Nicholas Georgescu-Roegen e la bioeconomia
di Francesco Lauria - 14/02/2006
Fonte: europaplurale.org
Nicholas Georgescu-Roegen è morto poco più di dieci
anni fa (il 30 ottobre 1994) nella sua casa di Nashville,
nel Tennessee. Egli era nato a Costanza, in Romania, si
era formato a Parigi e Londra per poi trasferirsi nel 1934 negli Stati Uniti.
Tornato in Romania alla fine della seconda guerra mondiale fu, tra gli altri incarichi
ricoperti, anche segretario generale della Commissione rumena per l’armistizio, fino a che
lo scivolamento progressivo del paese verso la dittatura lo costrinse nel 1948 a lasciare il
proprio paese natale, nascosto insieme alla moglie in un tir straniero, per trasferirsi
definitivamente negli Stati Uniti.
Come scrive Herman E. Daly, suo allievo, in un saggio commemorativo, Georgescu-
Roegen offrì all’economia numerosi e diversi contributi che possono, tuttavia, essere
schematicamente raggruppati nelle due categorie rese celebri dal filosofo Thomas Kuhn:
scienza normale e scienza rivoluzionaria.
Nella prima categoria troviamo scritti fondamentali sulla teoria del consumatore e della
scelta individuale, su misurabilità, aspettative, teoria della produzione, analisi inputoutput.
Ma il suo grande contributo rivoluzionario, sviluppato in un
periodo cronologicamente successivo, si ha nell’analisi
eterodossa dei concetti di sviluppo e crescita economica
realizzata in scritti di valore assoluto a partire da: Analitycal
Economics (1966) e The
Entropy Law and the Economic
Process (1968).
Certo la sfida di Georgescu-Roegen nel “rivoluzionare”
(appunto) i paradigmi apparentemente immutabili
dell’economia neoclassica non è considerabile ad oggi una
sfida coronata dal successo, anzi, molti economisti
“ortodossi” considerano questa parte della produzione
scientifica di Gergescu come “non vera economia”.
Ma il tentativo di eludere il confronto, da un punto
accademico e non solo, può apparire anche come l’enorme
paura di una teoria complessiva, quella della bioeconomia,
che ha in sé la forza di spezzare molte certezze
precostituite.
La nuova scienza economica di Nicholas Gergescu-Roegen, la boieconomia, modifica il
nostro modo di concepire il processo economico di sviluppo.
La sfida dell’economista rumeno-statunitense sta nel far emergere una nuova visione dei
rapporti tra l’insieme degli essere viventi – di cui facciamo parte con la nostra tecnologia .
e il grande “bio”, la biosfera.
Il rapporto analizzato da Georgescu nelle sue opere è quello tra crisi ecologica planetaria,
civiltà industriale e tecnologica ed economia nel suo aspetto biofisico, cioè nel suo
processo di produzione, distribuzione ed eliminazione dei rifiuti.
Possiamo in questo senso richiamarci anche al alcuni studi precedenti, come quelli dello
studioso russo Vladimir Vernadsky (1863-1945) senza dimenticare, in contemporanea con
l’uscita delle prime opere di Georgescu-Roegen sulla bioeconomia, l’importante (anche se
contraddittorio) testo di Kenneth Boulding,
“The Economics of the Coming Spaceship
Earth” (1966).
Secondo le opere di Roegen, lo sviluppo economico internazionale, accelerato
dall’espansione demografica e dall’evoluzione delle tecnologie, è la causa fondamentale
della crisi senza precedenti che attraversa attualmente l’evoluzione della biosfera del
pianeta Terra.
Tuttavia l’occidentalizzazione e la militarizzazione del pianeta mascherano, per il
momento, il fallimento del modello industriale dell’Occidente, schiavo di numerosi “miti
economici” tutti più o meno riconducibili all’illusione tecnologica che ignora e contraddice
il secondo principio della termodinamica, la legge dell’entropia (irreversibilità del degrado
dell’energia).
In questo senso Georgescu-Roegen considera la scienza
economica tradizionale come pre-termodinamica (senza
entropia, senza irreversibilità, senza durata), preevoluzionista
(ovviamente superando gli eccessi del
darwinismo) e pre-ecologica.
Georgescu si schiera in quel filone di pensiero (impersonato
magistralmente da Joel de Rosnay, nell’opera Le Macroscope
pubblicata nel 1975) che considera le scienze economiche
sempre più indifferenti all’evoluzione delle scienze naturali
e anche delle altre scienze sociali.
Secondo Georgescu-Roegen è fondamentalmente il dogma
meccanicistico della società industriale occidentale a
rappresentare l’errore fatale, le cui conseguenze
tecnologiche ed economiche sono all’origine della crisi che
attende l’umanità, lanciata nel vicolo cieco (ecologico e
sociale) della crescita illimitata.
