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“I nostri figli ci accuseranno”. Il locale e l'omogeneizzazione industriale

di Elisabeth Zoja - 31/12/2008

 

A inizio dicembre è uscito un film che ha riempito le sale francesi tutti i giorni della settimana. Non si tratta dell’ultima trovata di Hollywood, ma di un documentario sull'utilizzo dei pesticidi e sulle conseguenze per salute e pianeta. Il regista Jean-Paul Jaud presenta un piccolo progetto locale per poi illustrare la situazione agricola in Francia e nel mondo intero.



 


Una bambina del film dopo chemioterapia
“I nostri figli ci accuseranno”, il titolo è cinico, però il documentario comincia con un senso di speranza: all'inizio del 2007 la mensa delle elementari a Barjac passa al biologico. È stato il sindaco del paesino ai piedi delle Cévennes, nel sud della Francia, a prendere l’iniziativa: è il municipio a pagare la differenza di prezzo.

 

In questo paesino, come nel mondo intero, l’inquinamento industriale e agrochimico preoccupa mamme e papà. Da questo piccolo progetto parte una lotta contro una logica che potrebbe rivelarsi irreversibile, una battaglia perché domani i nostri figli non ci accusino.

Il film si apre con un congresso dell’ONU. “Chi ha conoscenti che soffrono di cancro, diabete o sterilità alzi la mano”, chiede l’uomo sul podio. La metà del pubblico sospira e solleva un braccio. “Il 70% dei cancri sono legati all’ambiente, fra questi il 40% deriva da una contaminazione degli alimenti. Non vi sono mai stati tanti giovani malati di cancro come oggi”.

Sono cancerogene, ad esempio, molte sostanze rappresentate da quei numeri strani che vediamo su innumerevoli confezioni: E232, E102, E122, E127... si tratta di pesticidi e coloranti consentiti dalla legge, poiché in minime dosi sono innocui, ma il loro accumulo negli anni può provocare il cancro.

Il documentario cresce d’intensità, fino a sfiorare il dramma. Si racconta la storia di alcuni bambini morti di cancro, causato dai pesticidi che i loro genitori spruzzavano nell’orto. Appena ai genitori intervistati mancano le parole, la videocamera zooma insistentemente sui loro volti. Il loro silenzio manifesta sensi di colpa e disperazione.

Ogni tanto per alleggerire l’atmosfera vengono mostrate immagini allegre, come i bambini di Barjac che scherzano e mangiano. Ogni qualvolta uno di loro mette in bocca un alimento però, l’immagine è interrotta da dati che illustrano alcuni contenuti del cibo: conservanti, pesticidi, metalli pesanti... in seguito la scena riprende da dove si era fermata, i bambini ridono e fanno sorridere, ma è proprio la loro spensieratezza a rinforzare il dramma.

 


Ora non solo vi è una mensa biologica a scuola, ma la maggior parte dei bambini di Barjac consuma cibo biologico anche a casa. Prima del progetto solo un bambino su dieci aveva questo privilegio: l’iniziativa della scuola elementare ha influenzato lo stile di vita di intere famiglie. Non si tratta quindi della mensa di una singola elementare, ma di una sensibilizzazione collettiva.

 

Se il film avesse lo stesso effetto, ogni mela biologica che uno spettatore consumerà, oltre ad essere più sana, farà risparmiare il 30% di emissioni di CO2. Questo sia perchè l'applicazione del metodo biologico comporta un minore consumo energetico, sia perchè contribuisce all'accumulo di carbonio nel terreno, limitando così le emissioni di CO2.

Da una mensa ad un paesino e da un film al suo pubblico, non è assurdo che impariamo dai bambini?