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È possibile eseguire, per mezzo della magia nera, una sostituzione di anime?

di Francesco Lamendola - 27/09/2008

C'erano due sorelle, di carattere molto diverso: la più giovane era maligna e invidiosa, la più grande era buona e gentile; e amavamo entrambe lo stesso uomo. Questi, alla fine, scelse la seconda; e l'altra, non riuscendo a sopportare la delusione, si uccise. Da quel momento, avvenne una trasformazione straordinaria nella giovane sposa: il suo modo di essere cambiò bruscamente e totalmente, mostrando - in tutto e per tutto - i caratteri inconfondibili della sorella recentemente defunta.

Il caso, veramente sconcertante, è riportato nel libro di Marc Alexander La mia vita col diavolo, dedicato alla vita di esorcista del pastore anglicano Donald Omand e alle strane esperienze di costui nel mondo dell'occulto. (1)

Si tratta, se pure ve ne sono, di casi rarissimi, addirittura irrilevanti dal punto di vista statistico; ma, al tempo stesso, di casi estremamente interessanti, non solo per l'eccezionalità della fenomenologia che manifestano, ma anche per la complessità delle implicazioni filosofiche e teologiche che ad essi è correlata.

In buona sostanza, si tratta di questo. È possibile che esista una particolare tecnica di magia nera che consiste nella «sostituzione di anima», ossia nella capacità dell'essenza spirituale di un essere umano di impossessarsi del corpo di un suo simile, trasferendovisi integralmente e lasciando che il proprio corpo sia occupato da quell'anima, per così dire, «sfrattata»?

Questa domanda ha sempre affascinato gli uomini, sin dai tempi più antichi e dalle società animiste che, oggi, sopravvivono quasi solo nelle pagine dei trattati di etnologia e antropologia; e la magia, e precisamente la magia nera, è sempre stata considerata in grado di svelare i segreti mediante i quali realizzare una tale sostituzione, ovviamente all'insaputa dell'individuo prescelto come nuovo ricettacolo, da parte del mago, dell'anima di quest'ultimo.

Fantasie, leggende? Può darsi.

La psicologia accademica, in presenza di cambiamenti improvvisi e radicali non solo del comportamento esteriore, ma di tutto il sistema di riferimento spirituale di un individuo, parla di «sindrome della personalità multipla», oggetto di romanzi e di film a sfondo sensazionalistico, come il celebre Marnie, uno dei capolavori di Alfred Hitchock. (2) E ciò sulla base della  constatazione, piuttosto ovvia,  che la personalità umana è una unitas multiplex: contiene, cioè, molte cose in una. (3)

Tuttavia, a prescindere dal fatto che, in realtà, questa sembra essere più una comoda etichetta che una reale spiegazione del fenomeno, resta il fatto che la personalità alternante può, sì, prendere il sopravvento totale su quella primaria (peraltro, in casi rarissimi); ma non è dato di vederla comparire di colpo, senza alcuna manifestazione preliminare.

Qui, invece, stiamo parlando di cambiamenti totali che si verificherebbero in modo subitaneo; e, per giunta, di cambiamenti contemporanei da parte della personalità di due esseri umani, i quali si scambierebbero, per così dire, l'intera personalità, ma senza il concorso della volontà di uno dei due, che sarebbe quindi nella stessa situazione di un organismo vivente parassitato da un altro organismo vivente.

Anche la letteratura ha subito il fascino di una tale possibilità e, dal Faust di Goethe a Lo strano caso di Mr. Jekill e del signor Hyde di Stevenson, ha trattato dei temi ad essa affini; ma lo scrittore che ha affrontato di petto l'argomento è stato Julien Green, il celebre autore di Leviathan e di Adrienne Mesurat, in uno dei suoi romanzi meno noti, ma più originali e toccanti: Si j'étais vous… tradotto in italiano col titolo Essere un altro. (4)

È la storia di un giovane inquieto e frustrato, Fabien Especel, che, amareggiato dal vuoto della propria vita, si lascia tentare dal diavolo a scambiare la propria anima - per mezzo di una formula magica segreta che gli viene insegnata - con quella di chiunque voglia; ma che, dopo alcuni passaggi da un corpo all'altro (non privi di momenti e situazioni altamente drammatici), sempre più angosciato e disilluso, decide di «rientrare» nel proprio corpo, giusto in tempo per morire tra le braccia della sua vecchia madre.

Riassunta la trama in maniera così drastica, la storia potrebbe anche apparire banale; invece si tratta di un libro di notevole finezza psicologica e di sofferta profondità spirituale; come, del resto, tutti quelli del grande scrittore francese di origine americana, recentemente scomparso, dopo una vita lunga e operosa.

