Il business dietro le ricerche medico-scientiche
di George Monbiot* - 14/02/2006
Fonte: Nuovi Mondi Media
Quante "informazioni scientifiche" sono state pubblicate da giornali accademici caratterizzati da interessi occultati? Quante campagne mediatiche contro l’overregulation, la “cultura compensativa” oppure “le paure pubbliche infondate”, sono state segretamente finanziate e manovrate dalle corporation? |
Un mesetto fa, rovistando tra le mie cose, mi sono imbattuto in uno dei più straordinari documenti che abbia mai letto: si riferiva a un’organizzazione chiamata Arise (Associates for Research into the Science of Enjoyment), oggi un’associazione completamente dimenticata, negli anni novanta uno dei gruppi operanti nel settore della salute pubblica più influenti al mondo. Comincerò col spiegare il contenuto del documento. Eccone un tipico esempio (da Reuters): "Secondo quanto afferma un gruppo di accademici, 'quei puritani che si occupano di salute e che decidono se la gente può fumare o bere alcol e caffè, stanno cercando di rovinare la qualità della vita', e David Warburton, docente di Farmacologia all’Università inglese di Reading, sostiene: 'Molti dei sostenitori di Arise credono che godere di questi piaceri sia diritto di ogni uomo', e continua poi dichiarando che 'molta della promozione sulla salute è basata su informazioni sbagliate. È politicamente guidata'". I programmi di oggi hanno visto apparire il docente di Reading in uno dei primi spot della mattina, alle 8:20, impegnato in un' indiscutibile intervista. Warburton ha esaltato le proprietà calmanti delle sigarette e ha trattato in modo sprezzante i messaggi sulla salute pubblica. Arise è comparsa anche otto volte su The Guardian. Promozioni di questo tipo sono continuate fino all'ottobre del 2004, quando The Times riportò di nuovo le affermazioni di Arise, le quali sostenevano che dovremmo “smettere di preoccuparci di quelle paure spesso infondate” e “iniziare a ascoltare il nostro corpo, che in modo naturale cerca di proteggerci dalle malattie, facendo le cose che ci piacciono”. In centinaia di articoli e trascrizioni riguardanti le affermazioni del gruppo, in un solo caso ho trovato una giornalista – Madeleine Bunting (The Guardian) – che mettesse in discussione sia gli studi di Arise che le motivazioni illustrate dai propri scienziati. Warburton, che ha affermato di dirigere l’associazione, è preside di Psicofarmacologia all’Università di Reading. Quando era ancora docente, pubblicò almeno una dozzina di articoli nella stampa accademica sulla nicotina. Nel 1989, in The Psychologist, sfidò le conclusioni a cui giunse la US Surgeon Service, ovvero che la nicotina crea dipendenza. La maggior parte dei suoi articoli, sostenenti che la nicotina migliorava sia l’attenzione che la memoria, erano stati pubblicati nel giornale Psychopharmacology, del quale era editore senior. Io ho letti sette di questi articoli e in nessuno di loro sono riuscito a trovare qualche dichiarazione riguardo ad evenuali interessi finanziari, eccetto che per un caso di due sovvenzioni dal Wellcome Trust. Nel 1998, come parte del regolamento di un’azione legale contro le multinazionali del tabacco statunitensi, le imprese furono costrette a porre i loro documenti internazionali in un archivio pubblico. Tra gli altri, c’era anche quello in cui mi sono imbattuto il mese scorso. Ci sono scritti gli appunti di un dirigente del dipartimento dei servizi aziendali della Philip Morris, la più grande azienda di settore al mondo, per uno dei suoi colleghi; il titolo è “Attività e Finanziamenti Arise 1994-95”. “Avevo un appuntamento”, inizia, “con Charles Hay e Jacqui Smithson (Rothmans) per accordarci sul piano di attività 1994-95 per Arise e per discutere i finanziamenti necessari. Trovate inclusa una copia della nostra presentazione”. Psychopharmacology non sapeva che Warburton stava prendendo soldi dalle aziende del tabacco. “È responsabilità dell’autore svelare le fonti di finanziamento e si sa da tempo che i giornali stessi non proteggono questo tipo di dichiarazione”. Dopo una lunga carriera imperturbata da domande riguardanti i suoi interessi o la sua etica professionale, Warburton si ritirò nel 2003; tuttora tiene lezione a Reading come professore emerito. Il caso in questione caso ci mostra come accademici e mezzi d'informazione non siano riusciti – o non abbiano voluto – ad essere sufficientemente scettici. Senz'altro ora sappiamo che esiste una domanda ovvia con la quale ogni giornalista dovrebbe iniziare la propria intervista: “Chi ti sta finanziando?”
*Guardian
Fonte: http://www.guardian.co.uk/comment/story/0,,1703694,00.html |