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Ha qualche futuro il mercosur?

di Félix Peña* - 23/12/2008

 



È ormai assodato che da qualche tempo a questa parte si sta conducendo un dibattito sulla rilevanza ed il futuro del Mercosur. L’insoddisfazione sul suo stato attuale è già evidente. Le molteplici dichiarazioni che negli ultimi tempi si osservano con diversa intensità, confermano l’impressione sulla diminuzione di fascino che sta suscitando l’integrazione nei settori importanti di tutti i paesi membri. Al riguardo si è insediato un dibattito che richiede essere approfondito mediante la presenza di un’ampia partecipazione sociale. Il fatto che il Parlamento del Mercosur abbia presso il via, incluso con una pagina Web di facile uso, apre una finestra di opportunità affinché la sua legittimità sociale si consolidi nel ruolo che possa svolgere nella canalizzazione di un siffatto dibattito.
Il Summit che si svolgerà i giorni 15 e 16 dicembre 2008 nella città di Salvador, Bahia, con il quale culmina il periodo della presidenza brasiliana, diventa quindi un’opportunità per far ripiegare lo scetticismo predominante e per ridefinire quali sono i percorsi che si dovranno seguire.
In ogni caso, sembra conveniente porre il dibattito sul futuro sviluppo del Mercosur nella prospettiva più ampia dei cambiamenti che si stanno operando nel mondo e nella regione. Esiste un ampio margine per rinvigorire il Mercosur, adattandolo alle nuove realtà internazionali. Si può riuscire mediante la capitalizzazione degli attivi accumulati sin dai momenti della fondazione. Voltare pagina non è un percorso raccomandabile non appena si prendono in considerazione le molteplici dimensioni di un processo d’integrazione che trascende l’aspetto commerciale. Rinnovato, può compiere una funzione rilevante nella stabilità politica di una regione nella quale operano forze centrifughe.

