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Le solidificazioni del mondo contemporaneo e la funzione della non-dualità

di Paolo Scroccaro - 14/02/2006

Fonte: filosofiatv.org

 

 

                                “con il lastricato delle nostre città soffochiamo…meravigliose      

                             primavere pronte a levarsi dai campi”  (R.M.Rilke)

In Occidente, dunque, si fa un gran parlare e scrivere di democrazia, libertà, pluralismo, dialogo interculturale…e si alza la voce credendo, su tutto ciò, di poter dar lezioni ad altri, solo perché erano (o sono), molto più discreti e non avevano la manìa dell’ostentazione pubblicitaria; l’Occidente è talmente impegnato nel sovrastimare le proprie  conquiste, i propri valori (che quanto alla loro positività, noi non intendiamo mortificare, ma caso mai incentivare), da non saper riconoscere i meriti altrui in ordine a tutto questo: cosicché ha i suoi buoni motivi Massimo Fini, che nonostante la ruvidezza della provocazione, antidemocratico non è, per denunciare i limiti della liberaldemocrazia reale, e per rivendicare la bontà, quanto a democrazia diretta, libertà e uguaglianza, di esperienze che non appartengono alla modernità occidentale; analogamente ha i suoi buoni motivi Armando Gnisci quando sostiene, con Ngugi wa Thiong’o, che “occorre spostare il centro del mondo”, e “decolonizzare la mente” occidentalizzata, per dar voce finalmente, in nome di un’autentica comunicazione interculturale, ai “dannati della terra” e alle loro saggezze violentate e occultate dalla civilizzazione; infine, ha del tutto ragione il bengalese Amartya Sen, che antioccidentale non è, a rivendicare anche lui la positività di esperienze che non appartengono alla liberaldemocrazia occidentale ed anzi la precedono!

Soffermiamoci una volta di più su quest’ultimo punto: le citate esperienze non solo si collocano “storicamente” al di fuori della storia della liberaldemocrazia euroamericana; ben di più, esse si ispirano a principi molto diversi, e per farsene un’idea sarà sufficiente confrontarle con le teorizzazioni di qualche illustre “padre” della liberaldemocrazia europea, per esempio Locke o Kant. Temiamo che questi ultimi potrebbero uscire alquanto malconci dal confronto. Basti ricordare che Locke, elogiato quale teorico della libertà e della tolleranza nella manualistica occidentale, in realtà:

a)giustificava lo schiavismo; b)giustificava la recinzione dei preesistenti campi aperti e la privatizzazione “borghese” della terra, che mandò in rovina la maggioranza della popolazione europea (e via via i popoli colonizzati); c)teorizzava il potere dispotico su coloro che erano privi di proprietà; d)escludeva la tolleranza per cattolici ed atei…

Quale abisso separa il liberale Locke dall’esempio luminoso di Akbar richiamato da A. Sen!

Quanto a Kant, basterà segnalare che: a)i cittadini sono quelli che hanno diritto di voto: tale diritto non spetta alle donne e a tutti quelli che sono privi di proprietà, i quali non sono nemmeno cittadini; b)il popolo non può avere alcun diritto di resistenza contro il sovrano, nemmeno con la parola; c)quanto all’apertura interculturale: i popoli non europei o comunque non modernizzati sono per lo più “selvaggi litigiosi, rozzi e barbari”, popoli che noi “riguardiamo con profondo disprezzo”, e bisognosi quindi di una adeguata civilizzazione…

Per quanto concerne altri limiti di Kant, su cui sarebbe utilissimo soffermarsi (limiti culturali, filosofici, morali) rimandiamo ai lavori critici di Schopenhauer, datati ma ancora validi (soprattutto Critica della filosofia kantiana, in appendice al Mondo come volontà e rappresentazione, e Il fondamento della morale).

Questi riferimenti, sia pur troppo sintetici, lasciano intuire che certi difetti dell’attuale civiltà liberaldemocratica, denunciati da critici di varia estrazione, non sono fortuiti, bensì ben radicati nelle filosofie dei padri fondatori. A maggior ragione, quindi, cercare di ricostruire e comprendere le logiche, per certi versi “libertarie e pluralistiche” che hanno agito all’interno di quelle antiche forme sapienziali che, in India come altrove, hanno orientato gli esperimenti civili positivi richiamati da A. Sen e altri, non è un passatempo per eruditi. L’importanza interculturale dell’operazione consiste nel fatto che, da lì, è possibile ricavare alcune indicazioni utili, se non indispensabili, per correggere o per superare certi limiti della liberaldemocrazia reale, sopra sottolineati  (ciò costituisce anche un’eccellente esemplificazione di ciò che significa la formula “ogni autentica cultura è sempre intercultura” – v. G. Pasqualotto, Intercultura e globalizzazione, in Incontri di sguardi, Unipress, 2002).

Risulta che le citate esperienze siano state nutrite e vivificate, alcune più altre meno, come è inevitabile che accada, non da una specie di Locke o di Kant liberaldemocratico ante litteram, ma, cosa ben diversa, dallo spirito della non-dualità, il quale si presta a innumerevoli versioni, secondo i diversi contesti storici e culturali. La saggezza della non-dualità, essendo in sé aformale, non è né d’Oriente né d’Occidente, e quindi riflessi o traduzioni di essa possono rintracciarsi ovunque, comprese ovviamente le saggezze dei “dannati della terra”, per non parlare di altre sapienze ancestrali di cui restano solo deboli tracce.

