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L’autista di bus “alla cocaina”. Evitare i facili moralismi

di Carlo Gambescia - 22/12/2008



Il tragico caso dell’autista di bus romano (http://www.repubblica.it/2008/12/sezioni/cronaca/roma-bus/roma-bus/roma-bus.html), darà il via al consueto moralismo spicciolo. E sui due versanti: da una parte lo si considererà vittima di una società che costringe il lavoratore a drogarsi per affrontare turni massacranti, dall’altra parte lo si vedrà una specie di scippatore di vite, senza alcuna attenuante morale giuridica.
Entrambi le tesi sono sbagliate. La scelta di drogarsi non è frutto di determinismi sociali. Certo, le proprie condizioni sociali e, come vedremo, gli stereotipi culturali imperanti svolgono un ruolo non secondario. Ma non tutti il lavoratori stressati si drogano. Al tempo stesso però, chiunque lo faccia, per le più varie ragioni (personali e sociali), non può essere giudicato, come nel caso dell’autista romano, un bieco assassino.
Probabilmente la questione di fondo è di tipo sociale. Ma non in senso deterministico, come alcuni ritengono. Perché, in realtà, è comunque in gioco il senso di responsabilità dell’individuo. Da intendere nei due sensi, in modo più sfumato: ci si può drogare perché si sottovalutano le proprie responsabilità; oppure perché le si sopravvaluta, tentando di "rendere di più". Spesso dietro l’assunzione di droghe, sul piano motivazionale, si registra un mix dei due atteggiamenti. Che può sfociare in comportamenti sociali esiziali.
Abbiamo accennato alle “cause sociali”. Perché? La società tardo moderna, a differenza delle società premoderne e moderne, sembra essere costruita sulla tentazione (non in senso teologico). E non contro la tentazione (sempre in senso non teologico). Nella misura in cui fa del desiderio illecito qualcosa di socialmente permesso. A patto però di non intralciare il funzionamento dei ruoli sociali e della divisione sociale del lavoro. Tuttavia il vero problema è che la fissazione del "giusto" mix all'insegna del “lavora e divertiti” - è non potrebbe essere altrimenti in una società individualista, lavorista e divertentista - viene lasciato all’individuo solitario nella folla...
Il quale entra in gioco con le sue doti caratteriale di base. Come dire "socioculturalmente nudo". E tale resta. Allora c’è chi resiste e va avanti, ma in termini di un miracoloso “fai da te morale”. Oppure chi cede in misura totalitaria alle tentazioni “lecite”, così a portata di mano… Dal momento che la nostra società, per partito preso, si disinteressa della formazione morale e caratteriale. E qui gioca un ruolo importante il relativismo, così tipico di una tarda modernità che ha rinunciato ai valori forti del “costruttivismo sociale”. E perciò anche della formazione morale e sociale. Lasciata alla buona o cattiva sorte.
Se tutti i valori sono eguali, chi decide sui più socialmente coesivi? Si deciderà caso per caso...
E, infatti, l’autista romano è stato subito licenziato.
Ma che razza di società è questa? Che prima non si cura della formazione caratteriale e morale dell’individuo, poi gli fa svolgere un lavoro massacrante, e infine lo getta via, come un sacchetto di rifiuti…