È il più costoso della storia del Paese: spesi 10 milioni di dollari. Vuole «vendicare» 11 ufficiali di Ankara arrestati per errore dagli Usa
Nel film i marines in Iraq fanno strage di innocenti. Il Wall Street Journal: come i Protocolli di Sion
Mamma li americani. Ammazzano, squartano, torturano. Fanno strage di innocenti a una festa di nozze, uccidono lo sposo, crivellano bambini davanti a madri disperate, feriscono zii e parenti. E dai sopravvissuti estraggono organi da spedire a ricchi malati tra New York e Tel Aviv. Un macello. Che gli spettatori turchi, però, sembrano apprezzare. Uscito da dieci giorni ad Ankara e nel resto del Paese, il film La Valle dei Lupi : in Iraq è già un caso, con i cinema strapieni e i multisala che lo trasmettono su tutti gli schermi disponibili. Un ulteriore motivo di preoccupazione per gli americani, già in difficoltà con il mondo musulmano e ora «traditi» dall’unico alleato islamico nella Nato.
«Si esce dalla visione fortemente antistatunitense», commenta uno spettatore di Istanbul. «Sono veramente turbato - aggiunge un altro alla Bbc -. Sappiamo quel che hanno fatto in Iraq, ma vederlo è un’altra cosa». Europei e americani potranno valutare nei prossimi giorni (previste proiezioni in Germania, Danimarca, Gran Bretagna, Russia e Usa, oltre che in Egitto, Siria, Arabia Saudita). Ma l’ingrediente base è già chiaro: i buoni sono soltanto turchi. La miscela di successo parte da un budget di 10 milioni di dollari (è il film più costoso mai girato nel Paese) e da uno staff ampiamente collaudato: attori, produttori e il resto della squadra vengono da una serie tv molto seguita. Trasferiti dal piccolo schermo e da una storia di lotta alla mafia locale a una megaproduzione che si svolge in Iraq e ha come protagonisti negativi gli americani. Per la parte sono stati ingaggiati da Hollywood due nomi di rilievo: Billy Zane (già cattivo di Titanic ) e Gary Busey ( Point Break e Trappola in alto mare ).
A completare la formula, una sceneggiatura che fa leva sul riscatto dell’orgoglio nazionale. Il film inizia con la ricostruzione di una vicenda vera, considerata una delle offese più gravi subite dal Paese. Il 4 luglio 2003 una pattuglia Usa arriva a Sulaymaniya, nel Kurdistan iracheno, e crede di individuare una base della guerriglia: rade al suolo il «covo», arresta gli occupanti. In testa il cappuccio dei prigionieri, i presunti ribelli vengono trascinati in manette davanti alla popolazione locale (curda, ulteriore beffa per i turchi) e tenuti in custodia per due giorni. Un clamoroso errore: gli incappucciati sono 11 ufficiali delle forze speciali di Ankara sotto copertura. Alleati e non nemici, dunque. Per la Turchia, costruita da Kemal Ataturk anche sull’orgoglio militare, è un’onta senza precedenti.
Da qui comincia la finzione. Una delle vittime di quello che è ricordato come «l’episodio del cappuccio» si uccide per la vergogna. Accanto al corpo, una lettera che invoca vendetta. E’ indirizzata a Polat Alemdar, ufficiale dei corpi di élite di Ankara, che con una squadra scelta si avventura in Iraq per riscattare l’amico. Individuato uno dei responsabili, il comandante Sam William Marshall (interpretato da Zane), lo segue per uccidere lui e i suoi uomini. È così che Polat scopre le atrocità commesse dagli americani: l’eccidio al ricevimento nuziale, la strage in una moschea gremita di fedeli, le esecuzioni sommarie, le torture nel carcere di Abu Ghraib, a cui si aggiungono le malvagie operazioni del medico ebreo (interpretato da Busey) che preleva gli organi dai prigionieri per inviarli in Israele, Stati Uniti e Gran Bretagna.
«Una trama a metà tra American Psycho in uniforme e i Protocolli degli Anziani Savi di Sion», scrive il Wall Street Journal . Il giornale riflette sulla «cattiva immagine» che - al di là delle concrete iniziative politiche - ormai circonda gli Usa in Medio Oriente, alimentata da «un fiorire di teorie cospirative» e «legittimata ai più alti livelli». Come indicano i commenti entusiastici del sindaco di Istanbul Kadir Topbas («L’onore di un soldato non dovrebbe essere mai danneggiato») e del presidente del Parlamento, Bulent Arinc: «Film straordinario». Con queste premesse, niente di strano se all’uscita dal cinema anche un anziano e pacato spettatore dice: «Se ora mi imbattessi in un americano, come minimo mi verrebbe voglia di mettergli un cappuccio in testa».
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