Egli quindi non propone una semplice riforma che sostituirebbe una contabilità energetica
alla contabilità monetaria in vigore, ma un capovolgimento radicale della nostra visione
del processo economico.
Egli si prefigge di integrare il “metabolismo globale” dell’umanità (con le sue estensioni
tecnologiche) nell’ambiente biosferico limitato del pianeta Terra, della “biosfera”.
Tutti questi concetti sono contenuti nella terza raccolta della sua produzione
“rivoluzionaria”
“Energy and Economic Miths” pubblicata a New York nel 1976 e che
affronta, nella prefazione autobiografica, l’evoluzione della sua dissidenza nei confronti
del modello occidentale che culminerà nel 1985 nell’uscita polemica dall’American
Economic Association.
“L’AFFASCINANTE ED INGANNEVOLE MELODIA” DELLO SVILUPPO SOSTENIBILE
Nell’analisi della distinzione tra “crescita” e “sviluppo” non si può non partire da Joseph A.
Schumpeter (1883-1950): “Crescita è produrre di più; Sviluppo è produrre in altro modo.”
Georgescu-Roegen considerava il concetto di sviluppo sostenibile come una “affascinante,
ma assolutamente ingannevole melodia”, poiché nella sua prospettiva bioeconomica, la
crescita economica (e demografica) mondiale, non deve essere solo stabilizzata, ma
rovesciata; propone quindi non uno “sviluppo sostenibile” (ed in sostanza inesorabilmente
e pericolosamente “infinito”), ma una “decrescita sostenibile”.
OTTO TESI SUI SISTEMI BIOLOGICI
Il giovane economista italiano Mauro Bonaiuti ha pubblicato nel 2003 una interessante
raccolta di scritti (alcuni inediti) di Georgescu–Roegen in un volume intitolato:
“Bioeconomia. Verso un’altra economia ecologicamente e socialmente sostenibile”.
Nell’introduzione al volume egli individua otto tesi che sintetizzano la critica all’economia
neoclassica operata da Georgescu-Roegen con l’obiettivo di
dimostrare i limiti, essenzialmente di natura entropica, a
cui è soggetto il processo di crescita/sviluppo economico.
Se ogni attività economica comporta l’irreversibile
degradazione di quantità crescenti di materia ed energia,
ne discendono per l’economia due importanti conclusioni.
La prima è di ordine pratico: l’obiettivo fondamentale
dell’economia moderna, la crescita economica illimitata,
risultando in contraddizione con le leggi fondamentali della
natura, va abbandonato o, comunque, radicalmente rivisto.
La seconda è di natura metodologica: la rappresentazione
pendolare del processo economico, presentata in apertura
di ogni manuale di economia, secondo la quale la domanda stimola la produzione, e
quest’ultima fornisce il reddito necessario ad alimentare nuova domanda, in un processo
reversibile e apparentemente in grado di riprodursi all’infinito, andrà sostituito da una
rappresentazione circolare ed evolutiva, in cui il processo economico risulti radicato
nell’ambiente biofisico che lo sostiene.
In sintesi la teoria bioeconomica ci insegna che la produzione di qualsiasi bene o servizio
comporta un’opportunità in meno per gli esseri viventi che verranno dopo di noi poiché il
processo economico di produzione comporta inevitabilmente un “costo” (in termini di
materia/energia degradata) e tale costo sarà sempre maggiore di zero.
Insomma la natura, contrariamente a quanto ritengono gli economisti classici, non offre
nulla senza conseguenze.
In sostanza, seguendo l’approccio alla teoria dei sistemi approfondito da Gregory Bateson,
ci troviamo di fronte ad un nuovo modo di interpretare i fenomeni biologici, economici e
sociali e le loro relazioni.
Bonaiuti, seguendo le orme di Gergescu-Roegen cerca quindi di rivedere criticamente
l’economia standard alla luce di alcuni principi fondamentali che, senza contraddire le
leggi della termodinamica, caratterizzano i sistemi complessi.
Ecco le otto tesi che sono poi, ampiamente commentate nel testo dello studioso
bolognese:
1) I sistemi biologici non tendono alla massimizzazione di alcuna variabile, e
2) hanno una pluralità di fini.
3) I sistemi biologici presentano una combinazione di comportamenti di tipo competitivo e
cooperativo;.
4)
In un contesto espansivo sono i comportamenti
competitivi che generalmente favoriscono il successo e lo
sviluppo della specie, viceversa in contesti non espansivi (di
equilibrio) sono i comportamenti cooperativi che
generalmente favoriscono il successo.
