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Ex-Cirielli

di Francesco Mario Agnoli - 06/02/2006

Fonte: Francesco Mario Agnoli

   Salvo improbabili  dubbi di  costituzionalità  del presidente Ciampi al momento della firma la ex-Cirielli  col voto al Senato ha superato gli ostacoli e si appresta  a diventare legge dello Stato.
    Diciamo subito  che non sono  meritati  né gli elogi della maggioranza, né le demonizzazioni  cui l'opposizione  non  ha saputo rinunciare nemmeno  dopo che la non applicabilità ai processi in corso in qualunque grado di giudizio (per quelli in primo grado  dopo la dichiarazione di apertura del  dibattimento) hanno eliminato  il sospetto  (forse più strumentale che reale) di legge  ad personam, destinata cioè a favorire la posizione  dell'on. Previti sotto processo a Milano.  Va anche detto che queste critiche, soprattutto quelle dei tecnici (magistrati e avvocati) riguardano  non la legge nel suo complesso, ma  in particolare le disposizioni che modificano  i termini di prescrizione. Sulle altre norme  (pene più severe per i recidivi e per i reati di criminalità organizzata) vi è in via di massima  consenso (eccezion fatta per  l'on. Pannella, che contesta l'inasprimento per i recidivi), anche se non è mancato chi  ha fatto maliziosamente  rilevare che le varie parti della legge  non sono necessariamente connesse. In altri termini  sarebbe stato possibile  aumentare queste pene senza incidere sui tempi  di prescrizione. Il legislatore  le  avrebbe (il condizionale è tutto nostro) le  assemblate per fare passare con i graditi (dall'opinione pubblica) aumenti (delle pene)  le sgradite diminuzioni (dei tempi).
    In realtà un giudizio equilibrato  e senza connotazioni politiche di partito deve riconoscere  che il fine perseguito  con la diminuzione dei tempi di prescrizione è giusto mentre inadeguato, o addirittura pericoloso, sembra  lo strumento scelto, suscettibile di determinare quel  fenomeno, in genere deprecabile, che va sotto il nome di eterogenesi dei fini.
    Il problema è, ovviamente e come sempre, quello dei tempi lunghissimi dell'amministrazione della giustizia sia  penale sia civile.  Nella realtà il fenomeno è quantitativamente ancora  più rilevante  nel settore della giustizia civile, ma il legislatore ha pensato, forse non  a torto, ad una maggiore gravità  della lentezza dei processi penali, che tengono  per anni e anni  possibili innocenti (anzi, secondo il disposto costituzionale, presunti innocenti), anche se non in stato di detenzione, sotto l'incubo della condanna e, fin che dura il processo (a volte anche dopo, ma qui  colpa e rimedi non sono del legislatore, caso mai dei mass-media), in una condizione di sospetto e disistima sociale.
    Lo strumento -  si  è detto -  è quello dell'intervento sui termini di prescrizione (trascorsi i quali non è più possibile perseguire gli autori  del reato).  Nelle grandi linee, mentre  il codice penale in vigore  differenzia questi termini  raggruppando i reati a seconda  della natura (delitti e contravvenzioni) e della misura della pena, superiore o inferiore  a un certo limite da calcolarsi  anche in base alle aggravanti e alle attenuanti ritenute  dal giudice  o alle attenuanti  da lui concesse, il nuovo sistema fa  riferimento alla misura edittale (senza calcolo di attenuanti ed aggravanti) della pena  prevista per ogni reato (esclusi quelli puniti con l'ergastolo, imprescrittibili).
     Dal momento che questo meccanismo comporta per la maggior  parte dei reati una diminuzione, in alcuni casi non indifferente, dei termini di prescrizione,  ne dovrebbe derivare un'accelerazione dei tempi della giustizia grazie all'impegno degli organi giudiziari ad evitare  prescrizioni che, oltre a rappresentare una  sconfitta  della  giustizia, possono  comportare  procedimenti e sanzioni disciplinari  a carico dei  responsabili.
     E' tuttavia grande il timore che ancora una volta  il legislatore  abbia scelto  la strada, in apparenza  più semplice, ma  scarsa di risultati, di accentrare l'attenzione sugli effetti e non sulle cause.  In realtà   fino al varo di questo progetto, che  in corso d'opera ha cambiato paternità, nessuno aveva individuato  fra le cause principali della  troppo lunga durata dei processi  la vigente disciplina della  prescrizione, che potrebbe determinare questo effetto perverso solo se  i magistrati, contando sui suoi  tempi  lunghi,  decidessero di mettere mano ai fascicolo (o ai "faldoni") solo  all'avvicinarsi della scadenza. E' vero: anche in primo  grado e ancora più spesso in appello molti processi  vengono decisi  a termini di scadenza assai  prossimi, ma  questo è accaduto, accade ed accadrà proprio perché la mole del lavoro, l'insufficienza degli organici e  dei mezzi  in molti uffici,  nonché le eccessive complicazioni delle procedure costringono troppi magistrati ad un continuo e improgrammabile  inseguimento  delle prescrizioni. Un inseguimento che  le nuove regole, non incidendo sulle vere cause dei ritardi,  imporranno di condurre  a ritmi sempre più frenetici finché la constatazione  dell'inutilità della rincorsa  di tempi sempre lunghissimi, ma troppo brevi per le capacità produttive del sistema si tradurrà  nella rassegnata  accettazione di un aumento dei reati prescritti e anche, come effetto  collaterale, di una maggiore discrezionalità di fatto  (alla faccia del principio  dell'obbligatorietà dell'azione penale) nella scelta  dei  reati da perseguire  fino alla conclusione del processo e di quelli da lasciare invece prescrivere.
    Appunto l'eterogenesi dei fini.