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Riletture: Giuseppe Palomba (1908-1986)

di Carlo Gambescia - 16/02/2006

Fonte: carlo gambescia

 

Giuseppe Palomba purtroppo non gode di quella fama che invece meriterebbe pienamente. Dal momento che va sicuramente posto tra gli economisti italiani più originali del Novecento. Dopo ovviamente figure come Pareto e Pantaleoni, veri e propri giganti, che del resto appartengono a una generazione precedente alla sua.
Giuseppe Palomba, nasce in provincia di Caserta, si laurea in economia a Napoli nel 1929. Studia con Corbino Niceforo, Barbagallo e Amoroso, economista allievo di Pareto. Nel 1932 frequenta la London School of Economics. Nel 1935 consegue la libera docenza in economia politica e si dedica in particolare agli studi di economia matematica. Nel 1939 è in cattedra a Catania. Nel dopoguerra insegna a Napoli (Facoltà di Economia) e negli anni Settanta a Roma (Facoltà di Scienze Politiche). Socio dell'Accademia dei Lincei e di numerose altre istituzioni internazionali, tra le quali l'Ismea, fondata da François Perroux, al quale era legato da profonda amicizia.
Tre sono i filoni principali della sua ricerca.
Il primo è quello dei rapporti tra sociologia ed economia. Attento lettore di Pareto, Leone, Michels, ma anche di Perroux, Palomba ritiene assolutamente impossibile l'esistenza di una economia astratta, e soprattutto separata dalle istituzioni sociali. Di qui l'interesse per lo studio dei rapporti tra classi sociali, strutture di potere e teoria economica. Per Palomba è sempre necessario distinguere tra economia politica e politica economica. La prima ha valenza teorica, la seconda politica. La prima implica l'impiego della spiegazione scientifica, la seconda spesso l' uso della forza. E il ruolo dell'economista è di mediare tra i due aspetti, in termini di economia applicata ai problemi concreti. Di qui anche la sua visione integrale o "ecumenica" dell'uomo e dell'economia"
Il secondo filone è quello dell'economia matematica. Secondo Palomba, per lo studio dell'economia teorica, va conservata l'analogia tra scienze fisiche ed economiche, estendendola però ai principi einsteiniani di relatività speciale e generale, usando il linguaggio dell'algebra tensorial e la teoria dei gruppi di trasformazione.
Quest'ultimo filone di ricerca rinvia al terzo. Palomba, partendo dal concetto di relatività, giunge a sostenere che i sistemi economici, sono sistemi chiusi, e dunque soggetti a entropia: a una crescente "disorganizzazione" che può assumere l'aspetto del degrado ecologico, economico, ma anche politico e sociale. Qui il suo pensiero tocca le stesse vette scalate da studiosi come Georgescu Roegen.
Va ricordata anche la sua ricchezza di interessi filosofici, religiosi e politici. Lettore onnivoro, Palomba si è confrontato, seguendo modalità veramente inconsuete per un economista, con autori come Evola, Guénon, Spengler, i classici del pensiero islamico, Donoso Cortés, ma anche Lenin, Marx e altri classici del marxismo e del socialismo, che spesso usava citare insieme ai padri della chiesa. Chiunque abbia assistito negli anni Settanta alle sue scoppiettanti lezioni universitarie romane , non può non conservarne un ricordo indelebile. Di se stesso diceva:" Sono l'ultimo dei grandi conservatori e il primo degli autentici rivoluzionari".
Autore di circa una ventina di libri. Restano però di maggiore interesse per la comprensione della sua originalissima opera tre volumi in particolare: Fisica economica (1970); Morfologia economica (1970); L'espansione capitalistica (1973), tutti pubblicati dalla Utet, e purtroppo esauriti da anni. Per una rapida ricognizione si veda pure Giuseppe Palomba, Il pensiero economico italiano (1848-1948), Edizioni Settimo Sigillo, Roma 2004 (www.libreriaeuropa.it), in particolare l'introduzione.