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Salvare le banche significa salvare anche noi?

di Marco Cottignoli - 24/10/2008



Leggo che il governo aiuterà, in segno di solidarietà, le famiglie bisognose sulle bollette dell'elettricità. Bene, mi dico, era ora che ci aiutassero. Approfondisco, sperando di vedere risolti parte dei miei debiti. Tale bonus sociale riguarderà i consumatori con più basso reddito che abbiano un ISEE inferiore o uguale a 7500 euro. In pratica il valore della concessione crescerà secondo la numerosità del nucleo familiare aventi diritto: 60 euro/anno per un nucleo di 1-2 persone, 78 euro/anno per 3-4 persone, 135 euro/anno per un numero di persone superiore a 4. 0
Certo tutto aiuta ma non saranno certo 5,10 euro in più al mese ad aiutare le famiglie bisognose. Purtroppo non possediamo una banca da rivitalizzare, altrimenti, siamo sicuri, qualche miliardino ci sarebbe arrivato. È evidente che ognuno ottiene la solidarietà che si merita. È questa la cruda lezione che dobbiamo cogliere fra gli aiutini concessi alla popolazione ed i miliardi spesi per sostenere l'attuale crisi del sistema bancario, dei suoi altolocati manager e degli speculatori al seguito. Niente di nuovo ma, finalmente, si palesa in tutto il suo orrifico splendore. Alla stragrande maggioranza dei poveracci è consentito sopravvivere solo perché il sistema possa continuare a lucrare.
Abbiamo però una speranza che non sia fallita soltanto una banca ma che sia crollato un intero sistema iniquo e senza regole: il capitalismo globale finanziato con il debito, con tutte le sue bolle, con i suoi operatori e magari anche quel trattato di Lisbona che fino a pochi giorni fa sembrava l'unica prospettiva per Europa. Chi va in soccorso al tracollo? Lo Stato che, ovunque, nel mondo sta nazionalizzando banche e relative perdite con grande sollievo di tutti i profeti dell'ultraliberismo, di destra e di sinistra, che fino a pochi mesi fa pontificavano sugli effetti benefici del mercato globale. Lo Stato come un deus ex-machina si cala dall'alto, comprende e salva. I mercati tirano un sospiro di sollievo, la gente si rasserena. Rullo di tamburi e squillo di trombe: risparmiatori, imprenditori, consumatori, state tranquilli tanto lo Stato ci ha messo una pezza! C'è un piccolo problema però: lo Stato siamo noi. A pensarci bene è un gioco grottesco, noi siamo i più deboli davanti alla crisi ma anche quelli che garantiscono le banche affinché non falliscano e magari continueremo a pagare pure gli stipendi ai manager.
Perché lo Stato non ha aiutato chi è in difficoltà con i mutui a tasso variabile o ha fatto da garante per coloro a cui le banche stanno pignorando la casa in quanto insolventi? In questa crisi epocale un concetto non deve passare: che salvare le banche significa salvare anche noi.
Questo capitalismo all'ultimo stadio con la finanza dei derivati, dei mutui subprime, del rapporto di indebitamento senza controllo deve venire fermato. Questi fondi straordinari a favore delle banche, questo assistenzialismo di Stato, non dovrà concludersi con un intreccio ancora più stretto fra politici, banchieri e grande industria.
Qualche giorno fa Sarkozy, al Parlamento Europeo, ha dichiarato che è necessaria «una rifondazione del capitalismo mondiale» e che la UE proporrà delle misure affinché nessun istituto partecipato da uno Stato lavori nei paradisi fiscali, che le remunerazioni dei trader non spingano a prendere rischi sconsiderati ed affinché sia ripensato il sistema monetario attraverso tassi fissi.
L'Europa, ha aggiunto, non deve pagare il deficit della prima potenza mondiale. Mi fido poco ormai delle belle parole e, a pensarci bene, il bonus sociale sulla bolletta della luce mi fa pure un innervosire.