Nel Mercosur si osserva la necessità di riforme profonde. È percepito da diversi settori dei propri paesi membri come privo di efficacia. Lo si considera insufficiente nell’orientamento decisionale degli investimenti produttivi. Vale a dire, di quelle decisioni che abbiano come obiettivo proiettare mondialmente una capacità di produrre beni e di offrire servizi che siano competitivi. In un contesto globale dalle molteplici opportunità e scelte per l’inserimento di qualsiasi paese che abbia strategie commerciali offensive, si focalizza come una specie di camicia di forza.
È un dato di fatto che il Mercosur, da qualche tempo a questa parte, conduce un dibattito sulla sua rilevanza e il suo futuro. L’insoddisfazione sul suo stato attuale è già evidente. Le molteplici dichiarazioni che negli ultimi tempi si osservano con diversa intensità, confermano l’impressione che il processo d’integrazione ha diminuito il suo fascino nei settori rilevanti dei paesi membri. È un dibattito che merita essere approfondito con un’ampia partecipazione sociale. Al riguardo si necessita molta trasparenza, sia nelle rispettive posizioni sia nelle impostazioni che si formulano. Nel mondo di oggi i cittadini aspirano, a ragione, partecipare in tempo reale negli affari che li riguardano e le tecnologie informatiche sono in grado di farlo.
Il fato che il Parlamento del Mercosur abbia iniziato a funzionare, perfino con una pagina Web di facile uso (si veda
http://parlamentodelmercosur.org), apre una finestra di opportunità di modo che la sua legittimità sociale si consolidi nel ruolo che possa svolgere per quanto concerne l’incanalamento di tale dibattito. Non sembra opportuno sottovalutare il protagonismo che la nuova istituzione, se ben guidata, potrebbe eventualmente svolgere in rapporto al futuro del processo d’integrazione e alla sua funzionalità in uno spazio regionale con forti domande di governabilità. A tal fine, dovrà essere percepito come una cassa di risonanza delle opinioni dei cittadini, in particolare per quello che concerne le grandi questioni dell’agenda congiunta dei suoi paesi membri che, in molti aspetti, avranno una dimensione sudamericana.
Il Summit che si svolgerà i giorni 15 e 16 dicembre a Salvador, Bahía, con il quale si da termine al periodo di presidenza brasiliana, rappresenta quindi un’opportunità per far indietreggiare lo scetticismo predominante e per definire e migliorare l’agenda degli obiettivi.
Nel frattempo, due delle principali decisioni che corrispondono a questo periodo – le quali, in realtà, sono rimaste sospese nei periodi precedenti – non sono state del tutto approvate nella LXXIV riunione del Gruppo Mercato Comune che si è svolta a Brasilia i giorni 26, 27 e 28 novembre ultimo. Queste si riferiscono alla doppia riscossione del dazio esterno comune, al meccanismo di distribuzione della rendita e al Codice Doganale del Mercosur. Saranno riesaminate alla vigilia della riunione del Consiglio dei Ministri e del Summit Presidenziale (si veda il verbale della suddetta riunione del GMC in
http://www.mercosur.int).
In ogni caso, sembra opportuno inserire il dibattito sul futuro dello sviluppo del Mercosur nella prospettiva più ampia dei cambiamenti che si stanno operando nel mondo e nella regione. Sono cambiate molte cose nello scenario internazionale da quando si lanciò, nel 1986, l’idea dell’alleanza strategica tra Argentina e Brasile e da quando si è firmato, nel 1991, il Trattato di Asunción. Sono dei mutamenti che in questi ultimi mesi hanno visto un loro rafforzamento e che, stando agli indizi, continueranno ad approfondirsi.
In questo scenario, sono presenti i cambiamenti che stanno accadendo nel contesto globale. Quello di oggi è un mondo sempre più multipolare il quale, grazie alla sua biodiversità, offre un’ampia gamma di opzioni a qualunque paese che sappia delineare una strategia d’inserimento internazionale attiva. Con una tale prospettiva, si è solito affermare che il Mercosur sta diventando stretto per i paesi che lo compongono. Ciò è più sentito nel caso del Brasile, dove tale condizione si evoca reiteratamente. Ma questa opinione si riscontra anche negli altri soci, compresa l’Argentina.
Per via di questo motivo, si sta verificando una crescente domanda di fessibilizzazione dei loro compromessi e delle regole del gioco con l’obiettivo di guadagnare in libertà di m di manovra. È una domanda che possiede due varianti. La portata e le conseguenze potenziali possono essere molto diverse. Una di loro si riferisce alla flessibilità all’interno del processo d’integrazione. L’altra, alla flessibilità affinché ciascun paese membro possa sviluppare i propri suoi rapporti preferenziali con paesi terzi o con blocchi economici. Sembra opportuno porre l’accento sulla prima variante con lo scopo di evitare che finalmente predomini la seconda. Quest’ultima potrebbe perfino un’incidenza, ancora imprevista, nel senso e nello sviluppo dei rapporti strategici esistenti tra i soci.
E, da un'altra parte, si trovano i cambiamenti del contesto regionale. Come abbiamo indicato in altre occasioni, negli ultimi anni lo spazio geografico è diventato sempre più denso, diverso e dinamico. I fattori di convergenza coesistono con forze profonde che spingono verso la frammentazione. La governabilità dello spazio regionale diventa allora una questione prioritaria per tutti i paesi dell’America meridionale.
Si deve tenere presente, al riguardo, che l’America del Sud costituisce un mosaico con grandi diversità. Lo è sempre stato. Ma ciò che è cambiato è che adesso risulta evidente una maggiore densità del collegamento tra i paesi della regione. Ciò che può accadere in uno di essi, diventa sempre meno indifferente negli altri.
Questa densità trae principio dalla prossimità fisica (abbattimento delle distanze di ogni genere), dal commercio e dall’integrazione produttiva (un sempre maggiore numero di aziende della regione investono nei paesi della regione), dall’unione energetica (alcuni possiedono molto e altri necessitano molto) e dalle reti del narcotraffico e dei diversi modi in cui si presenta il crimine organizzato (i cui effetti nei processi politici si possono immaginare senza che ancora non si conoscano bene).
