Vivere con pochi soldi (commento all articolo “vivere senza soldi “di Marco Cedolin)*
di Massimo Corbucci - 12/09/2008
Come aderente del partito per la decrescita ho letto con piacere gli apprezzamenti ad essa rivolti.
Purtroppo capita spesso che a tali apprezzamenti si accompagni una lista di buone intenzioni a beneficio delle persone virtuose. La qual cosa rende tutto poco concreto.
Ma nell’articolo in questione si faceva riferimento ad un caso pratico : veniva riportato l’esperienza di una professoressa di Bristol che ha vissuto per un anno con circa 1,5 € al giorno.
Il fatto che questo ”miracolo” si realizzasse tramite vari e fantasiosi espedienti non riproducibili nella vita di tutti i giorni e che alla fine dell’esperienza la signora ne facesse materiale di un libro di successo, solleva giuste perplessità a cui mi associo.
Tuttavia colgo l’ occasione per riportare un esperimento analogo , ma che, per la sua natura, ha dato dei risultati a pare mio più fruibili.
Una persona che per facilità chiameremo Angelo, si è trasferita a vivere nella casa di campagna di un amico. Erano a sua disposizione, oltre alla casa, uno scooter con l’assicurazione pagata ed un computer con la connessione internet. L’amico in questione ha continuato a pagare i canoni delle utenze ( luce gas, telefono).
Obiettivo era riscontrare l’incidenza economica dei consumi necessari per una vita dignitosa sia da un punto di vista di mera sussistenza che di relazioni sociali, sterilizzando i costi da tutti i canoni ed ammortamenti.
Angelo ha fatto fronte a tutti i suoi bisogni: mangiare, vestirsi, scaldarsi comunicare, viaggiare in internet, spostarsi con lo scooter. Il tutto, senza ricorrere a fantasiosi espedienti, è costato una media di 10€ /giorno.
Maggiori ragguagli sono disponibili, ma ciò che vorrei evidenziare è che un individuo, casa proprietario (in Italia lo è circa il 70% della popolazione), con uno stile di vita sobrio, potrebbe gestire i propri consumi ordinari, sottolineo ordinari, con 300€ /mese.
Questo , seppur nella sua parzialità , è, a parer mio, un risultato che può servire come spunto di riflessione.
Se ci avventuriamo più in là e tentiamo di prendere in considerazione altri fattori come le spese straordinarie , i tributi, l’acquisto di beni durevoli con tutta la manutenzione che ne consegue , etc . etc, il discorso si complica e ci costringe ad entrare a piè pari nella logica del complesso sistema che ci è stato costruito intorno. A quel punto qualunque spesa trova una sua giustificazione e non siamo più in grado di separare una cosa dall’altra.
Tuttavia anche il solo constatare che un terzo di quello che è definito reddito di povertà è sufficiente alla gestione ordinaria dei nostri bisogni, dovrebbe porci seri interrogativi su dove vanno a finire i nostri soldi e quindi le nostre energie.
Potrebbe suscitare in noi il desiderio di affrancarci da una rete di spese indotte e coatte che liquefanno il nostro reddito.
Potrebbe farci supporre che risparmiare è possibile; e di conseguenza è possibile riappropiarsi del tempo libero, oppure liberare risorse economiche per acquistare ciò che veramente ci piace.
*(riceviamo e pubblichiamo)