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Desideri e archetipi dell'anima possono aiutarci a realizzare il nostro vero Sé ma "cum grano salis"

di Francesco Lamendola - 31/10/2008

 

Scrive Deepak Chopra nel suo libro «Le coincidenze» (titolo originale: «The Spontaneous Fulfillment of Desire», 2003; tradizione italiana di Alessandra De Vizzi, Milano, Sperling & Kupfer, 2004, pp.  113-119):

«…Sappiamo che i nostri rapporti interpersonali, i significati e i contesti derivano dall'anima. Anche la nostra aspirazione - i, desiderio supremo e meraviglioso di compiere ciò che dobbiamo - , ha origine nell'anima. Nel tempo che  trascorriamo sulla Terra, l'anima individuale si realizza solo se porta a compimento la sua ricerca mitica che possiamo definire come il Grande Piano intorno a cui si organizza il nostro destino. All'interno di ogni essere umano c'è un tema dominante, lo stampo che può modellare una vita eroica, una divinità in embrione che aspetta solo di nascere.  È ciò che siamo nati per diventare, il sé che spesso rifiutiamo  perché la maggior parte di noi non riesce a vedere il campo di infinito potenziale che è a nostra disposizione. È il nostro sé migliore quello privo di ego, il brandello di universo che agisce tramite noi per il bene di tutti.
Gli individui che conducono un'esistenza più legata al lato materiale delle cose non entrano in contatto con la creatura mitica che è in ciascuno di loro. Chi invece raggiunge la comprensione del piano previsto per la sua anima alimenta i legami che gli donano contesto e significato e, recitando il suo dramma mitologico, ottiene amore e compassione, realizzazione e completamento.
Queste storie mitiche, questi eroi ed eroine sono chiamati archetipi e sono i temi eterni che risiedono al livello dell'anima universale collettiva, rappresentando i suoi desideri più profondi e la sua immaginazione. Temi che esistono da sempre, rintracciabili nelle opere letterarie di ogni epoca e civiltà; il loro aspetto esteriore dipende dal momenti storico, ma il fulcro centrale rimane sempre lo stesso. (…)
Ogni singolo essere umano è in sintonia con uno, due o addirittura tre archetipi: l'unione è al livello dell'anima, e ci consente di esprimerli o prenderli come modelli di vita. Sono semi racchiusi nel profondo del nostro essere. Quando germoglia, un seme libera e diffonde le forze che lo plasmano per farlo diventare una determinata pianta: un seme di pomodoro darà sempre vita a una pianta di pomodori.  L'attivazione di un archetipo rilascia le forze che ci configurano per farci divenire ciò che siamo destinati a essere I nostri archetipi individuali si riflettono nei nostri desideri e nelle nostre intenzioni. Chi siamo noi? Che cosa vogliamo? Qual è lo scopo della nostra esistenza? Al livello più profondo questi interrogativi sono posti dall'anima, e per trovare le risposte esatte noi dobbiamo comunicare con la parte dell'anima che è strettamente nostra, individuale. Così facendo impariamo a definire i nostri archetipi soggettivi. (…)
Gli archetipi sono fondamentali per la comprensione e la definizione di chi siamo, espressioni individuali della coscienza collettiva.  La mitologia è infatti la fonte della nostra civiltà.  Talvolta i giovani che vengono privati della mitologia si raggruppano in qualche banda, dove possono trovare un capo, rituali ben precisi e riti d'iniziazione - tutto quello che offre la mitologia! Ogni volta che una persona compie un gesto notevole - quando gli astronauti camminano sul suolo lunare o un pilota attraversa in volo da solo l'Atlantico - realizza una ricerca mitologica, simili a quella di Giasone a caccia del Vello d'Oro o Icaro che vola con le sue ali di piume e cera. Il rapimento di Persefone da parte di Plutone, Orfeo che cerca sua moglie tra le ombre dell'Ade,  Apollo e Krishna, le storie della mitologia celtica… tutto è contenuto nel pozzo profondo della civiltà e dell'identità. (...)
La ricerca del proprio archetipo dovrebbe essere un processo gioioso. Non dovete preoccuparvi di commettere degli errori. Poiché nascono dalla coscienza collettiva, tutti gli archetipi sono presenti in ciascuno di noi, anche se alcuni sono rappresentati con maggiore intensità. Il vostro obiettivo consiste nel trovare quello o quelli in sintonia con voi,  che meglio rappresentano il vostri cuore, Non dovete stabilire chi vorreste essere, e nemmeno quali sono le qualità che più ammirate; cercate invece di individuare quelle che vi attirano, vi ispirano e vi fanno sentire motivati. Quando troverete i vostri archetipi, li riconoscerete. Non potete sbagliare.»