Trae anche principio dal fatto che i sistemi politici democratici sono diventati molto sensibili all’effetto contagio di quello che accade nei loro dintorni. Si contagiano i comportamenti funzionali alla democrazia, i quali implicano il predominio delle regole del gioco, della moderazione e del dialogo. Ma si contagiano anche quelli che possono contribuire ad abbattere o a espropriare la democrazia. In essi predomina la radicalizzazione delle visioni e degli atteggiamenti che provocano intolleranza e violenza e, eventualmente, il collasso della democrazia. Bisogna avere presente che, sin dal suo contagio, la radicalizzazione può produrre effetti a catena, perfino per quanto concerne la richiesta di sicurezza e dei mezzi operativi necessari per soddisfarla.
È in questa prospettiva che bisogna inserire la valorizzazione del Mercosur, in quanto solido nucleo di pace e di stabilità politica nell’America meridionale, fondato sulla solidità e la qualità dei rapporti tra Argentina e Brasile.
Al riguardo, ciò che sembra preoccupante è l’insoddisfazione che si osserva riguardo alla rilevanza del Mercosur per i paesi che ne formano parte, la quale si sta traducendo, inoltre, in comportamenti funzionali a scelte che non sembrano contribuire né alla soluzione dei problemi esistenti, né alla conservazione del suo valore strategico, tanto politico quanto economico.
Al riguardo si possono distinguere tre opzioni che scaturiscono tanto dalle dichiarazioni rilasciate dai diversi settori, quanto dai comportamenti concreti, perfino da parte degli stessi paesi membri.
Una prima opzione riguarda ciò che si potrebbe definire lo “status quo”. Consiste nel mantenere una certa inerzia nell’operato del Mercosur, senza che si adottino nuovi compromessi di carattere rilevante, effettivi ed efficaci, vale a dire, che s’inseriscano nella realtà cercando di modificarla. A volte, questa cosa si combina con una retorica integrazionista che, per via della sua riproposizione, sta perdendo affidabilità nei confronti dei suoi destinatari, siano questi cittadini, investitori o paesi terzi.
Un’altra opzione, che spesso si è solita sollevare, è quella di un “retrocedimento esplicito” negli obiettivi della fondazione e nei loro strumenti. In particolare, quest’ opzione si manifesta nelle proposte di trasformare l’unione doganale in un’area di libero commercio. Sono solite avere un carattere molto generico e impreciso. Ma la loro concretezza nella pratica richiederebbe rinegoziare il trattato della fondazione, per via dei compromessi espliciti che in quella sede sono stati assunti in rapporto alla tariffa esterna comune (si veda al riguardo gli articoli 1° e 5° del Trattato di Asunción, in www.mercosur.int). Per conservare il carattere preferenziale dello spazio economico comune sarebbe, inoltre, necessario, negoziare con altri strumenti le regole di origine specifica che sono quelle che nei molteplici accordi di libero commercio esistenti consentono di discriminare di fronte a paesi terzi. Tutto ciò possiede degli evidenti rischi politici, poiché il successo di un’eventuale rinegoziazione degli strumenti della fondazione non sarebbe garantita. Nemmeno si potrebbe dare per certa l'attendibilità che una tale impresa potrebbe avere una volta plasmata la riforma, prendendo in considerazione la storia delle ripetute sconfitte che si sono verificate nei compromessi d’integrazione presi nella regione.
E la terza opzione si potrebbe definire come quella dello “svuotamento”. Si potrebbe perfino complementare con la prima delle opzioni appena menzionate. Consiste in un processo graduale con il quale i compromessi originali, in particolare quelli che si riferiscono alle preferenze commerciali tra gli attuali soci, si diluiscono mediante meccanismi di lavoro paralleli a quelli previsti dal Mercosur nella sua versione originale. Ciò si traduce nel crescente uso dei canali preferenziali bilaterali esistente tra i paesi membri e perfino nei negoziati – eventualmente non preferenziali – con paesi terzi o con blocchi. La relativa svalutazione dei dazi, che servono per spiegare le correnti esistenti all’interno del commercio, consente di capire la crescente tendenza di porre l’accento su altri meccanismi che facilitino il collegamento tra i mercati e i loro sistemi produttivi. E tali meccanismi si è soliti impostarli su una portata bilaterale, in altre parole, non come l’esito di un’azione collettiva da parte dei soci del Mercosur. L’opzione dello svuotamento potrebbe perfino essere incentivata se si dovesse consolidare un certo grado di confusione esistente tra ciò che è il Mercosur “esteso” e la recentemente creata UNASUR (si veda al riguardo la newsletter del mese di giugno 2008, in www.felixpena.com.ar)
Ma, ad ogni modo, diventa difficile immaginare un’opzione credibile per l’attuale Mercosur. Il voltare pagina non costituisce un percorso raccomandabile, non appena si prendono in considerazione le molteplici dimensioni di un processo d’integrazione che trascende l’aspetto commerciale. Rinnovato, può compiere una funzione rilevante nella stabilità politica di una regione nella quale operano forze centrifughe. Secondo il nostro parere, esiste un ampio margine per irrobustire il Mercosur, adattandolo alle nuove realtà internazionali. Rappresenta un’opzione diversa a quelle menzionate in precedenza. Questa può riuscire mediante la capitalizzazione degli attivi in precedenza accumulati nei momenti della fondazione. Tanto l’esperienza europea quanto quell’asiatica indica che costruire su ciò che si è già in possesso, rappresenta la cosa più conveniente per lo sviluppo dei processi d’integrazione cui aspirano, in quanto obiettivo politico principale, per la governabilità degli spazi geografici regionali.
Quest’opzione implica lavorare, simultaneamente, sui tre fronti d’azione accennati nella nostra newsletter dello scorso mese di ottobre, in www.felixpena.com.ar . I fronti sono quelli dell’articolazione politica e strategica esistente tra i soci, concentrandosi in poche questioni rilevanti dell’agenda globale e regionale, e approfondendo il necessario ambiente di fiducia reciproca; il primo fronte è quello di una effettiva preferenza economica che serva per l’incentivazione d’investimenti produttivi e che, pertanto, attui come efficace difesa contro il protezionismo unilaterale e discrezionale di qualsivoglia dei soci e, in terzo luogo, l’affinamento dei meccanismi di concertazione dei rispettivi interessi nazionali, includendo l’accettazione di un’istanza indipendente che faciliti i punti di equilibrio ragionevoli in funzione del progetto comune.

