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Chi ci aiuta a ritrovare il padre?

di Carlo Gambescia - 31/12/2008

Con un bel pezzo (di giornalismo) Stenio Solinas prova a spiegare perché ci avrebbero rubato il padre ( http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=23237 ).
Solinas è da sempre un anarchico di destra, e di quelli di origine controllata: buone letture, belle donne, tanti viaggi in lungo e in largo come inviato. Ma sempre con un termometro in tasca per misurare la temperatura di una febbricitante, anche troppo, modernità. Giunta al capolinea delle epoche storiche, come spesso sembra annuire lo stesso Solinas di sotto il curatissimo baffo, ma seminascosto dietro una nuvola di fumo tosco-italiano. Dalla quale ama emergere di tanto in tanto, ma solo su appuntamento.
A suo avviso il padre, eccellente figura pre-moderna, ci sarebbe stato rubato da una modernità disposta a venerare
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“un futuro in cui nulla del passato può più servirci, perché lo abbiamo scomunicato, ma siccome di quel passato siamo imbevuti, per archetipi, letture, sentimenti, tradizioni, radici, esso continua ad esercitare un richiamo e più lo inchiodiamo a una lettura passiva, interessata e demonizzante, più non riusciamo a ritrovare il bandolo per riannodare i fili di un’esistenza che stia insieme in una logica coerente".
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Il che avrebbe provocato
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“un corto circuito intellettuale impressionante, dentro al quale ci siamo tutti, ormai incapaci di recuperare concetti e sentimenti che ci appartengono e che nei secoli fecero grande l’Europa, il tipo umano che la incarnava, le funzioni sociali che la rappresentavano, il combinato disposto di virtù mercantili, guerriere e civili, lo spirito di sacrificio, la fede in un’identità, la difesa di una cultura e della cultura. La ricerca del padre passa anche da qui, le scorciatoie ci consegnano solo caricature atroci".
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Come nell’ultimo film di Salvatores, Come Dio comanda, portato ad esempio da Solinas, dove viene tracciata, caricaturalmente,
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“la fosca figura di un padre nazista, cementato d’odio nei confronti del mondo circostante, il cui unico, profondo legame è con il quattordicenne che ha messo al mondo e che lo venera e lo teme come una divinità”.
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Come se, sciabola ancora Solinas,
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"il Novecento dei totalitarismi si riverberasse sul passato pre-moderno pretendendone di essere l’esito logico nonché il giudice inflessibile: ma il rapporto di causa-effetto non è così matematico e la storia non è un’operazione algebrica”.
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Esatto. O quasi. Perché non ci saremmo mai aspettati, da un giornalista e scrittore più disincantato di due Pessoa messi insieme, una contrapposizione così tagliente tra moderno e pre-moderno. E per giunta, come sembra, rivolta al recupero dei valori pre-moderni. Quali? Dio, patria e famiglia, of course. Perché il “combinato disposto” - espressione che non perdoniamo a Solinas - che fece grande l’Europa su quei valori si fondava… Eh sì. Benché Solinas non vi accenni mai direttamente, buttandola, come si dice delle nostre parti, "in caciara". Sul “combinato disposto”, appunto.
Crediamo, invece, si debba ripartire proprio dalla modernità. Come scelta di libertà, certo a rischio di femminilizzazione del padre. Ma scelta i-ne-lu-di-bi-le, si sarebbe detto un tempo, gonfiando il torace muscoloso…
Per quale ragione? Perché un padre dopo averlo decostruito derridianamente per anni, lo si ricostruisce solo (ri)partendo da un mondo dove la patria ormai è un brand pubblicitario, dove la famiglia fa acqua da tutte le parti, dove nessuno ascolta il Padreterno. E soprattutto dove di lavoro ce ne sarà sempre meno.
E in che modo? Mettendo insieme pazientemente i cocci. Con umiltà, giorno per giorno, senza sciaboloni, fanfare e tromboni. Heidegger, talvolta storcendo il naso, la chiamava “cura”.
A noi piace però.