Segue tutta una serie di consigli su come raggiungere l'essenza più profonda dell'essere di luce che è in fondo a ciascuno di noi; su come identificarsi con l'anima dei grandi "avatar", Cristo, Buddha, poi con Demetra, Shakti, il volto femminile di Dio; poi con Dioniso, dio dell'estasi e dell'ebbrezza;  con Atena, dea della Saggezza, e con Afrodite, dea dell'Amore; col Bambino Divino (quale?); e con Krishna, l'Alchimista Cosmico. Il tutto al fine di riconoscere il proprio archetipo personale e giungere a identificarsi con esso, affinché gli dei, i totem e gli eroi possano recitare il proprio dramma cosmico attraverso ciascuno di noi.
Tutto ciò, secondo Chopra, è solo una preparazione alla conquista più importante: il riconoscimento che l'intera realtà, così come essa si manifesta a noi, altro non è che ciò che egli chiama «la cospirazione delle improbabilità», ossia un "sincrodestino", in cui quelle che ci appaiono come semplici coincidenze sono, in realtà, i nodi di una trama predisposta affinché noi possiamo realizzare, riconoscendoli, il nostro destino di esseri di luce.

Che dire di tutto questo?
Ci sembra che la filosofia di Deepak Chopra (se così la possiamo chiamare; ma forse sarebbe meglio dire la pratica) sia un tipico esempio di sincretismo religioso e culturale che, prendendo spunti un po' dovunque fra Oriente e Occidente, dalla sincronicità junghiana ai "Veda", li amalgama alla meno peggio in salsa New Age, ad uso e consumo di un pubblico europeo, e soprattutto americano, di estrazione alto-borghese e di non grandi esigenze intellettuali.
Fa un certo effetto vedere concetti seri e importanti ridotti a merce da esposizione sui banconi del supermercato New Age. Ad esempio, quando Chopra elenca gli archetipi a disposizione dei suoi lettori (o piuttosto dei suoi facoltosi clienti del Chopra Center for Well Being di Carlsbad, in California), vengono istintivamente alla mente le pagine di Luciano di Samosata, nelle quali i filosofi da strada vendono al migliore offerente i propri sistemi di credenze, le proprie "ricette per la vita" di pronto uso e di sicuro successo.
Certo che esistono gli archetipi; certo che essi costituiscono, attraverso le mitologie, la storia stessa dell'umanità; certo che ciascuno di noi deve cercare la propria connessione archetipica con il piano dell'assoluto, con la mente non localizzata che permea di sé l'intero universo. Ma si tratta di concetti molto profondi, che non possono essere sbrigati in poche battute ad uso e consumo di un lettore - o di un cliente - che, pagando, vuol vedere un risultato in tempi brevi, perché ha fretta di tornare in ufficio o al cantiere.
Non è così che funziona.
Si tratta di percorsi che devono essere intrapresi in solitudine, senza paracadute e senza istruttori e infermieri pronti a intervenire ogni volta che mettiamo il piede in fallo. Al contrario, sono le cadute che insegnano qualcosa; e chi non è mai caduto, non imparerà mai nulla.
Perciò, è bene che le persone intenzionate a intraprendere un autentico cammino di illuminazione interiore lascino perdere le americanate del tipo: «Come trovare il proprio essere di luce in dodici lezioni e vivere felici», oppure: «Come riconoscere il proprio archetipo personale e realizzare il proprio Sé, meditando quindici minuti al giorno per quattro settimane»; e che si preparino a scoprire da se stessi il sentiero in mezzo alla fitta vegetazione, senza guide dal tariffario salato, né istruzioni preconfezionate.
Lo abbiamo già detto, e lo ripetiamo: i veri Maestri sono rari, molto rari: non si trovano ad ogni supermercato del New Age; o meglio, vi si trovano degli individui che tentano di spacciarsi come tali, ma sono soltanto dei furbastri in cerca di polli da spennare (cfr. specialmente il nostro articolo Diventare maestri di se stessi imparando, ogni giorno, da tutto e da tutti, consultabile sempre sul sito di Arianna Editrice).
Secondariamente, oltre ad essere rari, i veri Maestri non ricevono su appuntamento: sono loro, al contrario, a venire in cerca dei propri discepoli. Il Maestro si sceglie i propri discepoli, perché vede - mediante il terzo occhio, quello interiore - chi è destinato a raccogliere e a trasmettere a sua volta l'insegnamento: che non è suo, ma di cui egli è solo un tramite. Perché la vera Dottrina non è nata nella testa di qualche persona, più o meno illuminata: la Dottrina è sempre stata, prima di tutti i Maestri e prima di tutte le cose. "Prima che fosse fatto il mondo, era il Verbo", dice il Vangelo di San Giovanni.
Questo è un punto capitale. La Dottrina non è il frutto di un sapere umano: essa proviene da una sorgente che non è umana, e che gli uomini possono solo ricevere e trasmettere a loro volta, con infinita delicatezza e gratitudine.

