Commercializzare il petrolio in euro?
di Còilìn Nunan - 14/02/2006
Fonte: Nuovi Mondi Media
Esistono buone ragioni per credere che il vero motivo dell'avversione statunitense all'Iran non abbia a che fare con la disputa sul nucleare, bensì con l'ipotesi di una "borsa petrolifera" iraniana in cui gli scambi si effettuerebbero, invece che in dollari, in euro |
Con le probabilità di un attacco all’Iran da parte di Stati Uniti e Israele in aumento, da più parti è stato suggerito che la vera motivazione dell’avversione statunitense verso la Repubblica islamica abbia poco a che fare con il fatto che Teheran sta costruendo armi nucleari. Inoltre, alcuni commentatori hanno suggerito che la vera minaccia dell’Iran all’economia Usa – la vera sfida all’amministrazione Bush – consista nel tentativo di mettere in piedi da parte iraniana una “borsa petrolifera” entro il prossimo marzo, iniziativa che permetterebbe di commerciare il petrolio in euro. E che sposterebbe le vendite del greggio dalla loro attuale denominazione in dollari; ciò minerebbe la valuta americana, generando gravi ripercussioni economiche. In ogni caso, altri hanno sostenuto che dare importanza alla valuta con cui si commercia petrolio significa sapere poco di economia. Anche se le vendite di petrolio prescindessero dal dollaro, si sostiene, ciò non farebbe alcuna differenza per l’economia Usa; quindi non avrebbe niente a che vedere con la ragione per cui gli Usa hanno mosso guerra all’Iraq, e per cui hanno adottato una posizione di minaccia contro l’Iran. Proverò di far riferimento all'argomento principale, dato che ritengo che la valuta con cui si vende il petrolio sia una questione importante e spesso non sufficentemente spiegata, nemmeno dal sottoscritto. Coloro i quali sostengono che la denominazione della valuta sia cruciale per la forza del dollaro tendono a sottolineare come altri Stati siano costretti a risparmiare dollari per acquistare petrolio. I loro critici replicano affermando che non c’è bisogno di risparmiare in dollari per comprare greggio, dal momento che è possibile cambiare qualsiasi valuta su ogni mercato. Quello che conta, dicono gli stessi critici, è la moneta che la gente risparmia, più che quella usata per commerciare. Le persone che mettono da parte dollari o beni finanziari Usa generano alti investimenti negli Stati Uniti e in ultima analisi consentono agli stessi Usa di gestire il loro enorme deficit commerciale. L’ultima osservazione è corretta, ma pone in secondo piano un punto fondamentale, cioè che la ragione per cui molti paesi decidono di risparmiare in dollari è il fatto che il greggio viene venduto in questa stessa moneta. È importante sapere in quale valuta estera gli Stati risparmiano, ma lo è anche sapere in quale valuta effettuano le loro operazioni commerciali. Per comprenderne la ragione dobbiamo pensare al motivo per cui le banche centrali possiedono riserve di denaro estero. E inoltre chiediamoci: quali considerazioni determinano la scelta della valuta estera da risparmiare? La risposta alla prima domanda è che, se necessario, si può intervenire nei mercati per sostenere gli scambi della propria moneta. Se per esempio la valuta subisce un attacco da speculatori che la stanno vendendo sui mercati esteri, la banca centrale può usare la valuta estera per comprare la sua stessa moneta, sostenendo così il suo valore. Non si può ovviamente acquistare la propria valuta se prima non si è accumulata una certa riserva di moneta straniera. Quindi se una banca centrale conserva una buona quantità di valuta straniera, la prima preoccupazione non deve essere quella di investirla per un possibile ritorno, ma di proteggere la propria valuta per renderla stabile. Più riserve uno Stato possiede, meno frequantemente gli speculatori attaccheranno quella moneta. Nessuno si sognerebbe di lanciarsi contro lo yen o lo yuan, perchè le relative scorte sono imponenti. Esattamente il contrario di ciò che riguarda molte nazioni povere, la cui moneta – dal momento che le loro banche centrali hanno ben poche scorte di valuta straniera e possono fare relativamente poco se il mercato decidesse di vendere –.è facilmente svalutabile. In questo contesto, vale la pena ricordare come George Soros divenne famoso lanciando un attacco speculativo alla sterlina. La banca d’Inghilterra in quel periodo non era in grado di difendersi, dal momento che le sue scorte di valuta straniera stavano per finire: una chiara dimostrazione di come la forza della moneta dipenda dalla corrispondente abilità della banca centrale di difenderla. Dunque, proteggere la propria valuta è la ragione principale del possedere scorte di moneta straniera. Ma quale moneta in particolare? La risposta a questa domanda dipende quasi interamente dalla risposta alla seguente: “Quale valuta estera danneggerebbe maggiormente la tua moneta in caso di un'improvvisa svalutazione?” Se la risposta fosse: “In questo momento il danno maggiore verrebbe da una caduta della mia moneta contro il dollaro”, allora avrebbe senso detenere la maggioranza delle tue riserve in dollari. Questo permetterebbe di acquistare la propria moneta utilizzando la valuta Usa. Se la maggior preoccupazione è una svalutazione contro il dollaro, allora non ha molto senso avere grosse scorte di yen o di euro. Per le nazioni povere esiste un’altra ragione per cui è più conveniente risparmiare e commerciare in dollari. Spesso questi paesi si caratterizzzano per un forte debito estero, e il debito estero viene espresso in dollari. Questo significa che se la loro moneta si svaluta contro il dollaro, il loro debito aumenta. Come risultato, le nazioni povere prezzano in dollari le merci che esportano, in modo da essere pagati con questa moneta ed evitare eventuali perdite valutarie. Ciò permette loro di pagare i debiti, di commerciare, di comprare il petrolio che non possiedono, e di proteggere la loro valuta. Dato che le esportazioni dei paesi in via di sviluppo sono spesso essenziali per l’economia mondiale (essendo composte da materie prime), la loro decisione di esprimersi in dollari ha un contro-effetto sull’economia dei paesi ricchi, i quali hanno un’ulteriore ragione per risparmiare dollari nelle banche centrali. Possiamo quindi concludere che il listino prezzi iraniano in euro sia la vera causa della crisi corrente? Significherebbe saltare alle conclusioni. In questo momento, asserire che sicuramente l’Iran si muoverà in questa direzione è solo un'ipotesi. Io non ho ancora sentito Teheran dichiararsi apertamente sull’argomento. Ci sono buone ragioni per sospettare che il listino potrebbe essere in euro, dato che fonti governative ne hanno parlato a favore; inoltre, secondo una dichiarazione attribuita al vice governatore della banca centrale iraniana, l’Iran avrebbe cominciato a vendere greggio in euro all’Europa già nel 2003. La possibilità che la borsa petrolifera iraniana non utilizzi l’euro non svilisce la sua importanza, e ci sono buone ragioni per credere che il governo americano, quello inglese e vari interessi economici internazionali vi si opporrebbero, al fine di continuare a esercitare il proprio controllo sul commercio del petrolio. Ma questa è un’altra storia.
*Energy Bulletin
Fonte: http://www.energybulletin.net/12463.html |