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Ma a quanti km l’ora viaggiano gli alberi?

di Fabrizio Giovanale - 16/02/2006

Fonte: liberazione.it

 
La notizia era su “Romacronaca” de la Repubblica del 9/2. «Muore in moto contro un albero e gli amici segano 203 platani». E’ avvenuto sui primi tre chilometri della Via Settevene Palo fra la Cassia/Bis e Trevignano nel Parco Bracciano-Martignano. Guido Morichelli, capitano del Trevignano-calcio, s’è schiantato contro uno di quei platani, e i suoi amici di notte hanno ferito a morte a colpi di motosega gli altri 203. La polizia indaga perché «gli alberi sono della Provincia e il loro danneggiamento è reato penale». La comunità di Trevignano appare divisa tra chi disapprova e chi approva...

Notizia quanto mai deprimente. Tornano in mente ricordi remoti... Primi Anni 60, primo governo di centrosinistra, primo ministro socialista ai Lavori Pubblici, nuovo direttore dell’Anas per le strade statali. Anche allora qualcuno sbatté contro un albero e scattò l’ordinanza di abbattere quelli lungo le strade. Qualche abbattimento ci fu. Ben presto però l’ordinanza fu ritirata. Non solo perché le associazioni ambientaliste di allora - “Italia Nostra” e il neonato Wwf-Italia - fecero il diavolo a quattro, ma per una notizia dalla Danimarca. Anche lì era successo qualcosa di simile, e la questione delle alberature stradali era giunta in Parlamento: dove però era bastato che un deputato saltasse su a domandare «scusate, ma a quanti chilometri l’ora viaggiano gli alberi?» per farla cancellare dall’ordine-del-giorno (si vede che i deputati danesi di allora avevano un senso d’ironia un po’ più vivo dei vignettisti anti-islamici d’oggi).

Resta il fatto, comunque, che notizie così non possono non indurre a riflessioni tristissime sul futuro di un paese dove c’è gente per cui la natura - il “Sistema Vivente” terrestre, vegetale e animale - è come se non esistesse. Gente incapace non solo di capire quanto strettamente la nostra vita sia legata a ogni altra forma di vita, ma di apprezzare la presenza benefica degli alberi: la frescura, il refrigerio dell’ombra, il fascino dei delicati disegni dei rami contro il cielo, il variar delle tinte con le stagioni... Che tutto questo, comunque, lo giudica senza valore rispetto al piacere di correre a rompicollo su due-o-quattro ruote... Ci stiamo affacciando, vedete, su abissi profondi non solo di insensibilità e di ignoranza ma di carenza di senso civico, di rispetto per i diritti degli altri e per le altre forme di vita...

Perché mi ci scaldo tanto, chiedete? E’ per una riflessione legata al “Programma dell’Unione” presentato da Prodi l’11 febbraio. Sapete di che si tratta. Poteva andar peggio, d’accordo: certo è però che i punti ambigui, insufficienti o irrisolti sono ancora parecchi. E non poteva che esser così, d’altra parte: perché - francamente - arrivare a un accordo tra sinistre “doc” e mezze-sinistre più o meno sensibili alle sirene neoliberiste, tra laici e ruinian-ratzingeriani più o meno nostalgici della vecchia palude democristiano-centrista, non poteva che essere cosa tutt’altro che facile. E tuttavia...

Potrà sembrarvi strano, ma nonostante le difficoltà che già vengono avanti non è questa la cosa che più mi preoccupa. Anche se gli obiettivi di fondo di noi rossoverdi - la messa in comune delle risorse materiali e intellettuali in un’ottica planetaria di equa-e-parsimoniosa ripartizione fra tutti - vanno parecchio al di là di quelli dei nostri partners, dovrebbe bastare un minimo di riflessione per comprendere che - stanti le circostanze e i rapporti di forza - oggi non c’è che da muoverci verso “obiettivi intermedi” comuni anche ad altri. Certo è che il Programma in questione altro non è che un passo, se pure importante, di un lungo percorso che abbiamo davanti, e che la direzione dei passi a venire dipenderà dalla nostra capacità di argomentare, di persuadere... Da ambientalista non posso non esser convinto che è questa la strada obbligata. Che il problema starà soprattutto nel non imboccarla quando sia già troppo tardi.

Come dire: il futuro dell’Unione lo vedo - a lume di logica - come un dibattito democratico permanente. Un lavoro continuo di elaborazione e approfondimento comune. Dove a spuntarla non siano tanto i rapporti di forza quanto la bontà delle idee. Non è questo quel che mi spaventa.

Mi spaventano i platani tagliati. Mi spaventa il fatto che - quale che sia la bontà dei programmi decisi insieme - per metterli in atto ci sia da fare i conti con quegli abissali livelli di insensibilità e diseducazione civica che ci portiamo appresso come eredità del più triste e più oscuro passato, e che il quinquennio di governo berlusconiano-leghista ha concorso ad aggravare ancora. Diciamoci la verità: qualunque azione, per benintenzionata che sia, se messa in mano a gente così non potrà che fallire. Che risolversi in niente.

Vedete che ne discende automaticamente un criterio di priorità in più per i punti del Programma Prodi. Il fatto cioè che niente è altrettanto importante per il nostro paese quanto la ri-educazione dei cittadini alla cura dell’interesse comune. Che non è tanto questione di legalità e polizia (c’è anche quella, ovviamente) quanto questione di scuola, di TV pubblica, di informazione-formazione, di pratica dell’esercizio della democrazia ai livelli locali... Punti, se ci fate caso, sui quali nel Programma in questione sussistono zone d’ombra particolarmente pesanti.

“Per il bene dell’Italia” è la scritta di copertina del testo. Ma è un bene che può venire soltanto da cambiamenti profondi dei nostri comportamenti civili di cittadini. Sta lì la radice di tutto. Per scomodo che sia, è ora di guardare in faccia anche questi aspetti della nostra realtà.

... E per favore: le moto-segatrici lasciamole a casa.