 

Questo, nel campo della letteratura. Ma è possibile che una cosa del genere si verifichi nel mondo della vita reale; e che, magari, sia già effettivamente accaduta, e che continui ad avvenire, per opera di magia nera?

Ebbene, durante una conferenza tenuta ad Oslo, nel 1972, per conto della Organizzazione di Ricerca per i Disturbi Psichici, uno psichiatra francese raccontò di una esperienza da lui vissuta in prima persona, che lo aveva portato a credere nella reale possibilità del fenomeno controverso della «sostituzione di anima».

Egli raccontò che, quello stesso anno, durante un soggiorno a Beirut, nel Libano, era stato avvicinato da un giovane collega austriaco, il quale gli aveva chiesto assistenza davanti a uno stranissimo caso psichiatrico che gli si era presentato. Si trattava di questo: un vecchio arabo, di n nome  Mohammed Said - che parlava correntemente l'inglese e il francese, pur essendo del tutto analfabeta - gli si era rivolto, raccontandogli una storia che aveva dell'incredibile. Interrogato da un medico libanese su come avesse potuto imparare così bene non solo la lingua, ma anche la storia di quei Paesi occidentali, il vecchio aveva fatto un racconto straordinario. Aveva affermato che, fino al 1966, egli non era stato un arabo, ma un giornalista belga; e, prima ancora, un giovane studente francese della Sorbona.

Naturalmente, sul momento il medico libanese e lo psichiatra austriaco lo avevano preso per pazzo, pur essendo molto perplessi davanti alla precisione delle conoscenze di quel vecchio che, a quanto se ne sapeva, non si era mai mosso dal proprio paese in tutta la sua vita. Ma poi, quando il caso era passato nelle mani del collega francese, era venuto fuori che quel vecchio arabo conosceva perfettamente una serie di particolari di Parigi e della sua università, in una maniera che appariva inspiegabile: e quello studioso, che aveva frequentato la Sorbona, si era reso conto che tali particolari riguardavano persone e cose di cui lui era a conoscenza, ma che un anziano libanese analfabeta non avrebbe mai potuto conoscere per vie «normali».

Inoltre, il vecchio aveva raccontato che desiderava essere aiutato a liberarsi dalla tentazione di proseguire nella pratica di scambiare la propria anima con quella di altri esseri umani, perché era pentito del male che tali sue azioni avevano causato in precedenza. Gli era stato diagnosticato, però, un tumore maligno; e ben sapeva che la paura della morte lo avrebbe fatalmente sospinto a ricorrere, un 'altra volta, a quella pratica di magia nera, se qualcuno non lo avesse aiutato e sostenuto dal punto di vista psicologico e morale. I

n breve, egli desiderava morire riconciliato con Dio e con se stesso: una situazione molto simile a quella del romanzo di Julien Green (quando si dice che la fantasia degli artisti supera la realtà della vita!); e, se le date non fossero lì a testimoniare il contrario, saremmo propensi a credere che il grande scrittore cattolico, per la stesura di quel suo romanzo, si sia ispirato proprio a questa incredibile vicenda.

Lo psichiatra francese concluse la sua relazione affermando che, dopo un esame scrupoloso, aveva dovuto prendere atto che il vecchio Mohammed Said aveva saputo ricostruire in maniera convincente le sue vite precedenti, a partire da quando, nei panni di un giovane parigino studioso di occultismo, aveva scoperto e messo in pratica la tecnica della «sostituzione di anima».

Tutti questi particolari sono riportati nella già citata biografia del reverendo Omand, della quale occupano tre interi capitoli (5); ma c'è un seguito della storia, che è ancora più stupefacente del resto.

Il reverendo Omand, giunto a conoscenza della cosa, ritenne trattarsi di un caso di possessione diabolica e che, dato il sincero pentimento del vecchio arabo, che poi era - o dovremmo dire sarebbe stato - un giovane occultista francese, esistevano le condizioni per procedere a una cerimonia di esorcismo, onde liberarlo dalla presenza demoniaca e aiutarlo ad affrontare serenamente la prossima fine, riconciliato con Dio.

Omand si recò a Beirut nel 1973, incontrò Mohammed Said e, facendogli alcune domande trabocchetto, poté rendersi conto che costui era realmente a conoscenza di cose della vita francese ed inglese, che non avrebbe mai potuto sapere, a meno che le avesse sperimentate personalmente. Dopo di che, il sacerdote ascoltò la sua straordinaria confessione.

L'uomo che adesso parlava per bocca di Mohammed Said era stato un giovane parigino, nato nei primi anni del Novecento e fortemente interessato ai segreti dell'occultismo. Un giorno aveva letto il romanzo di Barry Paint, intitolato Uno scambio di anime (ancora un intreccio fra realtà e letteratura!), e ne era rimasto talmente colpito, da proporsi di verificare la possibilità di compiere davvero un tale esperimento.