Per quanto ci riguarda, non si tratta perciò di importare lo stile della non-dualità da un Oriente lontano, sulla scia di un esotismo alla moda: esistono, o sono esistite, come sostengono Raphael e altri, anche versioni “occidentali” di esso, basti pensare alle scuole platoniche. Chi non è disposto ad accettare il Platonismo in toto (e la cosa non è affatto necessaria), può comunque ripiegare sugli aspetti più evidentemente non-dualistici di esso, quale fonte d’ispirazione, o può rivolgersi ad altre espressioni della non-dualità a lui più congeniali. Invece di deprezzare l’Occidente in nome dell’Oriente, o di qualche altro esotismo, si vuole evidenziare che l’Occidente stesso ha, nel profondo della sua anima, potenzialità di rigenerazione che sarebbe stolto trascurare e lasciar sepolte sotto la cementificazione planetaria dovuta al fondamentalismo tecnologico e all’unilateralismo del pensiero oggi predominante. E’ auspicabile che queste energie profonde riaffiorino ed entrino in risonanza con la scorza dura del mondo occidentalizzato, aprendo nuovi spazi di libertà. E quel che si afferma per l’Occidente, ha un analogo in altre culture: la deriva fondamentalista, ben presente nell’Islam, ma anche in altre religioni, con il suo condensato di legalismo e dogmatismo, ha un rapporto preciso con il ritrarsi della saggezza della non-dualità, là dove essa, in altre epoche, ne aveva risvegliato le risorse migliori suscitando un livello elevato di apertura interculturale.

Abbiamo citato, in questa occasione e in altre, autori che in qualche modo si ispirano o si abbandonano agli influssi di tale saggezza, e invitano altri a fare altrettanto, applicando quell’antichissimo e semplicissimo principio che recita:”Correggere se stessi, è iniziare a convertire l’universo”(Kan-ing, Libro delle azioni e reazioni concordanti); si tratta di influssi che fluiscono in modo discreto, lungo vie appartate, e che non sono comprimibili nei canali fin troppo visibili dovuti alle ordinarie progettazioni umane, decantate dalla potenza dei media. La saggezza non-duale, nei cuori e nel mondo (nell’anima cosmica, si potrebbe dire), agisce non-agendo, cioè nel modo più lieve ed eterico che si possa immaginare; essa non ama le asperità e gli urti, e per quanto può li aggira…la sua sgusciante aformalità  è ben simbolizzata dall’acqua di Lao-Tzu: “Nulla al mondo è più duttile e cedevole dell’acqua. Eppure per dissolvere ciò che è duro e inflessibile, nulla è meglio di essa. Il duttile vince il duro; il delicato vince il rigido”.

Un commentatore taoista ha aggiunto: “Parimenti, è solo quando gli uomini agili animeranno con la loro flessibilità la rigidità degli uomini duri…che l’universo scorrerà secondo il Tao”.

Ogni epoca, per quanto carica  di sedimentazioni e solidificazioni capaci di ostacolare il regolare flusso cosmico, quasi per contrappeso ha ospitato in qualche modo, magari in forme riservate, anche la saggezza non-duale; talvolta, le sue irradiazioni benefiche hanno promosso la dissoluzione di certe durezze, che si sono sciolte, scorrendo via come l’acqua nel torrente…

Abbiamo preso a pretesto alcuni autori, per segnalare che anche il panorama culturale e civile odierno è lastricato di pietrificazioni invadenti (non solo in Occidente): esse sono il risultato di processi di irrigidimento, che danno luogo a restrizioni e chiusure di varia natura. Inevitabilmente o quasi, ogni epoca, ogni civiltà, essendo centrata su un qualche angolo visuale, che viene privilegiato, tende a scorgere le limitazioni altrui, e non le proprie: l’equanimità e l’apertura della saggezza non-duale sono qualità indispensabili per una visione equilibrata e non unilaterale, capace di soppesare i vari fattori contrastanti che di volta in volta entrano in gioco. Si è abbozzata così una breve rassegna di alcune delle principali solidificazioni del mondo attuale, che possiamo schematizzare come segue: da una parte i fondamentalismi religiosi, che pretendono di circoscrivere la verità, per sua natura incircoscrivibile, all’interno di particolari formule dogmatiche, contrabbandate per assolute e universali; dall’altra i fondamentalismi laici, che operano in maniera speculare, nella misura in cui assolutizzano i punti di vista della scienza, della tecnica, dello sviluppismo economico, della liberaldemocrazia reale…In entrambi i casi, i fondamentalismi di qualsiasi genere, essendo rivolti al proselitismo più sfrenato, mettono in mostra una propensione aggressiva ed espansionistica, che conduce a incomprensioni reciproche e a restrizioni più o meno sostanziose che toccano le libertà dei singoli e dei popoli, il pluralismo e il rispetto delle diversità culturali (elementi indispensabili ai fini di una armoniosa pacificazione).

Parallelamente, si è insistito sul fatto che ogni solidificazione esteriore è la manifestazione visibile, materiale, di un indurimento dei cuori e delle intelligenze che sopraggiunge nell’interiorità delle persone.

Rispetto a tutto questo, la saggezza della non-dualità opera per sciogliere certe pietrificazioni, aprendo la via a possibilità plurali e interculturali di pensiero ed esistenza, che erano state soffocate e compresse sotto il lastricato costituito dai “sistemi chiusi” degli opposti fondamentalismi…per alludere a tale funzione, abbiamo impiegato antiche immagini taoiste, che però hanno il loro pendant in Occidente. Una lirica pensosa di R.M.Rilke (uno dei poeti più saggi della modernità occidentale) insegna che, quando si scioglie il gelo, un’energia soccorrevole si stende sulla Terra, rianimando le cose…Ebbene, la saggezza non-duale è quel soffio soccorrevole, che rianima le cose e i cuori.