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La “settimana corta” di Sacconi. Un’idea non banale

di Carlo Gambescia - 23/12/2008



Il quadro generale è quel che è. Non si potrà uscire dalla crisi solo puntando sulla leva dei tassi di interesse. Servono, da subito, misure organiche. Perciò, considerata pure la nostra allergia verso i blogger che pur di farsi riprendere mitragliano di insulti Berlusconi & co., non abbiamo diffficoltà ad ammettere che la proposta di Sacconi della settimana corta va nella giusta direzione. E che pertanto merita di essere esaminata con grande attenzione, soprattutto dal sindacato.
Ma lasciamo la parola al ministro, intervistato da Repubblica: "Vuol dire che una persona potrebbe lavorare quattro giorni e gli altri due restare in cassa integrazione?
"Sì: si può andare in cassa integrazione per una parte della settimana e lavorare per la restante. Ma penso anche ai contratti di solidarietà".
I contratti di solidarietà, però, non hanno mai avuto successo. E poi non si deve anche dire che le retribuzioni saranno più basse?
"Vuole dire anche meno salario ma non dimentichiamoci che ci sarà l'integrazione del sostegno al reddito. Alla fine la perdita sarà minima. Quanto ai contratti di solidarietà è andata un po' come dice lei perché nel passato sono stati utilizzati solo quando per l'azienda non c'era alternativa al ridimensionamento. Vogliamo evitare esattamente questo. Per farlo si deve ancorare il lavoro alle imprese".
Come pensate di farlo quando tutte le imprese stanno tagliando i costi, compreso quello del personale?
"Dobbiamo evitare di dare vita a un sistema di self service per la cassa integrazione che non può trasformarsi in un rubinetto sempre aperto. In questo modo l'azienda diventa "irresponsabile" e al primo segnale di crisi fugge dalle proprie responsabilità e taglia anche il suo capitale umano che, invece, è il patrimonio fondamentale per rilanciarsi. Questo sarà il tema centrale del G14 che terremo a Roma il 29 marzo perché si deve guardare alla dimensione umana della crisi non solo agli aspetti finanziari".
Sta dicendo che le imprese approfittano della crisi?
"Dico che non possono rinunciare a fare tutto il possibile per non perdere l'asset fondamentale del capitale umano".
(http://www.repubblica.it/2008/11/sezioni/economia/occupazione-istat/sacconi-settimana/sacconi-settimana.html)
.
Ora, si dovrà vedere come verrà concretamente articolata la proposta. Se riguarderà tutti lavoratori (anche quelli flessibili) e se soprattutto le riduzioni salariali saranno impercettibili o nulle. Quel che va sottolineato - almeno secondo la nostra ottica sociologica - è che il provvedimento contrasta gli aspetti “esistenziali” della cassa integrazione, come unica forma di soluzione: dal momento che il lavoratore in cassa integrazione o semplicemente “sussidiato” considera il proprio stato come una forma di diminuzione sociale. Di qui il ripiegarsi su se stesso: verso l’ interiorizzazione della propria “inutilità sociale”. Un “vuoto psichico” che non può non ripercuoteersi sulla qualità della vita di familiare e di relazione. Durkheim parlerebbe di anomia.
Può sembrare paradossale, ma dallo stesso punto di vista del capitalismo il lavoratore in cassa integrazione (proprio perché teme per il futuro) è un pessimo consumatore. Pertanto l’introduzione della “settimana corta” più cassa integrazione ( o eventuali altre forme di sostegno sostitutive e/o mixate della cassa integrazione come i contratti di solidarietà, ma ripensati) è un’idea non banale di sostegno psicologico, sociologico al lavoratore e all’economia. Da non liquidare in nome del purismo antiberlusconiano e antisacconiano.
Almeno fin quando resteremo, noi tutti, all’interno del quadro economico capitalistico. E infatti Sacconi nell'intervista parla di difesa del “capitale umano”. Il che non ci piace. Mentre risulta gradito il richiamo del ministro all' "irresponsabilità delle imprese".
Del resto, in attesa della rivoluzione descrescista, crediamo che si debba ragionare sulla proposta di Sacconi. Sempre che non si preferiscano le scelte della sinistra riformista - appiattita sulle posizioni di Confidustria - che vuole la settimana lunga, cavillando sulle difficoltà di applicazione di quella corta… (si veda articolo di Boeri su Repubblica (http://www.repubblica.it/2008/11/sezioni/economia/occupazione-istat/improvvisazionepotere/improvvisazione-potere.html ).
Che bel riformismo... Invocare soltanto la “rimodulazione dell’orario di lavoro” che tanto piace a Confidustria. E quel che è peggio - proprio dal punto di vista di una sacrosanta uniformità dei diritti del lavoro - “azienda per azienda”…
Tuttavia molto dipenderà dalla capacità del governo di raccordare il provvedimento alla difesa del reddito reale del lavoratore e dunque volgerlo, per gradi, verso una politica di vero stimolo della domanda. E sotto questo aspetto, una tantum, siamo d’accordo con Epifani che si è dichiarato interessato:

"alla possibilità di un confronto sulla "settimana corta" purché non siano furbizie (...) . Ben venga l'avvio di un confronto con governo e imprese su tutte le forme di tutela, ed è bene che si sia passati da un'impostazione priva di senso, che prevedeva la detassazione degli straordinari, a questa nuova ottica (...) Ben venga l'avvio di un confronto con governo e imprese su tutte le forme di tutela, ed è bene che si sia passati da un'impostazione priva di senso, che prevedeva la detassazione degli straordinari, a questa nuova ottica"
(http://www.repubblica.it/2008/11/sezioni/economia/occupazione-istat/epifani-orario-corto/epifani-orario-corto.html ).

Ecco, purché non "siano furbizie". Ma per onestà intellettuale, allo stato dei fatti, non si può non spezzare una lancia in favore di un’idea non banale.