Di giorno frequentava la Sorbona, la notte studiava i procedimenti della magia nera. Infine si impadronì di una formula che permette di realizzare lo «sostituzione di anime», ma solo con l'aiuto di un potere occulto che solo pochissimi individui possiedono. Senza di esso, la formula è inservibile; e anche il potere occulto lo è, senza la formula. In breve, solo dall'azione congiunta di questi due elementi - la formula magica e il potere occulto - scaturiva la possibilità effettiva di realizzare il terribile esperimento.

Rimandiamo al libro di Marc Alexander il lettore desideroso di apprendere ulteriori particolari di questa strana vicenda; qui ci limiteremo a dire che, dopo lunghe conversazioni, l'anima dell'ex occultista venne infine aiutata a liberarsi del suo pensoso fardello e a rinunciare a proseguire nella sua pratica diabolica, accettando l'idea di morire insieme al corpo del vecchio arabo, nel quale si era insediata - dopo varie vicissitudini - nel corso di un viaggio compiuto in Libano da parte di un giornalista belga, che era stato la seconda tappa, se così vogliamo esprimerci, dell'anima inquieta del giovane occultista.

Un esorcismo solenne da parte del ministro anglicano segnò, da ultimo, la definitiva riconciliazione con Dio di quello spirito tormentato e pentito.

 

Che dire di tutta questa vicenda?

È chiaro che non esistono prove assolutamente incontrovertibili, nel senso scientifico della parola, della realtà effettiva di quanto viene riferito circa il caso di Mohammed Said. In teoria, esistono altri modi di spiegare fatti decisamente strani, come quello in questione; e, fra essi, la reincarnazione e la sindrome da personalità  alternante, o multipla, che dir si voglia.

Studiosi di valore, come lo psichiatra Ian Stevenson, hanno studiato a lungo e con scrupolosità scientifica tutta una serie di casi di presunta reincarnazione, e hanno concluso sulla reale possibilità di una tale fenomenologia. (6)

Altri studiosi, non meno competenti, hanno studiato il fenomeno delle personalità alternanti; e, tra essi, Alexander Lowen, il seguace e prosecutore dell'opera pionieristica di Wilhelm Reich.  Anch'essi hanno formulato le loro teorie in proposito, mettendo in evidenza - tra l'altro - il ruolo giocato dai sensi di colpa nell'origine di sindromi schizoidi di tal genere. (7)

Bisogna ammettere, tuttavia, che il fenomeno della «sostituzione di anime», se esiste, non è equiparabile né alla reincarnazione, né alla sindrome della personalità multipla, ma è qualcosa di radicalmente diverso, pur presentando con quelli talune analogie esteriori.

La differenza fondamentale, comunque, risiede nel fatto che si tratta di un fenomeno riguardante non la sola psiche, ma l'anima; e, nonostante il parere contrario di numerosi psicologi, fra i quali Umberto Galimberti, che vorrebbero risolvere l'intera natura umana in una entità puramente fisica, noi crediamo si tratti di due cose diverse.

Il concetto di anima è un concetto essenzialmente religioso; ed è secondario, nel contesto che qui ci interessa, se si debba parlare di tre, di quattro, o di più «livelli» dell'anima stessa. Dall'antico Egitto alla moderna teosofia, le opinioni su questo punto sono discordanti, ma non ci sembra che sia in discussione il punto centrale, ossia la dimensione soprannaturale dell'anima, intesa non già come semplice principio vitale o «soffio» di ciò che è vivente (tale è l'etimologia greca della parola «psiche»), ma come elemento eterno e indistruttibile, preesistente alla nascita e non destinato a perire insieme al corpo.

Sappiamo bene che esistono tutt'altre scuole di pensiero, e che oggi esse sono prevalenti nell'ambiente culturale «ufficiale», accademico in primo luogo; scuole che considerano impronunciabile la parola anima, in quanto da esse ritenuta scientificamente priva di significato. Ci sia concesso di pensarla diversamente, e di rivendicare l'irriducibilità della nozione naturalistica di p«siche» e di quella supernaturalistica di «anima».

Dunque, ammettendo - quanto meno come ipotesi di lavoro, e in accordo con la sapienza di tutte le culture umane, sia tribali sia delle civiltà «superiori» (Egitto, Mesopotamia, India, Grecia, Medioevo, Islam, ecc.), prima della svolta della modernità, iniziata con la Rivoluzione scientifica del XVII secolo - che l'anima esista come principio originario, indipendente dal corpo e dalla psiche, si può forse ammettere, in linea teorica, che una operazione come quella della sua deliberata «sostituzione» possa, a determinate condizioni, prodursi.

