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Cabaret Voltaire. L’islam, il Sacro e l’Occidente

di Matteo Sacchi - 10/12/2008

Pietrangelo Buttafuoco è specializzato nel gettare sassi (ma sarebbe meglio dire enormi massi) nello stagno della cultura. E anche il suo ultimo libro (in libreria da mercoledì), Cabaret Voltaire. L’islam, il Sacro e l’Occidente (Bompiani, pagg. 226, è un bel colpo di bombarda sparato contro i bastioni del pensiero occidentale fatto vulgata, dei valori libertari, mediamente e pigramente condivisi. Tanto per dire Voltaire e gli illuministi vengono impallinati, ma con loro viene impallinata anche la destra filo-americana colpevole, secondo Buttafuoco, di essere solo il cane da guardia di un pensiero unico che annichilisce il senso del sacro. Non bastasse, sono durissime le accuse alla censura che l’Occidente opererebbe contro i teorici della spiritualità islamica, come Khomeini o Ahmadinejad a partire dal fatto che «sono solo le discriminazioni di natura religiosa ad avere moneta corrente negli inaccessibili forzieri del pensiero unico occidentale».

Buttafuoco, lei mette nelle prime pagine un’ampia citazione di Ahmadinejad sui diritti della donna. Qualcuno reagirà male, leggendo…

«La citazione nessun giornale italiano l’ha riportata anche se era un discorso all’Onu. Mi meraviglio sempre dell’assoluta ignoranza in cui ci muoviamo, l’ho messa per quello. Esattamente nessuno sa quanto i musulmani venerino la Vergine. Insomma, si pretende lo scontro di civiltà quando ignoriamo tutto…».

Lei parla di un Occidente che si fabbrica il suo happy end mentre in realtà si limita a consumarsi. È l’altra faccia di questa ignoranza?

«Io sono cresciuto in una famiglia che ha fatto dell’Occidente una bandiera, sono cresciuto a pane e Pino Romualdi, quindi può capire la sofferenza. Ma oggi questa parola è solo il cavallo di Troia con cui la sinistra fa fare il lavoro sporco alla destra… Per fare un esempio, quando vedo tutti starnazzare attorno alle moschee mi chiedo: ma non sarebbe meglio chiudere le discoteche? La destra una volta era il senso della tradizione, della fede, della patria. Ora cos’è che dovremmo difendere: le minigonne? La vita à la page? Il consumo?… Oppure tutti quei miscredenti che parlano di valori solo perché non tollerano di vedere altri, i musulmani, che sono capaci di fermarsi e di pregare mentre noi non ci riusciamo più?».

È questo che intende dicendo: «La destra ha prodotto il peggior Occidente»?

«Sì, la destra è diventata custode della sovversione, è solo una sinistra senile. Ha dimenticato l’identità greco romana, il cattolicesimo, il Golgota. È carica di pregiudizi. Quei pregiudizi che sono il veleno che ci hanno inoculato gli illuministi…».

A partire dal titolo del libro, Voltaire è visto come uno dei simboli dei nostri mali. Ma è sicuro?

«È stato Voltaire a fabbricare quel pregiudizio sulla religione che ci ha avvelenato… Mentre la religione è l’istinto di sopravvivenza dell’uomo. La religiosità è alla base. Ecco perché nel libro insisto sul Venerdì Santo, sulle processioni che, grazie a Dio, in Sicilia hanno ancora un senso. Insisto sulla croce che un tempo era simbolo di Occidente e ora è rimossa. Pensi a Mel Gibson, l’hanno stanato come un cane rognoso solo perché ci ha messo davanti agli occhi il Golgota. Il Golgota dà fastidio perché è verità…».

Lei delinea una triade che ha difeso la spiritualità nel ’900: Heidegger, Wojtyla e Khomeini. Sull’ultimo si può dissentire.

«È una grande vittima del pregiudizio, quelli che lo osannavano come rivoluzionario sono quelli che ora si scagliano contro di lui in nome della guerra di civiltà. Nessuno però si è preso la briga di studiare davvero la sua storia e il suo pensiero. È un personaggio di enorme spiritualità che ha portato avanti una rivoluzione che è solo in minima parte politica e inoltre aveva un’enorme capacità predittiva… Ha visto in anticipo il crollo dell’Unione Sovietica».

Leggendo si può avere l’impressione che lei dia la nostra civiltà per spacciata e che per questo scriva con rabbia…

«Con rabbia no, diciamo che ci ho messo il sangue… E no, non do la nostra civiltà per spacciata, bisogna scavare all’indietro, recuperare i valori. Sino ad ora siamo andati avanti solo a colpi di rimozione. Bisogna recuperare la tradizione, ma come materia viva… Non è una cosa che si può imporre… Dobbiamo in un certo senso svegliarci da un lungo sonno… Dobbiamo riscoprire la nostra tradizione: Petrarca, Galilei, Leonardo. Qualcuno pensava di andare alla guerra di civiltà armato solo di poche e frettolose voglie».

Ha dedicato il libro a Giuliano Ferrara. Ma il direttore del «Foglio» su molte cose, come la guerra in Irak, la pensa diversamente da così…

«Io e Giuliano, pur nella diversità, stiamo sulla stessa barricata. Io su quella barricata porto uno scudo in più, quello della spiritualità, e la spiritualità nell’Islam sopravvive…».