Ciò premesso, torniamo a dire che il riconoscimento della nostra ultima verità interiore è un elemento essenziale nel processo che conduce verso l'illuminazione.
Il riconoscimento del proprio archetipo può essere un utile strumento di facilitazione verso la realizzazione del Sé, a patto che la tecnica della meditazione non faccia convergere puerilmente tutte le nostre energie in un gioco che sia fine a se stesso. La scoperta dell'archetipo è una delle possibili vie verso l'illuminazione; ma si tratta pur sempre di uno strumento, non di un fine. Noi non siamo Cristo o Krishna o Afrodite o il Bimbo Divino; questi sono simboli che possono aiutarci a leggere con maggiore chiarezza in noi stessi., e non altro.
Bisogna fare attenzione.
Il confine tra un utile esercizio di meditazione e un gioco intellettuale fine a se stesso è, dal punto di vista della tecnica, estremamente labile. Proprio per questo è importante, anzi, essenziale, ricordare che si tratta pur sempre di una tecnica; e che la tecnica è lo strumento, non l'obiettivo della meditazione.
L'obiettivo è quello di aprire, all'interno di noi stessi, la porta che conduce al riconoscimento dell'Essere, di cui siamo una manifestazione nella dimensione dello spazio-tempo. E non è un gioco per casalinghe annoiate o per giovani manager desiderosi di aumentare il proprio potenziale intellettivo o il proprio magnetismo personale; è una cosa seria.
Chopra, ad esempio, consiglia di aiutarsi, nella ricerca dell'archetipo, mediante disegni, o raccolte di fotografie, simboli o gioielli, in modo da poter visualizzare e imprimersi bene nella mente il personaggio che si desidera incarnare. E aggiunge (Op. cit., p. 126):

«Quando ritenete di aver sperimentato una gamma abbastanza ampia di interessanti possibilità, scegliete tra immagini, simboli, parole o frasi archetipiche che echeggiano in voi, vi ispirano e vi forniscono una valida motivazione. Potrebbero esservi divinità che ben conoscete, oppure immagini, animali, simboli degli elementi forze del cosmo, slogan, parole o qualunque cosa rivesta per voi un significato preciso, facendovi sentire a vostro agio quando la sperimentate a livello mentale.  Dovreste capire che se queste figure o caratteristiche sono apparse nella vostra esistenza e vi si sono manifestate, significa che siete in grado di compiere gesta meravigliose.»

