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E il mondo si scioglie...

di Silvana Pedrini - 05/09/2008

 

Niente da fare. Non c'è orso polare che tenga, neppure quando migliaia di immagini ce lo mostrano arrancare disperato sull'ultima crosta di ghiaccio calpestabile. Neanche la paura di dire addio per sempre al magico biancore che regna sovrano nei nostri sogni quando ci immaginiamo (pochi li hanno visti dal vivo) i bagliori del Polo Nord. No, Amundsen si sta rivoltando nella tomba perché non c'è pietà di fronte alla distruzione del sistema eco-ambientale della cui perfezione, peraltro (paradossalmente), l'uomo fa parte. Ieri l'ultimo segnale di allarme: enormi «lingue» di ghiaccio, da millenni attaccate alla costa canadese dell'Artico, si sono sciolte fino a distaccarsi; la più grande, una piattaforma di 50 chilometri quadrati, ora è alla deriva. Segnale di un cambiamento climatico ormai irreversibile, dicono i glaciologi. Il Polo Nord si perdendo in acqua.
Ma le superpotenze già si organizzano militarmente per litigarsi il fondale marino, ricco di petrolio, gas e di uno stimato 10-25% degli idrocarburi ancora da scoprire. Ancor prima di dimostrare che la dorsale Lomonosov, catena montuosa sottomarina che attraversa tutta la regione artica, è geologicamente un prolungamento della Siberia, la Russia ha già piantato una bella bandiera di titanio sul fondo del mare. L'America pure non sta ferma, anche se è in notevole svantaggio rispetto alle nazioni in lizza, per non avere mai aderito alla convenzione sulla legge del mare promossa dalle Nazioni unite. Il Canada ha dato il via a nuove spedizioni scientifiche e sta preparando una flotta artica. I limitrofi stati della penisola scandinava rivendicano la proprietà del territorio in quanto logica continuazione della Groenlandia. Tutti pensano ad arraffare prezioso suolo sottomarino, reso agibile dallo scioglimento di quel ghiaccio che garantiva la sopravvivenza di tante specie animali e l'equilibrio climatico utile alla vita stessa della «bestia uomo». Amaro il commento di Mark Serreze (del National Snow and Ice Data Centre dell'Università del Colorado): «La più grande ironia sta nel fatto che lo scioglimento dei ghiacci artici ci darà libero accesso alle risorse energetiche che accelereranno ancora di più il mutamento dell'equilibrio climatico». I supercolossi dell'economia mondiale se ne infischiano, le riserve energetiche aumenteranno e le loro tasche si gonfieranno: solo questo conta. Tra i vari punti di vista sulle conseguenze del disastro ambientale, due si contraddicono e riguardano la crescita del livello degli oceani. C'è chi dice che salirà, magari inglobando in un «nuovo mediterraneo» le popolazioni a rischio di estinzione che andranno a far parte del Canada, dell'Alaska e della Siberia (Trausti Valsonn, docente di Pianificazione ambientale all'Università di Islanda a Reykjavik).
C'è chi invece sostiene che il ghiaccio prima di sciogliersi definitivamente galleggerà per un tempo lunghissimo, e non metterà a rischio la vita dei paesi più vicini al livello del mare. Più auspicabile ci sembra senza dubbio la seconda ipotesi. Intanto il mitico Passaggio a Nord Ovest, fino a ieri proprietà discussa tra Canada e paesi scandinavi (ma che gli Stati uniti vorrebbero «internazionale»), diventerà, liberato dai ghiacci, una via d'accesso facile e vantaggiosa: dall'Europa all'Asia si risparmierebbero ben ottomila chilometri rispetto alle tradizionali rotte attraverso Panama.
C'è da giurare che anche se anche la scienza arrivasse a evitare il surriscaldamento della temperatura terrestre, le grandi compagnie petrolifere troverebbero il sistema di boicottare ogni sano tentativo degli scienziati.