È chiaro che, perché questo avvenga, vi sarebbe bisogno dell'intervento di forze non umane, preternaturali, che intervenissero per renderla possibile: esorbitando essa, e di molto, dal campo delle possibilità puramente umane. Ecco, dunque, il nodo cruciale di una simile operazione di magia nera: la domanda, formulata esplicitamente o implicitamente, di un intervento demoniaco da parte del mago stesso, o di colui che a questi si rivolge; domanda che si traduce in un vero e proprio patto satanico, che è la prima fase dei processi di possessione diabolica.

In questo senso, non appare sbagliata l'intuizione del reverendo Omand, secondo il quale la cosiddetta «sostituzione di anime» non è che un aspetto della possessione demoniaca: perché,  mentre il mago o il suo «cliente» realizzano il trasferimento della propria anima nel corpo di un altro essere umano, le forze maligne, a loro volte, si insediano in essa, soggiogandola gradualmente, con tanta più sicura presa, quanta maggiore sarà la perseveranza dell'anima in questione sulla via del traviamento e del male.

 

Resterebbe da capire che cosa si debba pensare, dal punto di vista teologico più che da quello strettamente demonologico, del destino di un'anima siffatta e della sua facoltà di esercitare il libero arbitrio.

Crediamo, senza essere degli esperti, che - in linea di massima - valga la medesima impostazione che la teologia cristiana segue nei confronti dei «normali» (si fa per dire!) casi di possessione demoniaca: ossia, che l'anima è da ritenersi responsabile della scelta da essa operata tra il bene e il male, nel momento in cui decide di aprire le porte alle forze malefiche, e sia pure con un tacito assenso; ma che essa non sia più responsabile del male commesso, una volta che la possessione sia avvenuta e sia stata completa.

E ciò è tanto più vero, in quanto si verificano casi di possessione nei quali non appare alcun elemento di assenso da parte dell'individuo che ne è vittima; e che sono quelli teologicamente più difficili da comprendere, in quanto lasciano aperta la domanda sul perché Dio permetta eventi del genere.

Tale, ad esempio, il caso della possessione che riguarda dei bambini, come è accaduto nel celebre caso dei fratellini indemoniati di Illfurt, in Alsazia, nel 1863, del quale si è occupato un esorcista e studioso dell'autorevolezza di Corrado Balducci. (8)

E la risposta, per quanto parziale e insoddisfacente, che i teologi cristiani danno a tale domanda, è che Dio permette simili eventi in vista di un bene che non è ancora visibile, e che può riguardare sia le persone direttamente interessate, sia altre.

Come si vede facilmente, si tratta - in fondo - di un caso molto particolare di un problema etico e teologico di carattere assai più generale, ma pur sempre drammatico e umanamente non del tutto spiegabile: il mistero rappresentato dalla sofferenza dell'innocente, del male che colpisce chi non ha alcuna colpa.

Mistero al quale lo stesso cristianesimo non ha mai preteso di poter dare una risposta esauriente e definitiva, almeno nella dimensione presente, che è quella del finito; ma al quale «risponde», sul piano della concretezza e non su quello della speculazione, con il mistero centrale del suo stesso «lieto annuncio»: ossia la passione, la morte e la resurrezione del suo fondatore.

 

 

NOTE

 

1)      M. Alexander La mia vita col diavolo; titolo originale: To Anger the Devil, 1978; traduzione italiana di Bianca Bassoli, casa Editrice MEB, Torino, 1980, p. 129.

2)      Marnie (titolo originale: Marnie), Stati Uniti, 1964, colori, 129 minuti; regia di A. Hitchock; interpreti principali: Tippi Hedren, Dean Connery, Diane Baker, Martin Gabel, Louise Latham, Bruce Dern.

3)      Cfr. Gordon V. Allport, Psicologia della personalità (titolo originale: Pattern and Growth in Personality, New York, 1965; traduzione italiana di Anna Maria Cagiano, Pas-Verlag, Zurigo, 1973, p. 320.

4)      J. Green, Essere un altro, traduzione italiana di Enrico Piceni, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, Collana «Medusa», 1951.

5)      M. Alexander, Op. cit., pp. 127-160.

6)      Ian Stevenson, Reincarnazione. 20 casi a sostegno (titolo originale: Twenty Cases Suggestive of Reincarnation, American Society for Psiychical Research, 1966; tradizione italiana di pasquale Brazzini e Piero Bona Veggi), Armenia Editore, Milano, 1975.

7)      Cfr. A. Lowen, Il tradimento del corpo, New York,1967; traduzione italiana di Licia Mingione, Edizioni Mediterranee, Roma, 1982.

8)      C. Balducci, La possessione diabolica, rist. Edizioni Mediterranee, Roma, 1986.