5) I n un contesto non espansivo, un certo grado di
competizione tra specie diverse favorisce lo sviluppo degli
ecosistemi, al contrario la competizione tra i membri di una
stessa specie (competizione intraspecifica) generalmente
danneggia e dunque riduce le possibilità di sopravvivenza
della specie stessa;
6) Nei sistemi complessi la parte non può controllare il tutto
(e quindi il singolo non può controllare l’evolversi nella
relazione);
7) I sistemi complessi sono dotati di un anello di feedback
(la scienza economica tradizionale non coglie gli anelli di
retroazione autocorrettiva perché tende, seguendo la meccanica, a spiegare i fenomeni
mediante catene lineari basate sul principio di causa-effetto);
8)
L’interazione tra gli elementi di un sistema complesso è in genere attivata da una
differenza (informazione) (Il ruolo dei simboli e dell’immaginario, in questo caso Bonaiuti
riprende Castoriadis, e integra Georgescu-Roegen).
RISCRIVERE I “PRINCIPI DI ECONOMIA”.
Immaginando di riscrivere un libro di testo “tipo” di Principi di Economia che incorpori le
intuizioni e le teoria di Gergescu-Roegen la prima correzione da fare sarebbe cambiare il
diagramma di flusso circolare che rappresenta la visione preanalitica del processo
economico come flusso circolare isolato, dalle imprese alle famiglie e ritorno, senza punti
di ingresso o di sbocco da e verso l’esterno.
In tale quadro sembra che mantenimento e rifornimento avvengano internamente, senza
dipendere dall’ambiente circostante.
Daly ci suggerisce che “ è esattamente come se i libri di testo di biologia proponessero di
studiare gli organismi animali affrontando solo il sistema circolatorio, senza fare cenno
all’apparato digerente”.
Quale concetto nella teoria economica, lega l’economia al suo ambiente?
La risposta fornita de Gergescu-Roegen è semplice: il
flusso unidirezionale che ha inizio col prelievo di risorse
naturali e termina con lo scarico di rifiuti. (G. R. lo chiama
flusso entropico).
Se quindi dovessimo correggere il libro di testo secondo le
revisioni della bioeconomia, esso apparirebbe con un
diagramma con una linea piena che rappresenti il flusso
antropico unidirezionale che parte dalle risorse ambientali,
attraversa imprese e consumatori, e ritorna nei ricettacoli di
scarico.
Il flusso circolare che unisce in circolo imprese e famiglie
sarebbe secondario e tratteggiato con una linea più sottile
poiché, nel sistema bioeconomico, il flusso antropico
materia-energia è quello fondamentale.
Nei testi classici di economia troviamo addirittura in alcuni
casi che autori che spiegano che il flusso della
produzione/consumo è circolare, capace di
autorinnovamento e di autosostentarsi.
Ma la possibilità di includere dimensioni fisiche nel flusso
circolare è esclusa dalla seconda legge della
termodinamica, la legge dell’entropia, che afferma che la
qualità della materia/energia che genera utilità viene consumata e non è riciclabile.
Infine, seguendo l’impostazione roegeniana, nei testi di economia i capitoli specifici sulle
risorse naturali e sull’ambiente probabilmente non avrebbero più ragione di esistere,
poiché essi cesserebbero di essere argomenti a sé e diverrebbero parte del nucleo centrale
dell’economia.
CONCLUSIONI
E’ impossibile ovviamente riassumere in poche pagine il poderoso contributo di Gergescu-
Roegen all’economia.
Egli non fece analisi elitarie e spiegò come nella lotta alla povertà la crescita economica
non poteva essere infinitamente usata come sostituto di serie politica redistributive e di
armonizzazione demografica.
Egli ci mostra come l’illusione di uno sviluppo economico basato sulla generalizzazione
del modello economico statunitense a tutto il resto del mondo è una strada mortale e sa
mettere in discussione anche internamente lo “sviluppo occidentale”.
Allo stesso tempo ammonisce che, se l’aggettivo sostenibile si piega al sostantivo
(decisivo e preminente) “sviluppo”, ne diviene un’ancella buona solo per accontentare le
coscienze più ingenue o più in malafede.
Egli ci propone anche una revisione dei nostri concetti di utilità (gli stili di vita) e si
oppone alla logica della misurazione olistica dei grafici dei Prodotti Interni Lordi.
Il suo contributo venne per lo più ignorato o considerato in maniera superficiale ed
arrogante dagli economisti più ortodossi, schiavi di un’ortodossia che non necessità mai
di verifiche e messe in discussione.
Probabilmente avrebbe sottoscritto queste farsi di un altro
economista eterodosso ed emarginato dall’accademia
vissuto un secolo prima di lui, Hermann Heinrich Gossen:
“Concludo espimendo il desiderio che il mio lavoro venga
sottoposto a rigoroso, ma imparziale esame. Sono in una
posizione di forza per insistere su questa richiesta perché
sono stato costretto a combattere così tante idee sbagliate
generalmente considerate corrette, idee che in tal modo
sono divenute così tanto care al cuore di tante, sì tantissime
persone, perché il loro posto nel mondo è venuto a
dipendere in tutto o in parte dall’accettare tali idee come
vere. Rinunciare ad esse, li porrebbe nella situazione in cui
mi trovo ora, in età avanzata in cerca di un nuovo lavoro.”