Floyd usarono spesso i suoni più disparati nelle loro opere; paradigmatico è Music from the Body di Ron Greesin e Roger Waters.

   Ad ogni modo non credo che i CD con canti d'uccelli e mormorii d'acque servano se poi non ci si accende al desiderio di uscire da fabbriche, scuole e città (prigioni della creatività e dell'intelligenza) per immergersi nel tempio della Natura ad ascoltare i veri uccelli (ormai rari), i veri ruscelli, il mare o il battito del proprio cuore.

   Vi consiglio un esperimento: prendete un'ektara - strumento con una corda sola, due strisce di bambù flessibili e una cassa di risonanza - e andate a suonare su qualche spiaggia deserta, in una foresta o ai piedi delle grandi montagne. Là giunti, suonate, suonate, raccogliendo la vostra sete di bere alla Fonte dell'unica inesprimibile Sapienza, aprendovi a tutto l'amore inespresso che attende d'essere risvegliato, e posso assicuravi che non tarderete a sentire il risuonare delle ottave superiori: voci di Deva, echi di cosmici mantra, suoni stellari ed effetti psichedelici tra i più sublimi, inimitabili persino dagli Expanders della serie 1000.   

   Fatale è il perdere di vista quale sia la vera funzione (Dharma) della musica, coincidente col senso essenziale della vita. Forse il chiedersi se la musica abbia una funzione e quale sia è un quesito che non ci si è mai posto; in tal caso occorre porselo, poiché è di fondamentale importanza pervenire a sapere, dal di dentro, che il Dharma della musica-vita è in-cantare, entusiasmare (en-theos) e illuminare, portando gradualmente la mente al silenzio, sino ad oltrepassare la soglia del Regno ove risuona la Voce ineffabile dell'Essere e noi stessi si è «il suono di una mano sola».

 

 

 

 

Note

 

1) Eraclito, I Frammenti, Marcos y Marcos, Mi ‘89.

2) Ibidem

3) Luigi Maggi, La Musica e il Nuovo Piano di Coscienza, Bresci Edit., To ’74, pp. 63,64.

4) Ibidem, pp. 118,119.

5) Antonio Castronuovo, La Gnosi Psichedelica, in L’Immaginazione al Podere, Stampa Alternativa, Vt 2005, p. 42.

6) Elémire Zolla, Uscite dal Mondo, Adelphi Ed., Mi ’92, p. 31.

7) Shivavakkiyar è «dopo Tirumular, il più grande dei veri poeti Siddha dell'India tamilica». In I Maestri dei poteri - I Siddha tamil dell'India  di Kamil V. Zvelebil, Ubaldini, Roma ‘79, pp. 77, 79, 80.

8) Per una conoscenza più approfondita degli strumenti utilizzati nella musica indiana, si rimanda a Introduzione alla musica indiana di Paolo Imperio, ed. Contributi Scientifici, Roma ‘82.

9) Franco Battiato, in Auto da fé (dal CD Gommalacca, ‘98), canta: «Voglio praticare il sesso senza sentimenti». Oggi lo pseudotantrismo narcisistico si sta rivelando una merce particolarmente remunerativa.

10) Vedi nota n. 3, pp. 106,107.