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BRIC 4, G 8, G 20, OSCE 56. Danno i numeri!

di Romolo Gobbi - 21/11/2008



L'economia mondiale è entrata nella crisi più grave dal 1929 a questa parte e i grandi e meno grandi si riuniscono, un po' qua e un po' la, senza sapere come uscirne. Il G8 era insufficiente e perciò il 15 novembre si sono riuniti a Washington i 20 Paesi che rappresentano l'85% del PIL e il 65% della popolazione mondiale. Anche così non si è potuto decidere sul da farsi, per molte ragioni, ma, soprattutto, perché non erano tutti d'accordo e, anzi, al loro interno si è fatto vivo un G4 o BRIC, composto dal Brasile, Russia, Cina e India. Questi non sono d'accordo sulla gestione esclusiva del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale da parte degli USA e dell'Europa. Si è infatti parlato dell'esigenza di una nuova Bretton Wod, l'accordo che nel luglio del 1944 istituì il FMI e la Banca Mondiale e , soprattutto sancì il predominio del dollaro su tutte le altre monete. Allora gli Stati Uniti erano la potenza egemone che produceva più del 50% del prodotto industriale mondiale e stava per vincere la seconda Guerra Mondiale. Oggi l'economia USA è sempre prima, ma non è più così importante, anche se i suoi guai sono diventati i guai di tutti.
Non erano presenti a Washington grandi Paesi come l'Egitto, il Vietnam, l'Iran e il Pakistan; quasi tutta l'Africa poi non era rappresentata. Soprattutto, non erano rappresentati i Paesi sui quali grava di più la crisi, ad esempio l'Ucraina e l'Ungheria, per le quali è già intervenuto il FMI, e non era presente neanche il Pakistan, che sta per fallire. Non erano presenti i Paesi Sottosviluppati, le cui condizioni sono così gravi che la crisi in atto quasi non li sfiora.
Esiste un organismo internazionale, l'ONU, che rappresenta tutti i Paesi del Mondo, ma che è provo di qualsiasi capacità di intervento a livello economico e non solo economico. L'impotenza a decidere non è dovuta tanto ad una carenza di rappresentatività, quanto all'impossibilità di porre rimedio alla crisi nei tempi stretti, che la gravità della situazione imporrebbe. La crisi ha colpito due settori trainanti dell'economia mondiale: l'edilizia e l'automobile, mentre il terzo, quello delle armi, è arrivato ad un tal livello di sviluppo, che solo una terza Guerra Mondiale potrebbe rilanciarlo. Sono crollati i consumi e diminuisce l'occupazione, o viceversa, e il vecchio rimedio dei lavori pubblici, per rilanciare l'uno e l'altra, trova due ostacoli insormontabili: il debito pubblico degli Stati, che è arrivato a dei livelli insostenibili, la burocrazia statale, che ha dei tempi smisurati per arrivare all'azione. La situazione più grave è proprio quella degli Stati Uniti, che hanno il più grande debito pubblico del Mondo e, oltre a ciò, sono in una stupida contraddizione del loro sistema democratico, per la quale il nuovo presidente eletto non può fare ciò che andrebbe fatto e il vecchio presidente non lo vuole fare.
Comunque, le decisioni prese dal G20, diminuire le tasse e aumentare le spese, possono incidere solo marginalmente nei confronti di una crisi che è espressione di una malattia allo stato terminale dell'economia mondiale. Lo sviluppo "innanzitutto" si trova di fronte a dei limiti strutturali e politici insormontabili, ad esempio, l'altra decisione presa dal G20 di non prendere misure protezionistiche è talmente irrealizzabile, che nello stesso momento in cui si enunciava, contemporaneamente le grandi compagnie automobilistiche di Germania e USA chiedevano aiuti ai rispettivi Stati e tanto più irrealizzabile perché la stessa decisione di ridurre i dazi doganali è in discussione sin dal Doha Round del 2001.
Tutto ciò premesso, bisogna dire che la vera ragione per cui la crisi non è risolvibile è la pretesa egemonica degli Stati Uniti sull'intera economia mondiale, che non verrà certamente meno con la nuova presidenza. Si può anche convocare per l'estate del 2009 una riunione dei 56 Paesi dell'Organizzazione di Sicurezza e Cooperazione in Europa, ma anche questi non potranno decidere sin quando gli Stati Uniti non cambieranno la loro politica nei confronti della Russia, che non vogliono vedere troppo legata al resto dell'Europa, perché così crollerebbe la loro pretesa egemonica. E non sarà Obama a prendere questa decisione!