11 dicembre 2008


Letture consigliate:

· Bacevich, Andrew J., "The Limits of Power. The End of American Exceptionalism", Metropolitan Books, Henry Holt and Company, New York 2008.
· Friedman, Thomas L., "Hot, Flat, and Crowded. Why we need a green revolution and how it can renew America", Farrar, Straus and Giroux, New York 2008.
· Hobsbawn, Eric, "On Empire. America, War and Global Supremacy", Pantheon Books, New York 2008.
· Hofmeister, Wilhelm (org), "Integraçâo Regional e Políticas de Coesâo. As experiências do Brasil e da Uniâo Europeia", Konrad Adenauer Stiftung, Rio de Janeiro 2008.
· Krause, Enrique, "El Poder y el Delirio", Tiempo de Memoria, Tusquets Editores, Buenos Aires 2008.
· National Intelligence Council, "Global Trends 2025: A Transformed World", NIC, Washington, November 2008 (
http://www.dni.gov/nic/NIC_2025_project.html).



*Félix Peña è direttore dell’Unità Jean Monnet e del Nucleo Interdisciplinare di Studi Internazionale dell’Università Nazionale “Tres de Febrero” (UNTREF). Direttore dell’Istituto di Commercio Internazionale della Fondazione Standard Bank e membro del Comitato Esecutivo del Consiglio Argentino per i Rapporti Internazionali (CARI). Ha coperto le mansioni di Sottosegretario agli Affari Esteri del Ministero dell’Economia di Argentina e quella di membro titolare del Gruppo Mercato Comune del Mercosur (1998-99)
. Suoi articoli sono stati pubblicati da Eurasia. Rivista di studi geopolitici (Il MERCOSUR in un mondo dalle molteplici opzioni, Eurasia, a. V, 3/2008; Argentina e Brasile nello spazio sudamericano: una prospettiva argentina, Eurasia, a. IV, n. 3/2007).

(trad. dallo spagnolo di V. Paglione)

Fonte:
Félix Peña