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Pound economista, mai così attuale, mai così profetico

di Simone Migliorato - 09/09/2008

 

 
 
 
“Lavorare meno lavorare tutti”. Per chi non conosce Pound e la sua poetica, e soprattutto per chi è impigliato in vecchi schemi ideologici, lo slogan è indissolubilmente legato alla sinistra. E magari si stupirà di ritrovarlo nel sottotitolo di un libro di Ezra Pound, ABC dell'economia, curato da Giuseppe Leuzzi (shaskespeare anda Company, 192 pagine, 16 euro. La passione per l'analisi economica del poeta di Haely è nota e l'ha ben raccontata Miro Renzaglia (nella foto), estimatore e studioso di Pound: “..non si possono scindere dalla lettura dei Cantos le tesi economiche che ne costituiscono la struttura argomentativa. Se tali contenuti fossero trascurati come farneticazioni teologiche, potremmo pure continuare a goderci il bello scrivere del Sommo, ma ci sfuggirebbe il senso profondo del capitolo più alto della poesia del ‘900... In definitiva, la teologia sta a Dante e alla Commedia, come l’economia sta a Pound e ai Cantos: eretico teologico il primo, eretico economico l’altro”. E ancora: “Pound scelse l’economia come pre-testo poetico perché era persuaso che essa (l’economia...) fosse fattrice centrata nei e dei rapporti dinamici della storia. Come a Dante (di nuovo...) premeva affrontare i nodi problematici fra potere temporale e autorità spirituale che movevano le dispute civili, sociali e belliche del suo periodo, per Pound il nodo da sciogliere è stato quello fra interessi finanziari ed etica dello Stato”.
Tra le diverse idee rivoluzionarie espresse nel libro, come ad esempio il credito sociale, parliamo proprio dell’idea poundiana del “lavorare meno, lavorare tutti”. Per assurdo, anche se assurdo poi non è, questo Pound potrebbe stare benissimo nel film di Guido Chiesa del 2004, Lavorare con lentezza, che racconta la storia di Radio Alice, la radio libera che trasmetteva a Bologna negli anni ’70, e che rappresentava l’ala creativa del movimento. I ragazzi di Radio Alice cantavano “Lavorare con lentezza senza fare alcuno sforzo chi è veloce si fa male e finisce in ospedale in ospedale non c'è posto e si può morire presto/Lavorare con lentezza senza fare alcuno sforzo la salute non ha prezzo”. Pound già nel 1933 lancia una provocazione con molte assonanze: lavorare non otto ore al giorno ma solo quattro, perché “si può vivere infinitivamente meglio con pochissimo denaro e moltissimo tempo libero, che con più denaro e meno tempo. Il tempo non è denaro, ma è quasi tutto il resto”.
Nell'era del consumismo globale le parole di Pound possono sembrare assurde. Ma già negli anni '30 costituivano un appello assolutamente trasgressivo: il poeta ne è consapevole, riconosce la possibilità che una rivoluzione del genere sarebbe rifiutata dagli stessi lavoratori. Ma invita lo stesso a riflettere sul valore del tempo, grande spada di Damocle sulle vite di noi moderni.
Pound parte dall’idea di un ozio creativo, un ozio dedito alla propria felicità individuale fuori dall’inquietudine della produzione capitalista, in cui come afferma, un uomo che cucina il suo pasto o costruisce la sedia sulla quale si siede esce dall’intero ciclo dell’economia (marxiana, aggiunge). Nella visione poundiana dell’economia, questa non può appunto non interessarsi ai problemi etici e primari dell’uomo, e non deve diventare solo una materia che presenti all’umanità come soluzione “produci, consuma e sei felice” (anche se suona meglio “produci, consuma e crepa”).
Questa visione poi è stata ripresa anche da un famoso economista, che guarda caso, proviene sempre dal continente americano: Richard Easterlin, oggi professore di Economia all’università di Southern California, che negli anni ’70 parlò del paradosso della felicità, più conosciuto come il “Easterlin Paradox”. In pratica l’economista si rese conto che la felicità delle persone che aumentavano il loro reddito, saliva fino ad un certo punto, per poi calare vertiginosamente. Enunciò questo paradosso dopo aver analizzato con attenzione le auto-dichiarazioni sulla felicità degli intervistati, arrivando a pensare che l'equazione economica, "guadagno uguale benessere", non fosse del tutto esatta.
Ma Pound non mira certo al ritorno alla povertà? La domanda che lui si pone, sembra è tutt'oggi sconvolgente: “Ci sono merci a sufficienza. Perché si muore di fame?”. L’idea poundiana è l’idea di una vita che possa permettere agli esseri umani di creare e di darsi valore, dove ozio e pensiero non significano pigrizia, ma è “tutt’altra cosa che il superlavoro di alcuni e lo spettacolo dei milioni dell’inattività”. Viene alla mente un altro economista, questa volta di casa nostra, che si occupa di questo: si chiama Stefano Bartolini (foto a destra), è docente di Economia Politica all’università di Siena, e sta per pubblicare un libro intitolato Manifesto per la felicità. Anche lui basandosi sul paradosso di Easterling, è arrivato alla conclusione che il nostro metodo di accumulo di beni, viene perseguito distruggendo il modello sociale delle relazioni umane, non facendoci però percepire il benessere della felicità. Questo modello di aggressione economica si è trasferito anche nelle nostre vite, creando appunto degli “oceani di solitudini” negli esseri umani.