A questo punto il bancone del supermercato è pronto e offre proprio di tutto, basta scegliere quello che piace di più e che maggiormente "mette a proprio agio". Questo concetto del sentirsi a proprio agio è quanto mai tipico del consumismo pseudo-yoga e pseudo-mistico: una via di mezzo fra il lettino dello psicanalista freudiano e l'ipnosi dell'incantatore di serpenti.
Sono tutte storie.
Andare alla ricerca del Sé non ha niente a che fare col sentirsi a proprio agio, ma col sentirsi davvero se stessi, il che è un concetto ben diverso. Per essere veramente se stessi, bisogna essere disposti anche a soffrire, se necessario: e, di solito, lo è.
Inoltre, è vero che tutto quello che ci accade nella vita è una rivelazione dell'Essere; ma è altrettanto vero che ogni accadimento va meditato e interpretato con spirito di ricerca disinteressato ed equanime; vale a dire che non devono essere privilegiate quelle situazioni che ci gratificano in quanto gradevoli, ma quelle che ci schiudono il mistero dell'Essere, per quanto ardue e difficili possano apparire.
È meglio intraprendere un sentiero in salita, malagevole  e pieno di sassi, ma puntando verso la meta, piuttosto che indugiare in larghe strade che rallegrano la vista, ma non conducono da nessuna parte.
Del resto, se le nostre intenzioni sono pure, non saremo soli: una forza benefica ci sosterrà nei passaggi più difficili, o quando le forze ci verranno meno.
Ecco, questo è un punto che le dottrine New Age, in tutte le loro molteplici forme e varianti, tendono a sottovalutare o a ignorare. Parlano, sì - come fa Chopra - di benefiche sincronicità; ma sempre col sottinteso che l'uomo è abbastanza in gamba di aiutarsi da sé; dopo di che, per premio, gli verrà anche dato un aiuto "esterno".
Questo modo di vedere piacerà molto al pubblico anglosassone - presso il quale, infatti, tali  sdolcinate forme di pseudo-religiosità hanno particolare successo -, perché esalta il concetto del "self-made man", dell'uomo che si fa largo nella vita (anche spirituale, in questo caso) con la propria forza di volontà: più o meno come John Wayne si fa largo tra i cattivi con il suo "winchester" fra le mani, pronto ad abbattere qualsiasi ostacolo.
Ma è una visione, nello stesso tempo,  ingenua e arrogante.
Non è vero che l'uomo può farcela da solo.
L'unica filosofia seria che sostiene una cosa del genere è il Buddhismo; ma anche il Buddhismo deve prendere atto che si tratta di una dottrina elitaria, che ben pochi sono in grado di seguire integralmente. Tanto per cominciare, è una dottrina per monaci che hanno rinunciato a ogni legame con il mondo; mentre ad avere successo presso il pubblico occidentale non è stata la sua versione più rigorosa, il Theravada, ma quella più addolcita, il Mahayana.
Sì, in teoria ogni essere umano può puntare a realizzare la buddhità; ma, in pratica, è un fatto che ciò accade, se pure accade, solo in casi estremamente rari.
Ma il New Age non è una filosofia molto seria. Essa dice che tutti possono raggiungere l'illuminazione interiore, senza fatica e "mettendosi a proprio agio": il che è una sciocchezza e una grossolana forma di inganno.
Ma è una sciocchezza che piace, perché viene incontro ai furori democratici del pubblico moderno, il quale, se è convinto che ogni uomo abbia il diritto di far sentire il proprio parere sulla gestione della cosa pubblica, anche se non ne sa nulla di nulla, altrettanto ritiene che ogni uomo abbia diritto a diventare un illuminato, anche se non ha nessuna voglia di sobbarcarsi fatiche o sacrifici, e tanto meno responsabilità.
Perciò, attenzione ai falsi maestri e alle false dottrine.
Esiste un modo, del resto, per riconoscerli e smascherarli, ed è anche un modo alquanto semplice. I falsi maestri amano la pubblicità, godono di essere lodati e, soprattutto, si fanno pagare. I veri Maestri amano tenersi in ombra, non sopportano le lodi (di cui non sanno che farsene) e non domandano neanche una lira per dispensare il loro insegnamento.
Appunto, sono dei Maestri. Non dei mercenari.