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Patriota Dante, padre di tutti gli esuli

di Giovanni Belardelli - 08/09/2008

  
Alla luce del libro L’esule tra gli esuli di Fabio Di Giannatale, Giovanni Belardelli analizza il forte interesse nutrito da molti esponenti dell’élite politica e culturale del Risorgimento nei confronti della figura di Dante.
Foscolo, Mazzini, Tommaseo, Gioberti e Balbo videro in Dante sia il padre di tutti gli esuli italiani, sia il precursore dell’unità nazionale: colui che con la
Commedia aveva “creato” la lingua degli italiani. Per Belardelli il libro riesce a mettere bene in evidenza questo comune sentire mostrando al contempo le differenti letture di Dante che riflettevano i diversi orientamenti politici e diverse soluzioni al problema nazionale proposte da intellettuali del tempo.

Verso il 1840 Giuseppe Mazzini, esule a Londra, dedicò alcuni mesi a proseguire il commento della Divina Commedia lasciato incompiuto da Ugo Foscolo. Alla stessa epoca un mazziniano anch’egli esule nella capitale inglese, l’attore Gustavo Modena, ebbe un notevole successo con le sue «dantate»: spettacoli nei quali impersonava Dante che dettava a uno scrivano gli episodi più significativi della Commedia. Alcuni articoli su Dante pubblicò Aurelio Saffi, che di Mazzini sarebbe divenuto l’interprete o l’erede ufficiale. Del poeta fiorentino scrissero in quegli anni anche dei cattolici moderati come Vincenzo Gioberti e Cesare Balbo, i quali sul problema dell’indipendenza italiana proponevano soluzioni distanti anni luce da quella di Mazzini ma nutrivano un interesse non inferiore al suo per l’autore della «Commedia». In effetti, come illustra bene il volume di un giovane studioso, Fabio Di Giannatale, L’esule tra gli esuli [...], molti esponenti dell’élite risorgimentale, quali che fossero le loro tendenze politiche, si dedicarono a studiare seriamente Dante, pubblicando su di lui articoli e volumi, in qualche caso anche commenti dell’opera maggiore. Il Risorgimento, dunque, fu caratterizzato da un vero e proprio mito di Dante. Nel poeta costretto a lasciare Firenze oltre cinque secoli prima si vedeva, per una sorta di identificazione, «il gran padre» di tutti gli esuli politici, come scrisse Foscolo, esule egli stesso. Nel caso di quest’ultimo, il processo di sovrapposizione tra la sua biografia e quella di Dante era tale che, come ebbe a osservare Carlo Cattaneo, «quasi non si scorge se Foscolo parli di Dante o di se stesso». Ma ancora più importante era il fatto che Dante venisse considerato come una sorta di padre della nazione, perché ne aveva creato la lingua e la poesia: era questo che consentiva di definire la «Commedia», sempre secondo Foscolo, «il libro degli italiani».
Accentuando questa lettura, Mazzini volle vedere in Dante un precursore dell’unità nazionale e della stessa moderna civiltà europea. Si trattava, in questo e in tanti altri casi, di interpretazioni fortemente orientate da una finalità politica, ma che si sostanziavano di studi niente affatto episodici come dimostra proprio il caso di Mazzini che, dopo aver dedicato all’«amor patrio» di Dante un suo scritto giovanile, praticamente non cessò mai di occuparsi del poeta. Naturalmente il patriottismo risorgimentale, proprio perché di Dante dava una lettura molto attualizzata [...] non mancava di criticarne alcune idee, anzitutto la fiducia riposta nel ruolo pacificatore dell’imperatore tedesco Arrigo VII. Né mancavano le differenze tra le varie interpretazioni e i contrasti a volte aspri tra i vari interpreti: scriveva ad esempio Niccolò Tommaseo che Foscolo «quando parlava di Dante imbecilliva». [...] Di Giannatale illustra bene queste varie letture in chiave patriottica, sottolineando anche come quell’interesse così fortemente legato alla battaglia nazionale, quell’attenzione così politicamente orientata avessero comunque un ruolo non secondario nel contribuire alla rinascita dell’interesse per l’opera dantesca che si verificò a livello internazionale. Nei primi decenni dell’Ottocento, infatti, le pubblicazioni di e su Dante si succedettero a un ritmo frenetico. [...]
In un saggio di vari anni fa uno studioso francese, Etienne Fournol, contrapponeva, all’interno dell’Europa, le nazioni «classiche» alle nazioni «romantiche». Le prime, nate dall’azione politica e militare delle grandi monarchie condotta in un periodo di tempo piuttosto lungo, erano «figlie della realtà» mentre le seconde, nate anzitutto grazie al ruolo decisivo svolto dal dato culturale e più specificamente letterario, gli apparivano «figlie della poesia». Ammesso che vi potesse essere qualche dubbio, il culto che negli anni del Risorgimento circondò l’autore della «Divina Commedia» conferma appieno come l’Italia appartenga certamente al secondo gruppo.

Fabio Di Giannatale, L’esule tra gli esuli, Edizioni scientifiche abruzzesi 2008, pp. 134, €15.